lunedì 17 dicembre 2018

Il particolare impegno dello scrittore secondo Giacomo



Da anni dedito alla narrativa di fantascienza e più recentemente agli articoli di storia generale, pubblicati sul suo sito informatico, e locale, editi sui giornali «Il Biellese» e «News Biella», Giacomo Ramella Pralungo sostiene da sempre che quello dello scrittore sia un impegno molto particolare, ampio e di vasta portata, nonché qualcosa di assai gradevole soprattutto a livello personale: «Alle volte lo sento un po’ stancante per la mente, a cui richiedo una certa concentrazione affinché generi pensieri corretti ed esprimibili in modo limpido e chiaro, eppure si tratta di un’ attività entusiasmante, da cui traggo una possibilità di apprendimento e sviluppo personale e culturale davvero unica nel suo genere. Ogni volta che realizzo un testo, sia esso un romanzo oppure un articolo, compio precise ricerche storiche e culturali da cui sento di scoprire moltissimo io stesso.».

Giacomo mette da una parte i fogli di carta e la penna con cui lavora, accanto ad un libro di Giampaolo Pansa, «Bella ciao - Controstoria della Resistenza», che, dice, sta leggendo con un certo interesse: «Amo molto la storia fin da quando ero ragazzino, e penso che Pansa sia un autore veramente abile e intelligente. Lo ammiro molto, e mi rendo conto di aver imparato tante cose leggendo quel che scrive. Si occupa con una certa obiettività del lato rovescio e opportunamente omesso della Resistenza partigiana, la cui storia è stata santificata dalle istituzioni repubblicane vincitrici dal soglio governativo, ragion per cui alla sua casella di posta sono stati indirizzati svariati pareri, sia positivi che negativi. Nel febbraio 2017, ispirato dal suo lavoro, pubblicai io stesso un articolo, ‘Gli eccessi oscurati dell’ azione partigiana’, uscito presso ‘Il Biellese’, in cui mi sono concentrato su determinate azioni negative compiute dai partigiani sul suolo biellese, la mia terra natia, ponendo in evidenza alcune stragi cruente e insensate, dal movente poco aderente alle esigenze della guerra allo Stato fantoccio della Repubblica Sociale Italiana e ai biechi burattinai del Terzo Reich, senza ovviamente voler attaccare la Resistenza in quanto tale: la sezione biellese dell’ ANPI mi accusò prontamente e prevedibilmente di revisionismo storico (risata)…».

Questo giovane scrittore afferma che per lui scrivere è qualcosa di molto speciale, che gli permette di dare risalto a precisi principi culturali, morali e personali che gli stanno particolarmente a cuore. Lo fa anche per il piacere di inventare storie nuove, certamente, ma sempre animate da una particolare idea comunicativa: «Leggere e scrivere possono essere anche semplice intrattenimento, io non ci vedo nulla di male, eppure a me piace l’ idea di partire da un certo principio, come il pericolo dell’ impiego improprio di una tecnologia o una scoperta scientifica o più in generale la nostra responsabilità individuale in un certo contesto, e ricavare una storia in cui ne immagino le conseguenze.».
Con l’ eccezione di «Il signore del crimine», romanzo incentrato su Cosa Nostra italoamericana, e l’ autobiografia «Io sono Giacomo», i suoi otto libri sono di genere fantascientifico, ambientati sulla Terra, nel tempo presente, ma collegati allo spazio, ai viaggi nel tempo e alle civiltà aliene: «Sono stati scritti e pubblicati romanzi, soprattutto da Frank Herbert e Isaac Asimov, e anche prodotti film ambientati in un lontano futuro o nello spazio profondo, come ‘2001: Odissea nello spazio’ oppure le serie di ‘Star Trek’ e ‘Guerre stellari’, che io stesso apprezzo e considero una parte molto importante della mia esperienza sia di spettatore che di autore, ma a differenza di tutte queste opere ho scelto di preservare un certo contatto con la nostra Terra, in parte perché in tal modo al lettore si presenta qualcosa di familiare con cui può riconoscersi, e dall’ altra sento di poter toccare svariati temi assai interessanti su cui mi piace ragionare.».

Per Giacomo, scrivere equivale a stabilire un contatto con il pubblico, è un mezzo tramite il quale può trasmettere qualcosa di particolare. Dedica quindi molto tempo alla preparazione di libri e articoli, dapprima concentrandosi sull’ idea di fondo e la storia, poi alla forma che viene materialmente presentata nelle pagine: «Non pubblico mai nulla finché non sento che il testo quadra appieno nella mia mente, tanto nei concetti quanto nel linguaggio. Voglio sempre presentare testi chiari, semplici, completi, esaurienti e coerenti, ma anche corretti sotto l’ aspetto del linguaggio e liberi da argomenti e parole volgari e indecorosi, perché credo nel valore della sostanza e della buona educazione, concetti sempre più dimenticati nel mondo di oggi.». Ai suoi occhi, come lui stesso si affretta a puntualizzare, la correttezza di un testo non significa soltanto assenza di errori e scorrevolezza, ma anche mancanza di termini in lingua inglese: «E’ una tendenza che negli ultimi vent’ anni e oltre si è sempre più imposta tra noi italiani, sia quando parliamo che quando scriviamo, eppure rappresenta un errore madornale! A parte me, temo che siano davvero poche le persone che non ricorrono mai ai vocaboli britannici quando parlano o scrivono in lingua italiana. Eppure, direi proprio che si tratta di un principio logico fondamentale, anche piuttosto semplice da comprendere: conoscere le altre lingue è di estrema importanza, perché ci evita l’ isolamento, ma per quale motivo si deve per forza mischiare la nostra con un’ altra qualunque, per quanto ormai diffusa a livello mondiale? Per secoli abbiamo parlato un italiano puro, del tutto privo di vocaboli stranieri, che bisogno c’ è quindi di sopprimere la nostra lingua rimpiazzando uno per uno i suoi vocaboli con quelli stranieri?».
Giacomo spiega di attenersi ad una precisa tradizione letteraria che fa risalire ai suoi autori preferiti, che reputa suoi maestri: «Devo lo sviluppo del mio stile narrativo e i fondamenti delle mie opere a grandi scrittori quali Charles Dickens, Herbert George Wells, Frank Herbert, il monaco zen vietnamita Thich Nhat Hanh, il XIV Dalai Lama, Michael Crichton, Antonio Spinosa e Valerio Massimo Manfredi. Leggendo i loro testi ho riconosciuto la loro genialità e le notevoli capacità comunicative, e ho compreso che sono autori notevoli e pionieri di una scrittura libera e spontanea. Ognuno di loro è a modo proprio esponente di una tradizione con cui ho voluto stabilire un filo di continuità. Mi reputo un loro modesto discepolo, pieno di entusiasmo.».
Quando gli si chiede quali siano i libri che per lui vanno assolutamente letti, gli brillano gli occhi: «La serie di ‘Dune’ di Frank Herbert è un’ esperienza straordinaria che qualsivoglia lettore dovrebbe affrontare: i sei romanzi firmati da questo straordinario autore contengono una serie di messaggi prevalentemente a sfondo ecologico e sociale davvero straordinari. Anche le opere di Herbert George Wells, come ‘La macchina del tempo’, ‘La guerra dei mondi’ e ‘L’ isola del dottor Moreau’ rappresentano qualcosa di prezioso e gradevole, in quanto poggiano su di una solida analisi sociale. I celebri ‘Jurassic Park’ e ‘Il mondo perduto’ di Michael Crichton, invece, valutano l’ impiego della scienza per un superficiale fine commerciale, spesso e volentieri provocando più problemi di quanti ne risolva.».

Indicando il libro sulla Guerra di liberazione italiana che sta leggendo, aggiunge che il giornalista Pansa ha spesso sottolineato che gli scrittori, soprattutto sul suolo italiano, hanno quasi sempre tendenze politiche: «Trovo che sia la cosa più sbagliata in assoluto per un autore. Non c’ è niente di più facile dell’ influenza dell’ opinione pubblica tramite i mezzi di comunicazione di massa. La trasmissione di dati e informazioni dovrebbe essere un processo del tutto veritiero ed equanime, così da favorire la consapevolezza, invece si intossicano migliaia di cervelli, se non addirittura milioni, per meschini interessi di parte.». Tuttavia, sostiene di essere assolutamente libero da qualsivoglia legame ideologico: «A livello politico non ho mai sostenuto alcuna ideologia, e negli anni ho imparato a diffidare persino dei partiti a causa delle faccende in cui sono coinvolti e degli affarucci con cui si sporcano abitualmente le mani, al punto che fin dalle elezioni politiche del 2013 riconsegno in bianco la mia scheda elettorale: non mi riconosco in alcuno schieramento e non ho la minima fiducia per i relativi candidati. Quindi nei miei testi non faccio mai politica, tutt’ altro! Non riuscirei mai e poi mai a lavorare come cronista per un giornale di partito, per quanto la reputi un’ attività pur sempre legittima, figlia della nostra preziosa democrazia (risata)! Tutte le volte che scrivo parto direttamente dalla mia coscienza personale e mi soffermo su cose tangibili, dopo aver valutato attentamente i fatti. In sostanza, parlo spontaneamente di ciò che conosco bene e in cui credo personalmente in base all’ esperienza diretta. E, soprattutto, mi assumo la responsabilità di quello che scrivo e pubblico, perché è esattamente ciò che mi pone all’ attenzione della gente: sulle copertine dei miei libri e alla fine dei miei articoli c’ è sempre il mio nome, di cui ho ovviamente cura.».
Sebbene oggi sia l’ epoca dei computer e di internet, non ha voluto perdere l’ abitudine di scrivere i suoi appunti e annotazioni a mano, che poi trascrive sul suo elaboratore, con il quale procede allo sviluppo del testo e alla successiva trasmissione, sostenendo di essere volontariamente rimasto legato a quella che chiama la vecchia maniera: «Non ho mai demonizzato lo sviluppo materiale garantito dalle innovazioni, perché credo che in loro assenza saremmo per forza destinati al ristagno, quindi non andremmo da nessuna parte. Eppure, dobbiamo ammettere che le vecchie abitudini non dovrebbero venire dimenticate tanto facilmente solo perché si è imposta una nuova scoperta.». Scrivere a mano, aggiunge, è molto salutare, rappresenta qualcosa di estremamente personale, e perdere l’ impiego della calligrafia equivarrebbe a dimenticare sé stessi: «Ammetto che nonostante la buona volontà non ho mai sviluppato una calligrafia decente, a scuola ero l’ incubo sia della mia maestra elementare che dei professori, tanto alle medie quanto alle superiori (risata)! Eppure scrivere a mano mi piace molto, e lo faccio tutte le volte che si presenta l’ occasione: stendo appunti per i miei libri e articoli, redigo biglietti per gli auguri natalizi o di compleanno e le dediche sulle copie dei libri acquisite dai miei lettori e così avanti.».

Alla domanda circa il motivo per cui fa lo scrittore, Giacomo sorride rispondendo che fin da piccolo si sente dire che ha molta fantasia e che parla e scrive molto bene. Sorridendo con tono discreto, per nulla vanaglorioso, ricorda: «Quando avevo più o meno dieci anni non era raro che la gente mi dicesse che avrei dovuto fare lo scrittore, e la mia stessa madre mi ha a sua volta frequentemente incoraggiato, dandomi spesso pareri sulle prime storie che scrivevo. Mi dava anche qualche suggerimento sulle cose a cui avrei dovuto dare risalto e su quanto invece avrei fatto meglio ad omettere.». Quando gli si chiede se è legato ad uno dei suoi romanzi in particolare, risponde con passione che ‘Fantasma del passato’ è il libro che lo ha coinvolto di più in assoluto: «Sono molto legato a tutto quello che scrivo e pubblico, perché ognuno dei miei testi è una mia creazione, qualcosa di unico e irripetibile. Comunque, ‘Per i sentieri del tempo’ è stato il primo libro che ho scritto, e ovviamente conserva un posto speciale nel mio cuore, così come ‘Cuore di droide’, perché è il primo che ho pubblicato. ‘Fantasma del passato’, che si basa sul grande mistero dell’ incidente di Roswell, che mi intriga fin da quando avevo appena dieci anni di età, rappresenta un caso veramente a parte. Mentre me ne occupavo mi pareva di tornare bambino, quando vidi in televisione, presso un canale della RAI, la celebre trasmissione che mise in onda il filmato dell’ autopsia del cadavere alieno, che poi venne smascherato come un falso. E, ovviamente, non facevo altro che domandarmi cosa fosse avvenuto realmente nel Nuovo Messico nel 1947 e se siamo soli o meno nelle infinite vastità dell’ universo.».
Per lui, conclude, scrivere è proprio questo: trasmissione di precisi messaggi adeguatamente pensati, riflessione costante sugli infiniti significati delle cose, valutazione su quello che veramente conosciamo, conservazione della propria coscienza in uno stato di attenzione ed equanimità nei confronti della vera natura dell’ esistenza. Come aggiunge sorridendo: «Un’ attività meno ovvia ed astratta di quanto pensano i profani, ma infinitamente interessante.».

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