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Giacomo Ramella Pralungo; |
Giacomo
Ramella Pralungo, autore di romanzi di narrativa fantascientifica e articoli
culturali, storici e scientifici, considera la comunicazione una disciplina di
grande importanza, da non sottovalutare, in grado di favorire la conoscenza e
la consapevolezza ma anche l’ indebolimento dell’ autonomia e della capacità di
pensare autonomamente, se usata scorrettamente.
Come romanziere e
articolista, lei da anni è impegnato nel settore della comunicazione. Che cosa
vuol dire per lei comunicare?
«Comunicare
significa trasmettere un’ idea, un principio, qualcosa di preciso e concreto.
Equivale a far capire qualcosa nel modo più esatto possibile. Non a caso, le
parole hanno un significato preciso, e spesso addirittura più di uno. Ecco
quindi che una parola detta in un certo modo piuttosto che in un altro può
attribuire a seconda dei casi significati diversi a ciò che si cerca di dire.
Comunicare è quindi un’ azione molto vasta e particolare, che richiede una grande
cura.».
La comunicazione,
quindi, è una disciplina dalla grande forza.
«Chi
comunica, come gli scrittori e i giornalisti, esercita una grande influenza sulla
società. Inoltre, mentre la vita umana è breve, gli scritti restano e si
conservano per secoli. Purtroppo, alcuni testi sono stati all’ origine di
grandi sofferenze, come quelli che hanno diffuso le concezioni estreme del Nazionalsocialismo
e del Comunismo. Chi comunica ha il potere di causare più o meno direttamente
il bene o il male di milioni di vite, quindi è bene che coltivi un
atteggiamento onesto e imparziale, del tutto veritiero. I giornalisti in generale
si interessano soltanto all’ attualità scottante, soprattutto quella orribile:
in fondo a noi stessi consideriamo il delitto un atto imperdonabile e scioccante
che non dovrebbe avvenire, ed è per questo che quando si verifica riempie le
prime pagine dei giornali. Lo stesso accade per la corruzione e altri misfatti.
Invece, crescere i propri figli, accudire i vecchi e gli ammalati ci sembrano
comportamenti normali che non meritano di essere citati tra le notizie. Il
difetto principale di questo atteggiamento è che un po’ alla volta ci porta a considerare
gli omicidi, le violenze e altre atrocità come cose comuni. Rischiamo di
pensare che la natura umana sia crudele e che non ci sia alcun mezzo per
impedirle di esprimersi. Se un giorno ne saremo effettivamente convinti, non
avremo più alcuna speranza per il futuro dell’ umanità.».
Lei è vicino alla
filosofia buddhista, e a volte ha citato il valore buddhista del cosiddetto
retto linguaggio.
«Sì,
è vero. Secondo la tradizione, nel suo primo discorso dottrinario tenuto al
Parco delle gazzelle di Sārnāth, vicino a Varanasi, la città santa degli
induisti, il Buddha Śākyamuni espose il Nobile Ottuplice Sentiero, un modello
di comportamento improntato sulla rettitudine di pensieri, parole e azioni. La
retta parola implica l’ assunzione della nostra responsabilità di ciò che
diciamo, ponendo attenzione nella scelta delle parole e valutandole in modo che
non producano effetti nocivi sugli altri e di conseguenza su noi stessi:
occorre quindi evitare la menzogna, la maldicenza, l’ offesa e il pettegolezzo
vano, concentrandosi quindi sulla chiarezza e la sincerità, così da evitare i
fraintendimenti e le opinioni errate. Anche il fatto di parlare di cose che non
conosciamo o che non abbiamo doverosamente compreso andrebbe evitato: è ben più
costruttivo concentrarsi su ciò di cui invece abbiamo esperienza diretta!».
Quindi, per lei
comunicare è solo il passo finale, e non è possibile se non si ha un argomento,
qualcosa da esprimere.
«Certamente.
Le parole e gli altri mezzi di comunicazione sono solo un veicolo del
messaggio, e senza di esso perdono la loro utilità. Oggi viviamo nell’ era
delle informazioni, ma purtroppo molti di noi parlano molto ma senza dire
nulla. Anche nella vita quotidiana, ormai, siamo abituati a parlare così, tanto
per riempire il tempo e nulla di più. Al contrario, io credo che ci si dovrebbe
soffermare maggiormente a riflettere su ciò che vorremmo trasmettere a chi ci
circonda. Anche una comune chiacchierata tra amici, dinnanzi a una buona tazza
di tè, può divenire bella e produttiva, se si basa su qualcosa di interessante.
Sempre come disse il Buddha: ‘Prima di parlare domandati se ciò che dirai
corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se
vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.’.».
Uno dei punti
fermi del suo modo di esprimersi, di comunicare, è farlo in un italiano puro,
libero da termini stranieri nella forma sia orale che scritta, quanto da quelli
volgari.
«Purtroppo,
questo è un altro dei maggiori difetti del mondo di oggi. Attualmente le parole
inglesi si sono intrufolate nella nostra lingua come un virus, e quasi non c’ è
più nessuno che parli un italiano tradizionale. Di recente mi è capitato di
lamentarmi di questa tendenza, e mi sono sentito rispondere: ‘Ma ormai è così,
è la moda generale. Che vuoi farci? Bisognava evitarla vent’ anni fa.’. Io
credo che questo mondo dipenda da noi, lo Spirito Santo è impegnato altrove (risata), quindi occorre cominciare da
noi per migliorare ciò che ci accade intorno. Evito volontariamente le parole
inglesi e di altre lingue e tutti mi capiscono benissimo, inoltre non uso mai
quelle volgari poiché ho compreso l’ educazione ricevuta dai miei genitori e
trovo spontaneo metterla in pratica. Qualcuno alle volte mi ha detto che so di
vecchio, in realtà il decoro, anche linguistico, è un valore classico che
ancora non è passato di moda. Si può parlare ed essere gradevoli senza alcun
bisogno di ricorrere a parolacce e concetti sconvenienti. Questo è esattamente
ciò che faccio nella preparazione dei miei testi, e sento che è la via migliore.».
Che cosa pensa
della crescente cultura della cancellazione, o del boicottaggio?
«Credo
che sia una scempiaggine di quest’ epoca offuscata, in cui i valori stanno
paurosamente venendo meno senza che vengano sostituiti da qualcosa di meglio, a
differenza di come avveniva in passato. Io non ho un orientamento politico in
particolare, ma credo che sia una crociata portata avanti da una Sinistra che
non sa più come proseguire la contestazione che da sempre è uno dei suoi valori
portanti. Ora che il tradizionale terreno di scontro in cui il Comunismo è
maturato è venuto meno, non si può più parlare di lotta di classe, di
abbattimento di un sistema oppressivo e ingiusto e di dittatura del
proletariato. La giustizia sociale a danno della reazione quindi passa
attraverso la lotta ai valori tradizionali. Anziché parlare di pari opportunità
per tutti, si cerca di calare la cortina di censura su ciò che animava il mondo
di una volta, colpevole di ciò che a noi oggi pare arretrato, e imporre modelli
diametralmente opposti. I mezzi di comunicazione, oggigiorno, sono purtroppo coinvolti
sempre di più in questo genere di contrasto.».
Oggi, soprattutto
grazie alla rete, è diventato molto facile non solo recepire informazioni, ma
anche trasmetterle. E’ positivo, però sono aumentate anche le bufale.
«Infatti,
oggi comunicare è divenuto molto facile grazie ai mezzi di comunicazione,
Internet specialmente: si legge e si scrive nel giro di un istante. Basta anche
solo un cellulare, e il gioco è fatto. Tuttavia non si riflette più sull’
autenticità o meno di ciò che viene trasmesso, e di conseguenza le false
informazioni tendono a suscitare maggiore interesse e a vantare persino più
credibilità di quelle vere. E la comunicazione diventa qualcosa di nocivo. Io
lo trovo molto allarmante, e personalmente credo che abbia ragione il professor
Alessandro Barbero che, come storico e divulgatore, pone molta attenzione alle
fonti: ‘Quando sentiamo dire una certa cosa, prima di tutto occorre chiedere a
chi ci parla dove l’ ha saputo.’.».
Quindi, anche il
pubblico ha la sua parte di responsabilità in tema di comunicazione?
«E’
vero: chi riceve un messaggio deve soppesarlo con cura, e ha la stessa
responsabilità di chi lo emette. La comunicazione è un fenomeno
interdipendente, che collega tutti tra loro. Il retto linguaggio di cui parlava
il Buddha Śākyamuni ci tocca tutti, chi in un modo e chi in un altro.».
Grazie per aver
condiviso il suo parere.
«Molte
grazie a voi, per questa bella conversazione. E’ sempre un vero piacere.».