Fin
dall’ origine dei tempi, sono sempre serviti eventi drammatici per scuotere la
gente dall’ apatia e invitarla a riflettere sulla caducità di tutte le cose e
la fragilità della natura, quella umana compresa. Il 2020 non è un anno che
ricorderemo con particolare piacere, direi piuttosto che si è rivelato un annus
horribilis in piena regola. In questi ultimi mesi abbiamo assistito in tutto il
mondo alla travolgente drammaticità della pandemia di COVID-19. Una malattia
dall’ origine nebulosa e poco limpida, che molto opportunamente ci è stata
tenuta nascosta, un’ epidemia che ben presto si è mossa portandosi via tante
vite, finendo con il gettarci tutti in una cupa atmosfera di panico, incertezza
ed isolamento preventivo. Ognuno di noi cerca, a modo proprio, di affrontare la
vicenda. Soprattutto ora che la crisi è ancora in pieno svolgimento ed ha
effetti non solo in ambito sanitario ma anche in quello psicologico, politico e
finanziario, non è certamente facile parlarne e giungere ad un giudizio
veramente corretto. Sicuramente, le prime sensazioni sono di turbamento,
incredulità, incomprensione, ira e preoccupazione. Noi tutti, io compreso,
stiamo provando tali emozioni in questi ultime settimane, quindi ciò che vi
dico ora, in quanto persona normale, viene dal profondo della mia coscienza.
Mi
rivolgo a voi in un tempo di crescente difficoltà. Un tempo di sconvolgimento
nella vita del mondo intero che ha portato dolore, problemi economici ed enormi
cambiamenti nella vita quotidiana di tutti. Un tempo scandito da una battaglia
dura e penosa da combattere restando a casa, e che senz’ altro muterà il nostro
modo di vivere. Innanzitutto tutto voglio precisare di essermi categoricamente
rifiutato fin dall’ inizio di esporre il Tricolore e di cantare dalla finestra il
Canto degli Italiani, non perché non amo la mia Patria ma perché le malattie
non fanno sconti e hanno sempre il potere di andare oltre i confini nazionali e
le differenze culturali che, occorre ricordarlo ancora una volta, esistono solo
nella nostra mente: sono fermamente convinto che in un momento come questo si
debba ragionare come una sola umanità, un unico genere! Detto questo, vorrei
rendere io stesso omaggio al duro lavoro dei medici, degli infermieri del
servizio sanitario e di tutti i volontari che stanno assistendo il prossimo. Il
personale sanitario in particolare è chiamato ad un lavoro ai limiti delle sue
doti e capacità, e come mai prima si è reso urgente ascoltare quelle persone
competenti che, da differenti contesti, si stanno pronunciando nel fondamentale
ambito della prevenzione: per quanto possibile, evitare un problema è molto
meglio che dovervi fare i conti una volta che si è manifestato nella sua
complessità. Io ho sempre profondamente ammirato dottori e paramedici per la
loro energia e l’ impegno verso i pazienti e l’ unicità e irripetibilità di
ogni persona, e ricordo di aver costantemente avuto una stima tutta particolare
per il mondo della scienza, perché la nostra attuale qualità e speranza di
vita, tra vaccini, interventi chirurgici e di altra natura, cure e così avanti,
si basano proprio sulle magnifiche conquiste scientifiche.
Pertanto,
ora mi si permetta cordialmente di biasimare la nostra «brava» classe politica,
di tutti gli schieramenti che negli anni si sono avvicendati alla guida della
nostra Nazione, a proposito dei vasti e numerosi tagli finanziari che ha
imposto alla ricerca e alla consueta attività scientifica e medica: se
scienziati, medici e personale infermieristico avessero avuto fin dal principio
tutto ciò che risulta alla base del loro operato, sarebbero stati certamente in
condizione di svolgere in modo ideale il proprio mestiere proteggendo le
persone fragili e risparmiando a molte famiglie i ben noti lutti da cui invece
sono state colpite, a cui si è aggiunto lo strazio di non poter rivedere mai
più i defunti e neppure di poterli accompagnare nell’ estremo onore. Se anziché
trastullarsi in lussi e privilegi degni soltanto della residenza reale di
Versailles al tempo del Re Sole, i nostri ottimati avessero assicurato tali
finanziamenti alla sanità, oggi il disastro sarebbe stato meno totale! E ora
che il genocidio è in corso trovo assolutamente ridicolo volgersi al cielo su
invito delle guide spirituali, quelle vaticane in testa, per invocare l’ aiuto
di dei e angeli soprattutto ora che ci avviciniamo ad una nota e sentita
ricorrenza quale la Pasqua! Il ricordo del Medioevo, ricco come fu di episodi
di superstizione e follia mistica, a questo proposito può parlare benissimo al
posto mio.
Sempre
più spesso mi domando in quale modo le future generazioni giudicheranno gli
eventi di quest’ anno tumultuoso. Oserei dire che la storia avrà una visione un
po’ più assennata rispetto a quella di alcuni nostri commentatori
contemporanei, e arricchirà il nostro giudizio con quella dimensione di
saggezza e credibilità che spesso manca in coloro il cui compito è offrire
pareri al pubblico sulle cose importanti del mondo. Nessuna istituzione,
neppure la politica, può e deve sottrarsi allo scrutinio di coloro che si è
impegnata a servire. Io, per parte mia, credo fermamente che ci sia una precisa
lezione da trarre dal COVID-19 e dalle epocali conseguenze del suo passaggio in
mezzo a noi. Questa virulenza sta infatti smascherando limiti e manchevolezze
nel sistema politico ed economico sia nazionale che internazionale, per esempio
gettando l’ uno contro l’ altro come lupi affamati svariati Paesi del Vecchio
continente e le maggiori potenze occidentali e orientali, le cui borse valori
peraltro non sono mai state chiuse dando luogo a un animato terremoto
finanziario. Ha confermato ancora una volta quanto i mezzi di comunicazione di
massa abbiano tradito il loro obiettivo fondamentale, ossia informare la gente
e guidarla fino alla sponda della conoscenza e, soprattutto, della consapevolezza,
mettendosi al servizio dei meschini interessi di un particolare schieramento
politico o addirittura ideologico. Come diceva il grande Giampaolo Pansa, che
ho sempre molto ammirato, il giornalismo si è tramutato in carta straccia.
Questa
pandemia ci ha condotto ad un bivio epocale, e la strada che abbiamo intrapreso
pare proprio quella di un ulteriore restringimento delle nostre libertà e del
crescente individualismo. Il timore che il prossimo possa essere un untore può
risultare devastante per il costituirsi di una consapevolezza in cui la realtà
va necessariamente declinata con il «noi» e non l’ «io». Fin dagli Anni
Settanta siamo soggetti ad un modello economico neoliberista che, proprio come
un virus, è diventato una pandemia: dopo il «Trentennio glorioso» di matrice
keynesiana, in cui gli Stati svolgevano un ruolo preponderante, l’ elezione di
Margareth Thatcher a Primo ministro britannico e quella di Ronald Reagan a
Presidente degli Stati Uniti, tale modello si è rapidamente propagato, e con la
caduta del Muro di Berlino si è diffuso ovunque, mutandosi in un modello
sociale in cui empatia, solidarietà e senso di comunità hanno fatto posto a
quell’ individualismo sfrenato e funzionale al fine di renderci tutti
consumatori obbedienti. Del resto, la stessa Lady di Ferro fu piuttosto chiara
quando disse: «La società non esiste, esistono solo gli individui.». Un
ulteriore pericolo è la militarizzazione della società a cui stiamo assistendo:
io di certo non dimenticherò mai le immagini relative alle bare di Bergamo
mentre venivano portate via dall’ esercito, in quanto monito della forzata
segregazione e l’ inevitabile distanza sociale che, temo, anticiperanno scenari
a cui non siamo abituati e che inevitabilmente faranno maturare cambiamenti
personali e collettivi in senso distopico. Il COVID-19 verrà sconfitto, io l’
ho sempre pensato, ma ciò che dovrebbe inquietare davvero è lo strascico che
tale esperienza globale lascerà su di noi e come queste nuove paure potranno
essere usate per limitare ancor di più le nostre libertà e i nostri pensieri,
nella miglior tradizione dittatoriale. E’ dalla Seconda Guerra Mondiale che il
mondo non viveva una condizione di tale portata.
Ormai
è evidente a tutti quanto la politica sia debole, un luogo caotico in cui una
moltitudine di delegati discute all’ infinito senza giungere a nulla, tenendo
in piedi un groviglio di leggi inestricabile ed inadeguato mentre la corruzione
dilaga e gli interessi sia settari che economici hanno precedenza su tutto. E
le corti giudiziarie impiegano ancora più tempo per risolvere le cause di cui
si occupano, barcamenandosi tra cavilli e interpretazioni personali con cui
negano alla giustizia il corso che le è dovuto. No, così proprio non va: la
politica, come gli antichi greci tanto sapientemente affermavano, significa
«arte del buon governo», pertanto ora ha l’ irrinunciabile compito di concepire
e attuare una nuova visione, di insegnare che questo agente patogeno non ci
deve dividere ma unire, di ricordare che siamo tutti quanti legati. Esiste una rete
invisibile che ci connette reciprocamente, così come il mondo è connesso all’
universo, e solo insieme potremo vincere la difficoltà: questa è la vera
politica!
Se
è vero, come abitualmente si dice, che l’ umano si distingue dal resto della
famiglia animale per intelligenza, disciplina, cortese determinazione e
comprensione vicendevole allora credo proprio che dovremmo finalmente
cominciare a fare uso di queste qualità. Ogni crisi, pur essendo di per sé un
problema, curiosamente consente l’ indubbia opportunità di disfarsi delle sue
cause, apportando un miglioramento. Sia come singoli che come popolazione
abbiamo quindi il dovere di trarre forza da ciò che sta succedendo, cercando
sollievo al dolore e preparandoci ad affrontare attivamente il futuro, cambiando
intelligentemente la pericolosa rotta precedentemente intrapresa, come già
venne fatto dalle passate generazioni che vissero in tempi di carestie,
malattie e guerre. Essendo già sopravvissuti ad altre pandemie, anche più gravi
di questa, sono assolutamente convinto che prevarremo pure questa volta, e che
la vittoria apparterrà a ciascuno di noi. Ma il superamento del COVID-19 sarà
solo una parte della battaglia: dopo, infatti, ci attenderà la realizzazione di
un futuro migliore sia del passato che del presente. Andrà tutto bene? E’
auspicabile. Tornerà tutto come prima? Sarebbe un errore madornale, la conferma
che non abbiamo imparato nulla dalle vicende passate, e comunque non lo ritengo
neppure possibile perché ogni cosa muta in continuazione: nulla rimane mai lo
stesso, neppure le montagne, nonostante l’ apparenza. Mi auguro vivamente,
quindi, che nei prossimi anni potremo tutti guardarci indietro dopo aver
intuito il significato della grande esperienza affrontata in risposta a questa
sfida, e che chi verrà dopo di noi, pur ammirando i nostri sforzi, sappia
evitare i nostri fallimenti.
Spero
davvero che ognuno di noi, ovunque sia, mostri apertamente che cosa significhi
essere umani. Possano i malati guarire velocemente e i morti riposare in pace, e
che ciascuno di noi tragga la lezione che più reputa opportuna da tutto questo
dramma, confortandosi ricordando che giorni migliori torneranno, che un giorno
saremo di nuovo con le nostre famiglie e i nostri amici.
Giacomo Ramella Pralungo
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