lunedì 13 novembre 2023

La forza e la responsabilità dell’ atto di comunicare

Giacomo Ramella Pralungo;


Giacomo Ramella Pralungo, autore di romanzi di narrativa fantascientifica e articoli culturali, storici e scientifici, considera la comunicazione una disciplina di grande importanza, da non sottovalutare, in grado di favorire la conoscenza e la consapevolezza ma anche l’ indebolimento dell’ autonomia e della capacità di pensare autonomamente, se usata scorrettamente.


Come romanziere e articolista, lei da anni è impegnato nel settore della comunicazione. Che cosa vuol dire per lei comunicare?


«Comunicare significa trasmettere un’ idea, un principio, qualcosa di preciso e concreto. Equivale a far capire qualcosa nel modo più esatto possibile. Non a caso, le parole hanno un significato preciso, e spesso addirittura più di uno. Ecco quindi che una parola detta in un certo modo piuttosto che in un altro può attribuire a seconda dei casi significati diversi a ciò che si cerca di dire. Comunicare è quindi un’ azione molto vasta e particolare, che richiede una grande cura.».


La comunicazione, quindi, è una disciplina dalla grande forza.


«Chi comunica, come gli scrittori e i giornalisti, esercita una grande influenza sulla società. Inoltre, mentre la vita umana è breve, gli scritti restano e si conservano per secoli. Purtroppo, alcuni testi sono stati all’ origine di grandi sofferenze, come quelli che hanno diffuso le concezioni estreme del Nazionalsocialismo e del Comunismo. Chi comunica ha il potere di causare più o meno direttamente il bene o il male di milioni di vite, quindi è bene che coltivi un atteggiamento onesto e imparziale, del tutto veritiero. I giornalisti in generale si interessano soltanto all’ attualità scottante, soprattutto quella orribile: in fondo a noi stessi consideriamo il delitto un atto imperdonabile e scioccante che non dovrebbe avvenire, ed è per questo che quando si verifica riempie le prime pagine dei giornali. Lo stesso accade per la corruzione e altri misfatti. Invece, crescere i propri figli, accudire i vecchi e gli ammalati ci sembrano comportamenti normali che non meritano di essere citati tra le notizie. Il difetto principale di questo atteggiamento è che un po’ alla volta ci porta a considerare gli omicidi, le violenze e altre atrocità come cose comuni. Rischiamo di pensare che la natura umana sia crudele e che non ci sia alcun mezzo per impedirle di esprimersi. Se un giorno ne saremo effettivamente convinti, non avremo più alcuna speranza per il futuro dell’ umanità.».


Lei è vicino alla filosofia buddhista, e a volte ha citato il valore buddhista del cosiddetto retto linguaggio.


«Sì, è vero. Secondo la tradizione, nel suo primo discorso dottrinario tenuto al Parco delle gazzelle di Sārnāth, vicino a Varanasi, la città santa degli induisti, il Buddha Śākyamuni espose il Nobile Ottuplice Sentiero, un modello di comportamento improntato sulla rettitudine di pensieri, parole e azioni. La retta parola implica l’ assunzione della nostra responsabilità di ciò che diciamo, ponendo attenzione nella scelta delle parole e valutandole in modo che non producano effetti nocivi sugli altri e di conseguenza su noi stessi: occorre quindi evitare la menzogna, la maldicenza, l’ offesa e il pettegolezzo vano, concentrandosi quindi sulla chiarezza e la sincerità, così da evitare i fraintendimenti e le opinioni errate. Anche il fatto di parlare di cose che non conosciamo o che non abbiamo doverosamente compreso andrebbe evitato: è ben più costruttivo concentrarsi su ciò di cui invece abbiamo esperienza diretta!».


Quindi, per lei comunicare è solo il passo finale, e non è possibile se non si ha un argomento, qualcosa da esprimere.


«Certamente. Le parole e gli altri mezzi di comunicazione sono solo un veicolo del messaggio, e senza di esso perdono la loro utilità. Oggi viviamo nell’ era delle informazioni, ma purtroppo molti di noi parlano molto ma senza dire nulla. Anche nella vita quotidiana, ormai, siamo abituati a parlare così, tanto per riempire il tempo e nulla di più. Al contrario, io credo che ci si dovrebbe soffermare maggiormente a riflettere su ciò che vorremmo trasmettere a chi ci circonda. Anche una comune chiacchierata tra amici, dinnanzi a una buona tazza di tè, può divenire bella e produttiva, se si basa su qualcosa di interessante. Sempre come disse il Buddha: ‘Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.’.».


Uno dei punti fermi del suo modo di esprimersi, di comunicare, è farlo in un italiano puro, libero da termini stranieri nella forma sia orale che scritta, quanto da quelli volgari.


«Purtroppo, questo è un altro dei maggiori difetti del mondo di oggi. Attualmente le parole inglesi si sono intrufolate nella nostra lingua come un virus, e quasi non c’ è più nessuno che parli un italiano tradizionale. Di recente mi è capitato di lamentarmi di questa tendenza, e mi sono sentito rispondere: ‘Ma ormai è così, è la moda generale. Che vuoi farci? Bisognava evitarla vent’ anni fa.’. Io credo che questo mondo dipenda da noi, lo Spirito Santo è impegnato altrove (risata), quindi occorre cominciare da noi per migliorare ciò che ci accade intorno. Evito volontariamente le parole inglesi e di altre lingue e tutti mi capiscono benissimo, inoltre non uso mai quelle volgari poiché ho compreso l’ educazione ricevuta dai miei genitori e trovo spontaneo metterla in pratica. Qualcuno alle volte mi ha detto che so di vecchio, in realtà il decoro, anche linguistico, è un valore classico che ancora non è passato di moda. Si può parlare ed essere gradevoli senza alcun bisogno di ricorrere a parolacce e concetti sconvenienti. Questo è esattamente ciò che faccio nella preparazione dei miei testi, e sento che è la via migliore.».


Che cosa pensa della crescente cultura della cancellazione, o del boicottaggio?


«Credo che sia una scempiaggine di quest’ epoca offuscata, in cui i valori stanno paurosamente venendo meno senza che vengano sostituiti da qualcosa di meglio, a differenza di come avveniva in passato. Io non ho un orientamento politico in particolare, ma credo che sia una crociata portata avanti da una Sinistra che non sa più come proseguire la contestazione che da sempre è uno dei suoi valori portanti. Ora che il tradizionale terreno di scontro in cui il Comunismo è maturato è venuto meno, non si può più parlare di lotta di classe, di abbattimento di un sistema oppressivo e ingiusto e di dittatura del proletariato. La giustizia sociale a danno della reazione quindi passa attraverso la lotta ai valori tradizionali. Anziché parlare di pari opportunità per tutti, si cerca di calare la cortina di censura su ciò che animava il mondo di una volta, colpevole di ciò che a noi oggi pare arretrato, e imporre modelli diametralmente opposti. I mezzi di comunicazione, oggigiorno, sono purtroppo coinvolti sempre di più in questo genere di contrasto.».


Oggi, soprattutto grazie alla rete, è diventato molto facile non solo recepire informazioni, ma anche trasmetterle. E’ positivo, però sono aumentate anche le bufale.


«Infatti, oggi comunicare è divenuto molto facile grazie ai mezzi di comunicazione, Internet specialmente: si legge e si scrive nel giro di un istante. Basta anche solo un cellulare, e il gioco è fatto. Tuttavia non si riflette più sull’ autenticità o meno di ciò che viene trasmesso, e di conseguenza le false informazioni tendono a suscitare maggiore interesse e a vantare persino più credibilità di quelle vere. E la comunicazione diventa qualcosa di nocivo. Io lo trovo molto allarmante, e personalmente credo che abbia ragione il professor Alessandro Barbero che, come storico e divulgatore, pone molta attenzione alle fonti: ‘Quando sentiamo dire una certa cosa, prima di tutto occorre chiedere a chi ci parla dove l’ ha saputo.’.».


Quindi, anche il pubblico ha la sua parte di responsabilità in tema di comunicazione?


«E’ vero: chi riceve un messaggio deve soppesarlo con cura, e ha la stessa responsabilità di chi lo emette. La comunicazione è un fenomeno interdipendente, che collega tutti tra loro. Il retto linguaggio di cui parlava il Buddha Śākyamuni ci tocca tutti, chi in un modo e chi in un altro.».


Grazie per aver condiviso il suo parere.


«Molte grazie a voi, per questa bella conversazione. E’ sempre un vero piacere.».

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