mercoledì 18 marzo 2020

Scrivendo con Giacomo…


Godendosi la vista dalla veranda, Giacomo finisce di sorseggiare una tazza di tè Earl Grey: «Sia pur senza un movente necessariamente critico, sono sempre stato un tipo controcorrente: tra dieci italiani che durante il giorno impazziscono per il caffè, io sono quello che sceglie il tè. Il caffè mi basta una sola volta al mattino, con il latte.». Alla domanda sul motivo per cui ami tanto la celebre bevanda importata dal subcontinente indiano, accenna ad un sorriso: «Ovviamente me ne piace molto il sapore, e mi affascina il cerimoniale che lo circonda. Trovo che svolga una bella funzione sociale, come avviene in Gran Bretagna e nei Paesi nordici. In Oriente, poi, equivale ad un momento estetico, e ha anche una grande valenza religiosa, come dimostrato dalla cerimonia del tè in Giappone e dal fatto che sia in tale Paese che in Cina venga servito silenziosamente nei monasteri Zen e Chán come parte della pratica spirituale buddhista, in quanto ritenuto in grado di favorire la concentrazione dei monaci, impegnati in lunghe ore di meditazione.».
La stessa tazza in cui beve, aggiunge, ha un suo particolare significato essendo un dono del suo insegnante di lettere e storia alle superiori, attualmente suo buon amico, che l’ acquistò appositamente in occasione di una raccolta fondi internazionale a favore del Villaggio dei Bambini Tibetani di Dharamsala, gestito da Jetsun Pema, sorella minore del XIV Dalai Lama: «Il bello della vita è che anche una cosa tanto semplice come bere un po’ di tè può divenire qualcosa di significativo.».

I suoi libri e articoli partono sempre da argomenti e idee ben precisi.

«Certamente. Nel caso di un romanzo di fantascienza vi è per prima cosa un particolare tema che cattura il mio interesse, intorno al quale invento la trama. In ‘Cuore di droide’, ad esempio, ragiono sul rapporto tra umanità e tecnologia, mentre in ‘L’ angelo custode’ parlo di incontri ravvicinati con una specie aliena e dell’ amore che continuiamo a provare per le persone care che passano ad altra vita tramite le vicende di un ufficiale della RAF britannica, e in ‘Sotto il cielo della Porta divina’ tratteggio il lato oscuro e autoritario della religione attraverso un accidentale viaggio nel futuro di un astronauta britannico, che sbarca in una Terra soggetta ad una severa teocrazia in cui peccare o addirittura dubitare della parola del clero equivale ad una condanna a morte.
Nel caso dei miei articoli storici, invece, parto da un particolare argomento che mi spinge a fare ricerche approfondendo la mia personale conoscenza in proposito, e prima di incominciare mi domando il motivo per cui ai lettori dovrebbe tanto interessare questo stesso soggetto: il che mi porta a fare una serie di considerazioni, e ogni volta do risalto ad un particolare aspetto che spesso non notiamo o che fraintendiamo.».

Lei si serve sempre di un linguaggio semplice e diretto, discorsivo.

«Oh, sì. E’ un aspetto che trovo molto importante. Spesso, infatti, le introduzioni ai romanzi, le note sugli autori o le presentazioni sui siti di associazioni culturali o religiose hanno un linguaggio molto bello e raffinato ma poco chiaro, e chi legge ha spesso la sgradevole sensazione di non aver afferrato gran che. Se non lo direte a nessuno, confesso che alle volte capita persino a me (risata)! Leggendo con attenzione i testi dei miei autori di riferimento, come ad Antonio Spinosa, Valerio Massimo Manfredi, il XIV Dalai Lama, Herbert George Wells e Michael Crichton, ho individuato le basi da cui ho sviluppato un linguaggio chiaro e di facile comprensione con cui trasmettere i concetti che intendo evidenziare.».

Come costruisce i suoi testi?

«Essenzialmente, nel caso dei romanzi mi baso sullo schema tradizionale: imposto la trama fondamentale, che sviluppo in maniera logica e ordinata tenendo conto dei personaggi e degli elementi utili alla sua comprensione. Non credo che un testo di narrativa debba essere necessariamente lungo come un romanzo, alle volte la brevità del racconto può essere più utile. Dipende dalle circostanze. Nel caso di un articolo, invece, incomincio con un’ introduzione, espongo il tema e concludo con determinate considerazioni personali.».

Preferisce dedicarsi a romanzi o ad articoli?

«Ritengo molto soddisfacenti ed importanti entrambe le forme, che scelgo a seconda dello scopo specifico.».

Come vengono accolti i suoi testi?

«Chi legge i miei romanzi mi ha fatto sapere che ho molta fantasia, e che i concetti che espongo con la trama sono molto interessanti, fanno pensare. Recentemente, ad esempio, una signora mia concittadina ha letto ‘L’ angelo custode’, e mi ha fatto sapere di averlo letto con grande interesse e partecipazione, aggiungendo che solo chi ha sofferto determinati eventi tristi della vita può capirne appieno le pagine. Una lode che mi ha profondamente commosso e incoraggiato. Peraltro, una mia conoscente di Livorno ha letto la mia autobiografia, ‘Io sono Giacomo’, e mi ha scritto di aver apprezzato molto lo spirito coraggioso con cui ho parlato di me stesso, e di aver letto cose che non tutti avrebbero osato riportare. Si è complimentata dicendomi che ho l’ animo del guerriero, e che non mi sono spezzato di fronte a certe prove poco piacevoli che la vita mi ha imposto. In molti, infine, leggono i miei articoli sul blog apposito e quelli di storia locale su ‘Il Biellese’ e ‘News Biella’, e con infinito piacere vengo spesso fermato per le strade di Occhieppo Superiore, il mio paesello, ma talvolta anche mentre mi trovo in città, a Biella, da gente che si congratula dicendo di rimanere colpita e interessata dalle mie pubblicazioni, chiedendomi che cosa ho in programma per la volta dopo. Spesso, mi scrivono anche sulle reti sociali.».

A volte, però, è stato anche criticato…

«Verissimo. Come chiunque altro, sono stato sia complimentato che criticato in quello che faccio. Ho ricevuto determinate critiche costruttive e altre invece ben più malevole. Io ho sempre incoraggiato la gente a darmi un parere sincero su quello che scrivo, nella convinzione che una lode senza spirito critico non faccia bene a nessuno. Tra le critiche costruttive ricordo con piacere quella di un amico, che ora purtroppo è morto, secondo il quale avrei dovuto inserire un po’ di ironia nelle mie opere di narrativa: un suggerimento che ho molto apprezzato e che sto mettendo in atto ora che sono alle prese con una raccolta di racconti su di un agente segreto dell’ MI6 britannico alle prese con alcune minacce aliene. Il mio insegnante di diritto alle superiori, invece, mi ha fatto notare un errore di impostazione del discorso in ‘Cuore di droide’. Tra le critiche malevole, invece, con un certo dispiacere ho avuto a che fare con il parere ostile di alcuni amici di famiglia, peraltro miei concittadini occhieppesi, secondo i quali faccio un’ attività insensata, priva di qualsivoglia utilità. In un’ occasione mi hanno persino detto che io non sono nessuno, in un’ altra che rincorro argomenti politici e discutibili verso cui nessuno ha il benché minimo interesse.».

E che cosa risponde a questi pareri così poco amichevoli?

«Questi gentiluomini sono talmente criticoni e pettegoli che se si prendessero la briga di scrivere qualcosa diverrebbero paparazzi di grande levatura. Peraltro, hanno la fortuna di essere in pensione, quindi hanno molto tempo a disposizione per sfidarmi. Dicono che ne uccida più la penna che la spada, per cui staremo a vedere (risata)…».

Lei ha spesso affermato che gli esempi sono molto importanti, e che leggendo ha individuato quelli che lei definisce i suoi «maestri letterari», di cui poco fa ha parlato.

«Assolutamente sì, nella vita di tutti i giorni gli esempi sono fondamentali nello sviluppo della nostra personalità e delle nostre capacità. Rappresentano il punto di partenza da cui noi costruiamo la nostra realtà. Nel caso specifico della mia realtà letteraria, ho innanzitutto incominciato a leggere, e grazie a questo ho gradualmente sviluppato il mio stile personale. Devo molto di quel che so fare all’ esempio di Charles Dickens, Herbert George Wells, Frank Herbert, Thich Nhat Hanh, il XIV Dalai Lama, Michael Crichton, Antonio Spinosa e Valerio Massimo Manfredi.».


Quindi, se dovesse dare un suggerimento ad un aspirante scrittore gli direbbe di incominciare a leggere?

«Sì, senz’ altro. E’ una cosa assolutamente inevitabile. Madre Natura dona a ciascuno di noi una precisa capacità che poi dobbiamo affinare con la tecnica. Ma la lettura resta qualcosa di estremamente utile anche per chi non è portato alla scrittura, perché rappresenta un modo con cui recepire dati e informazioni estremamente benefico per lo sviluppo della mente, della conoscenza e della consapevolezza.».

Un’ altra cosa su cui spesso si esprime è il «retto linguaggio».

«E’ una virtù che, purtroppo, stiamo dimenticando sempre di più. Per retto linguaggio io intendo l’ esprimersi preferibilmente su ciò che abbiamo correttamente compreso, oltre che l’ evitare argomenti e termini volgari e sconci, le menzogne, i pettegolezzi, le maldicenze, le diffamazioni e, cosa altrettanto importante, il miscuglio tra la nostra lingua con le parole straniere. In questo caso particolare ho sempre dato ragione a Benito Mussolini, che il 23 luglio 1929 bandì l’ uso di parole straniere da ogni comunicazione scritta e orale in lingua italiana.».

Lei ha sempre precisato di essere antifascista, fa quindi effetto sentirla sostenere il Duce.

«Il Fascismo fu animato fin dall’ inizio da ideali politici quali il nazionalismo estremo, l’ autoritarismo, lo squadrismo, il partito unico e la soppressione delle libertà costituzionali in nome della sicurezza che ovviamente mi vedono scettico. Tuttavia, avendo avuto modo di analizzare il relativo periodo storico, non nego che alcune iniziative che promosse, soprattutto le riforme sociali e infrastrutturali, furono effettivamente utili allo sviluppo di un’ Italia che per molti aspetti pareva ancora un Paese medievale, come molti storici di professione hanno spesso sottolineato. Furono provvedimenti molto buoni, anche se purtroppo animati da un preciso movente politico che garantì una buona immagine pubblica al regime. Oggi servirebbero molte altre disposizioni del genere, ma per il bene del Paese e non per la carriera di qualche politico. Quello relativo alle sole parole italiane mi pare uno dei migliori provvedimenti promossi direttamente da Mussolini.».

Per scrivere bisogna avere immaginazione, conoscenza e chiarezza espositiva. Occorre anche una mente operosa, e la sua pare sempre in funzione.

«(Risata) Oh, sì! E’ sempre in movimento… Lo considero senz’ altro un bene, perché fin da quando ero piccolo mi è sempre stato detto che un cervello correttamente funzionante è importante. Cerco sempre di recepire e analizzare positivamente i dati che l’ ambiente esterno mi trasmette, che sia seguendo i notiziari televisivi, leggendo i giornali e i libri della mia biblioteca o anche solo conversando con la gente. A volte però trovo un po’ stancante avere una mente come la mia, perché a forza di tenerla in movimento e assecondarla ci sono occasioni in cui mi è difficile darle un freno. Molto spesso, poi, mi concentro come un laser sulla questione di turno, e siccome fin da quando ero molto piccolo ho sempre avuto problemi a fare più di una cosa per volta ci sono occasioni in cui perdo la calma quando semplicemente mi si chiama e si cerca di farmi parlare: è il guaio di quando vengo distratto (risata)! Il più delle volte risolvo il problema dei grandi ritmi del mio cervello facendo una passeggiata con i miei cani nei boschi, respirando un po’ di aria fresca: il contatto con i miei amici a quattro zampe e con la natura rappresenta ciò che io ho sempre indicato come l’ essenza stessa della spiritualità, l’ immergersi nella natura vera della vita. E’ estremamente rilassante.».

In questi giorni dominano la scena le notizie riguardanti il Coronavirus. Lei che cosa pensa di questa grave crisi?

«E’ un’ emergenza tutta particolare, dovuta principalmente al fatto che si tratta di una malattia nuova, scatenata da un agente patogeno dalle origini poco limpide, molto probabilmente manipolato in laboratorio dalla mano dell’ uomo. Sono molto preoccupato e dispiaciuto sia per la diffusione del contagio, quindi per tutte le persone ammalate e le vittime finora contate, quanto per il clima di paura e le penose difficoltà imposte dalle esigenze della quarantena alla società, perché hanno precise conseguenze psicologiche sul singolo individuo e la massa. In queste settimane, peraltro, stanno girando voci inquietanti sui presunti retroscena politici di questa vicenda, in base alle quali il Coronavirus sarebbe l’ arma privilegiata di una guerra batteriologica mossa dall’ Occidente contro la Cina, la superpotenza politica, diplomatica e commerciale del momento. Il guaio è che purtroppo non sono teorie da escludere a priori, perché dalla venuta di Adolf Hitler, con tutte le sue folli teorie eugenetiche e genocide, vi è da aspettarsi di tutto, soprattutto ora che abbiamo a disposizione armi più sofisticate in confronto a ottant’ anni fa. Comunque sia cominciata, io spero che questo evento rappresenti una lezione per tutti noi: le leggi di natura non dovrebbero essere sfidate tanto incautamente, perché il più delle volte ci si imbatte in conseguenze imprevedibili e molto difficili da risolvere…».

Si direbbe un argomento molto interessante da approfondire, magari in un nuovo articolo…

«Sì, certo. E’ veramente un tema interessante. Dopo aver affrontato questioni particolari come il panorama politico ed ecclesiastico in cui nel 2013 venne eletto papa Francesco, le sottili e poco note dinamiche dell’ autorità sia politica che spirituale del XIV Dalai Lama e il coinvolgimento di Gangchen Rinpoche in intrighi a doppio taglio tra Cina e Tibet credo proprio che un’ analisi del Coronavirus e i suoi discussi fatti dietro le quinte sarebbe una bella sfida per me come autore.».


Tante grazie per la disponibilità.

«Grazie infinite.».

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