Godendosi
la vista dalla veranda, Giacomo finisce di sorseggiare una tazza di tè Earl Grey: «Sia pur senza un movente necessariamente
critico, sono sempre stato un tipo controcorrente: tra dieci italiani che
durante il giorno impazziscono per il caffè, io sono quello che sceglie il tè.
Il caffè mi basta una sola volta al mattino, con il latte.». Alla domanda sul
motivo per cui ami tanto la celebre bevanda importata dal subcontinente
indiano, accenna ad un sorriso: «Ovviamente me ne piace molto il sapore, e mi
affascina il cerimoniale che lo circonda. Trovo che svolga una bella funzione
sociale, come avviene in Gran Bretagna e nei Paesi nordici. In Oriente, poi,
equivale ad un momento estetico, e ha anche una grande valenza religiosa, come
dimostrato dalla cerimonia del tè in Giappone e dal fatto che sia in tale Paese
che in Cina venga servito silenziosamente nei monasteri Zen e Chán come parte
della pratica spirituale buddhista, in quanto ritenuto in grado di favorire la
concentrazione dei monaci, impegnati in lunghe ore di meditazione.».
La
stessa tazza in cui beve, aggiunge, ha un suo particolare significato essendo
un dono del suo insegnante di lettere e storia alle superiori, attualmente suo
buon amico, che l’ acquistò appositamente in occasione di una raccolta fondi
internazionale a favore del Villaggio dei Bambini Tibetani di Dharamsala,
gestito da Jetsun Pema, sorella minore del XIV Dalai Lama: «Il bello della vita
è che anche una cosa tanto semplice come bere un po’ di tè può divenire
qualcosa di significativo.».
I
suoi libri e articoli partono sempre da argomenti e idee ben precisi.
«Certamente.
Nel caso di un romanzo di fantascienza vi è per prima cosa un particolare tema
che cattura il mio interesse, intorno al quale invento la trama. In ‘Cuore di
droide’, ad esempio, ragiono sul rapporto tra umanità e tecnologia, mentre in ‘L’ angelo custode’ parlo di incontri ravvicinati con
una specie aliena e dell’ amore che continuiamo a provare per le persone care
che passano ad altra vita tramite le vicende di un ufficiale della RAF
britannica, e in ‘Sotto il cielo della Porta divina’ tratteggio il lato oscuro
e autoritario della religione attraverso un accidentale viaggio nel futuro di
un astronauta britannico, che sbarca in una Terra soggetta ad una severa
teocrazia in cui peccare o addirittura dubitare della parola del clero equivale
ad una condanna a morte.
Nel
caso dei miei articoli storici, invece, parto da un particolare argomento che
mi spinge a fare ricerche approfondendo la mia personale conoscenza in
proposito, e prima di incominciare mi domando il motivo per cui ai lettori
dovrebbe tanto interessare questo stesso soggetto: il che mi porta a fare una
serie di considerazioni, e ogni volta do risalto ad un particolare aspetto che
spesso non notiamo o che fraintendiamo.».
Lei
si serve sempre di un linguaggio semplice e diretto, discorsivo.
«Oh,
sì. E’ un aspetto che trovo molto importante. Spesso, infatti, le introduzioni
ai romanzi, le note sugli autori o le presentazioni sui siti di associazioni
culturali o religiose hanno un linguaggio molto bello e raffinato ma poco
chiaro, e chi legge ha spesso la sgradevole sensazione di non aver afferrato gran
che. Se non lo direte a nessuno, confesso che alle volte capita persino a me (risata)! Leggendo con attenzione i testi
dei miei autori di riferimento, come ad Antonio Spinosa, Valerio Massimo
Manfredi, il XIV Dalai Lama, Herbert George Wells e Michael Crichton, ho
individuato le basi da cui ho sviluppato un linguaggio chiaro e di facile
comprensione con cui trasmettere i concetti che intendo evidenziare.».
Come
costruisce i suoi testi?
«Essenzialmente,
nel caso dei romanzi mi baso sullo schema tradizionale: imposto la trama
fondamentale, che sviluppo in maniera logica e ordinata tenendo conto dei
personaggi e degli elementi utili alla sua comprensione. Non credo che un testo
di narrativa debba essere necessariamente lungo come un romanzo, alle volte la
brevità del racconto può essere più utile. Dipende dalle circostanze. Nel caso
di un articolo, invece, incomincio con un’ introduzione, espongo il tema e
concludo con determinate considerazioni personali.».
Preferisce
dedicarsi a romanzi o ad articoli?
«Ritengo
molto soddisfacenti ed importanti entrambe le forme, che scelgo a seconda dello
scopo specifico.».
Come
vengono accolti i suoi testi?
«Chi
legge i miei romanzi mi ha fatto sapere che ho molta fantasia, e che i concetti
che espongo con la trama sono molto interessanti, fanno pensare. Recentemente,
ad esempio, una signora mia concittadina ha letto ‘L’
angelo custode’, e mi ha fatto sapere di averlo letto con grande interesse
e partecipazione, aggiungendo che solo chi ha sofferto determinati eventi
tristi della vita può capirne appieno le pagine. Una lode che mi ha
profondamente commosso e incoraggiato. Peraltro, una mia conoscente di Livorno
ha letto la mia autobiografia, ‘Io sono Giacomo’, e mi ha scritto di aver
apprezzato molto lo spirito coraggioso con cui ho parlato di me stesso, e di
aver letto cose che non tutti avrebbero osato riportare. Si è complimentata
dicendomi che ho l’ animo del guerriero, e che non mi sono spezzato di fronte a
certe prove poco piacevoli che la vita mi ha imposto. In molti, infine, leggono
i miei articoli sul blog apposito e quelli di storia locale su ‘Il Biellese’ e
‘News Biella’, e con infinito piacere vengo spesso fermato per le strade di
Occhieppo Superiore, il mio paesello, ma talvolta anche mentre mi trovo in
città, a Biella, da gente che si congratula dicendo di rimanere colpita e
interessata dalle mie pubblicazioni, chiedendomi che cosa ho in programma per
la volta dopo. Spesso, mi scrivono anche sulle reti sociali.».
A
volte, però, è stato anche criticato…
«Verissimo.
Come chiunque altro, sono stato sia complimentato che criticato in quello che
faccio. Ho ricevuto determinate critiche costruttive e altre invece ben più
malevole. Io ho sempre incoraggiato la gente a darmi un parere sincero su
quello che scrivo, nella convinzione che una lode senza spirito critico non
faccia bene a nessuno. Tra le critiche costruttive ricordo con piacere quella
di un amico, che ora purtroppo è morto, secondo il quale avrei dovuto inserire
un po’ di ironia nelle mie opere di narrativa: un suggerimento che ho molto
apprezzato e che sto mettendo in atto ora che sono alle prese con una raccolta
di racconti su di un agente segreto dell’ MI6 britannico alle prese con alcune
minacce aliene. Il mio insegnante di diritto alle superiori, invece, mi ha
fatto notare un errore di impostazione del discorso in ‘Cuore di droide’. Tra
le critiche malevole, invece, con un certo dispiacere ho avuto a che fare con
il parere ostile di alcuni amici di famiglia, peraltro miei concittadini
occhieppesi, secondo i quali faccio un’ attività insensata, priva di qualsivoglia
utilità. In un’ occasione mi hanno persino detto che io non sono nessuno, in
un’ altra che rincorro argomenti politici e discutibili verso cui nessuno ha il
benché minimo interesse.».
E
che cosa risponde a questi pareri così poco amichevoli?
«Questi
gentiluomini sono
talmente criticoni e pettegoli che se si prendessero la briga di scrivere
qualcosa diverrebbero paparazzi di grande levatura. Peraltro, hanno la fortuna
di essere in pensione, quindi hanno molto tempo a disposizione per sfidarmi. Dicono
che ne uccida più la penna che la spada, per cui staremo a vedere (risata)…».
Lei
ha spesso affermato che gli esempi sono molto importanti, e che leggendo ha
individuato quelli che lei definisce i suoi «maestri letterari», di cui poco fa
ha parlato.
«Assolutamente sì, nella vita di tutti i
giorni gli esempi sono fondamentali nello sviluppo della nostra personalità e
delle nostre capacità. Rappresentano il punto di partenza da cui noi costruiamo
la nostra realtà. Nel caso specifico della mia realtà letteraria, ho
innanzitutto incominciato a leggere, e grazie a questo ho gradualmente sviluppato
il mio stile personale. Devo molto di quel che so fare all’ esempio di Charles
Dickens, Herbert George Wells, Frank Herbert, Thich Nhat Hanh, il XIV Dalai
Lama, Michael Crichton, Antonio Spinosa e Valerio Massimo Manfredi.».
Quindi,
se dovesse dare un suggerimento ad un aspirante scrittore gli direbbe di
incominciare a leggere?
«Sì,
senz’ altro. E’ una cosa assolutamente inevitabile. Madre Natura dona a
ciascuno di noi una precisa capacità che poi dobbiamo affinare con la tecnica.
Ma la lettura resta qualcosa di estremamente utile anche per chi non è portato
alla scrittura, perché rappresenta un modo con cui recepire dati e informazioni
estremamente benefico per lo sviluppo della mente, della conoscenza e della
consapevolezza.».
Un’
altra cosa su cui spesso si esprime è il «retto linguaggio».
«E’
una virtù che, purtroppo, stiamo dimenticando sempre di più. Per retto
linguaggio io intendo l’ esprimersi preferibilmente su ciò che abbiamo
correttamente compreso, oltre che l’ evitare argomenti e termini volgari e
sconci, le menzogne, i pettegolezzi, le maldicenze, le diffamazioni e, cosa
altrettanto importante, il miscuglio tra la nostra lingua con le parole
straniere. In questo caso particolare ho sempre dato ragione a Benito
Mussolini, che il 23 luglio 1929 bandì l’ uso di parole straniere da ogni
comunicazione scritta e orale in lingua italiana.».
Lei
ha sempre precisato di essere antifascista, fa quindi effetto sentirla sostenere
il Duce.
«Il
Fascismo fu animato fin dall’ inizio da ideali politici quali il nazionalismo
estremo, l’ autoritarismo, lo squadrismo, il partito unico e la soppressione
delle libertà costituzionali in nome della sicurezza che ovviamente mi vedono
scettico. Tuttavia, avendo avuto modo di analizzare il relativo periodo storico,
non nego che alcune iniziative che promosse, soprattutto le riforme sociali e
infrastrutturali, furono effettivamente utili allo sviluppo di un’ Italia che
per molti aspetti pareva ancora un Paese medievale, come molti storici di
professione hanno spesso sottolineato. Furono provvedimenti molto buoni, anche
se purtroppo animati da un preciso movente politico che garantì una buona
immagine pubblica al regime. Oggi servirebbero molte altre disposizioni del
genere, ma per il bene del Paese e non per la carriera di qualche politico. Quello
relativo alle sole parole italiane mi pare uno dei migliori provvedimenti
promossi direttamente da Mussolini.».
Per
scrivere bisogna avere immaginazione, conoscenza e chiarezza espositiva.
Occorre anche una mente operosa, e la sua pare sempre in funzione.
«(Risata) Oh, sì! E’ sempre in movimento… Lo
considero senz’ altro un bene, perché fin da quando ero piccolo mi è sempre
stato detto che un cervello correttamente funzionante è importante. Cerco
sempre di recepire e analizzare positivamente i dati che l’ ambiente esterno mi
trasmette, che sia seguendo i notiziari televisivi, leggendo i giornali e i
libri della mia biblioteca o anche solo conversando con la gente. A volte però
trovo un po’ stancante avere una mente come la mia, perché a forza di tenerla
in movimento e assecondarla ci sono occasioni in cui mi è difficile darle un
freno. Molto spesso, poi, mi concentro come un laser sulla questione di turno,
e siccome fin da quando ero molto piccolo ho sempre avuto problemi a fare più
di una cosa per volta ci sono occasioni in cui perdo la calma quando
semplicemente mi si chiama e si cerca di farmi parlare: è il guaio di quando
vengo distratto (risata)! Il più
delle volte risolvo il problema dei grandi ritmi del mio cervello facendo una
passeggiata con i miei cani nei boschi, respirando un po’ di aria fresca: il
contatto con i miei amici a quattro zampe e con la natura rappresenta ciò che
io ho sempre indicato come l’ essenza stessa della spiritualità, l’ immergersi
nella natura vera della vita. E’ estremamente rilassante.».
In
questi giorni dominano la scena le notizie riguardanti il Coronavirus. Lei che
cosa pensa di questa grave crisi?
«E’ un’ emergenza tutta particolare,
dovuta principalmente al fatto che si tratta di una malattia nuova, scatenata
da un agente patogeno dalle origini poco limpide, molto probabilmente
manipolato in laboratorio dalla mano dell’ uomo. Sono molto preoccupato e
dispiaciuto sia per la diffusione del contagio, quindi per tutte le persone
ammalate e le vittime finora contate, quanto per il clima di paura e le penose
difficoltà imposte dalle esigenze della quarantena alla società, perché hanno
precise conseguenze psicologiche sul singolo individuo e la massa. In queste
settimane, peraltro, stanno girando voci inquietanti sui presunti retroscena
politici di questa vicenda, in base alle quali il Coronavirus sarebbe l’ arma
privilegiata di una guerra batteriologica mossa dall’ Occidente contro la Cina,
la superpotenza politica, diplomatica e commerciale del momento. Il guaio è che
purtroppo non sono teorie da escludere a priori, perché dalla venuta di Adolf
Hitler, con tutte le sue folli teorie eugenetiche e genocide, vi è da
aspettarsi di tutto, soprattutto ora che abbiamo a disposizione armi più
sofisticate in confronto a ottant’ anni fa. Comunque sia cominciata, io spero
che questo evento rappresenti una lezione per tutti noi: le leggi di natura non
dovrebbero essere sfidate tanto incautamente, perché il più delle volte ci si
imbatte in conseguenze imprevedibili e molto difficili da risolvere…».
Si direbbe un argomento
molto interessante da approfondire, magari in un nuovo articolo…
«Sì, certo. E’
veramente un tema interessante. Dopo aver affrontato questioni particolari come
il panorama politico ed ecclesiastico in cui nel 2013 venne eletto papa
Francesco, le sottili e poco note dinamiche dell’ autorità sia politica che
spirituale del XIV Dalai Lama e il coinvolgimento di Gangchen Rinpoche in
intrighi a doppio taglio tra Cina e Tibet credo proprio che un’ analisi del
Coronavirus e i suoi discussi fatti dietro le quinte sarebbe una bella sfida
per me come autore.».
Tante
grazie per la disponibilità.
«Grazie infinite.».
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