Da
anni dedito alla narrativa di fantascienza e più recentemente agli articoli di
storia generale, pubblicati sul suo sito informatico, e locale, editi sui
giornali «Il Biellese» e «News Biella», Giacomo Ramella Pralungo sostiene da
sempre che quello dello scrittore sia un impegno molto particolare, ampio e di
vasta portata, nonché qualcosa di assai gradevole soprattutto a livello
personale: «Alle volte lo sento un po’ stancante per
la mente, a cui richiedo una certa concentrazione affinché generi pensieri corretti
ed esprimibili in modo limpido e chiaro, eppure si tratta di un’ attività entusiasmante,
da cui traggo una possibilità di apprendimento e sviluppo personale e culturale
davvero unica nel suo genere. Ogni volta che realizzo un testo, sia esso un
romanzo oppure un articolo, compio precise ricerche storiche e culturali da cui
sento di scoprire moltissimo io stesso.».
Giacomo
mette da una parte i fogli di carta e la penna con cui lavora, accanto ad un
libro di Giampaolo Pansa, «Bella ciao - Controstoria della Resistenza», che,
dice, sta leggendo con un certo interesse: «Amo molto la storia fin da quando
ero ragazzino, e penso che Pansa sia un autore veramente abile e intelligente. Lo
ammiro molto, e mi rendo conto di aver imparato tante cose leggendo quel che
scrive. Si occupa con una certa obiettività del lato rovescio e opportunamente
omesso della Resistenza partigiana, la cui storia è stata santificata dalle
istituzioni repubblicane vincitrici dal soglio governativo, ragion per cui alla
sua casella di posta sono stati indirizzati svariati pareri, sia positivi che negativi.
Nel febbraio 2017, ispirato dal suo lavoro, pubblicai io stesso un articolo, ‘Gli
eccessi oscurati dell’ azione partigiana’, uscito presso ‘Il Biellese’, in cui
mi sono concentrato su determinate azioni negative compiute dai partigiani sul
suolo biellese, la mia terra natia, ponendo in evidenza alcune stragi cruente e
insensate, dal movente poco aderente alle esigenze della guerra allo Stato
fantoccio della Repubblica Sociale Italiana e ai biechi burattinai del Terzo
Reich, senza ovviamente voler attaccare la Resistenza in quanto tale: la sezione
biellese dell’ ANPI mi accusò prontamente e prevedibilmente di revisionismo storico
(risata)…».
Questo
giovane scrittore afferma che per lui scrivere è qualcosa di molto speciale,
che gli permette di dare risalto a precisi principi culturali, morali e
personali che gli stanno particolarmente a cuore. Lo fa anche per il piacere di
inventare storie nuove, certamente, ma sempre animate da una particolare idea
comunicativa: «Leggere e scrivere possono essere anche semplice intrattenimento,
io non ci vedo nulla di male, eppure a me piace l’ idea di partire da un certo
principio, come il pericolo dell’ impiego improprio di una tecnologia o una
scoperta scientifica o più in generale la nostra responsabilità individuale in
un certo contesto, e ricavare una storia in cui ne immagino le conseguenze.».
Con
l’ eccezione di «Il signore del crimine», romanzo incentrato su Cosa Nostra
italoamericana, e l’ autobiografia «Io sono Giacomo», i suoi otto libri sono di
genere fantascientifico, ambientati sulla Terra, nel tempo presente, ma
collegati allo spazio, ai viaggi nel tempo e alle civiltà aliene: «Sono stati
scritti e pubblicati romanzi, soprattutto da Frank Herbert e Isaac Asimov, e
anche prodotti film ambientati in un lontano futuro o nello spazio profondo,
come ‘2001: Odissea nello spazio’ oppure le serie di ‘Star Trek’ e ‘Guerre stellari’,
che io stesso apprezzo e considero una parte molto importante della mia
esperienza sia di spettatore che di autore, ma a differenza di tutte queste
opere ho scelto di preservare un certo contatto con la nostra Terra, in parte perché
in tal modo al lettore si presenta qualcosa di familiare con cui può
riconoscersi, e dall’ altra sento di poter toccare svariati temi assai interessanti
su cui mi piace ragionare.».
Per
Giacomo, scrivere equivale a stabilire un contatto con il pubblico, è un mezzo tramite
il quale può trasmettere qualcosa di particolare. Dedica quindi molto tempo
alla preparazione di libri e articoli, dapprima concentrandosi sull’ idea di
fondo e la storia, poi alla forma che viene materialmente presentata nelle
pagine: «Non pubblico mai nulla finché non sento che il testo quadra appieno
nella mia mente, tanto nei concetti quanto nel linguaggio. Voglio sempre
presentare testi chiari, semplici, completi, esaurienti e coerenti, ma anche
corretti sotto l’ aspetto del linguaggio e liberi da argomenti e parole volgari
e indecorosi, perché credo nel valore della sostanza e della buona educazione, concetti
sempre più dimenticati nel mondo di oggi.». Ai suoi occhi, come lui stesso si
affretta a puntualizzare, la correttezza di un testo non significa soltanto assenza
di errori e scorrevolezza, ma anche mancanza di termini in lingua inglese: «E’
una tendenza che negli ultimi vent’ anni e oltre si è sempre più imposta tra
noi italiani, sia quando parliamo che quando scriviamo, eppure rappresenta un errore
madornale! A parte me, temo che siano davvero poche le persone che non
ricorrono mai ai vocaboli britannici quando parlano o scrivono in lingua
italiana. Eppure, direi proprio che si tratta di un principio logico
fondamentale, anche piuttosto semplice da comprendere: conoscere le altre
lingue è di estrema importanza, perché ci evita l’ isolamento, ma per quale
motivo si deve per forza mischiare la nostra con un’ altra qualunque, per
quanto ormai diffusa a livello mondiale? Per secoli abbiamo parlato un italiano
puro, del tutto privo di vocaboli stranieri, che bisogno c’ è quindi di sopprimere
la nostra lingua rimpiazzando uno per uno i suoi vocaboli con quelli stranieri?».
Giacomo
spiega di attenersi ad una precisa tradizione letteraria che fa risalire ai
suoi autori preferiti, che reputa suoi maestri: «Devo
lo sviluppo del mio stile narrativo e i fondamenti delle mie opere a grandi scrittori
quali Charles Dickens, Herbert George Wells, Frank Herbert, il monaco zen
vietnamita Thich Nhat Hanh, il XIV Dalai Lama, Michael Crichton, Antonio
Spinosa e Valerio Massimo Manfredi. Leggendo i loro testi ho riconosciuto la
loro genialità e le notevoli capacità comunicative, e ho compreso che sono
autori notevoli e pionieri di una scrittura libera e spontanea. Ognuno di loro è
a modo proprio esponente di una tradizione con cui ho voluto stabilire un filo
di continuità. Mi reputo un loro modesto discepolo, pieno di entusiasmo.».
Quando
gli si chiede quali siano i libri che per lui vanno assolutamente letti, gli brillano
gli occhi: «La serie di ‘Dune’ di Frank Herbert è un’ esperienza straordinaria
che qualsivoglia lettore dovrebbe affrontare: i sei romanzi firmati da questo
straordinario autore contengono una serie di messaggi prevalentemente a sfondo
ecologico e sociale davvero straordinari. Anche le opere di Herbert George
Wells, come ‘La macchina del tempo’, ‘La guerra dei mondi’ e ‘L’ isola del
dottor Moreau’ rappresentano qualcosa di prezioso e gradevole, in quanto
poggiano su di una solida analisi sociale. I celebri ‘Jurassic Park’ e ‘Il
mondo perduto’ di Michael Crichton, invece, valutano l’ impiego della scienza
per un superficiale fine commerciale, spesso e volentieri provocando più
problemi di quanti ne risolva.».
Indicando
il libro sulla Guerra di liberazione italiana che sta leggendo, aggiunge che il
giornalista Pansa ha spesso sottolineato che gli scrittori, soprattutto sul
suolo italiano, hanno quasi sempre tendenze politiche: «Trovo che sia la cosa più
sbagliata in assoluto per un autore. Non c’ è niente di più facile dell’ influenza
dell’ opinione pubblica tramite i mezzi di comunicazione di massa. La
trasmissione di dati e informazioni dovrebbe essere un processo del tutto
veritiero ed equanime, così da favorire la consapevolezza, invece si
intossicano migliaia di cervelli, se non addirittura milioni, per meschini
interessi di parte.». Tuttavia, sostiene di essere assolutamente libero da qualsivoglia
legame ideologico: «A livello politico non ho mai sostenuto
alcuna ideologia, e negli anni ho imparato a diffidare persino dei partiti a
causa delle faccende in cui sono coinvolti e degli affarucci con cui si sporcano
abitualmente le mani, al punto che fin dalle elezioni politiche del 2013 riconsegno
in bianco la mia scheda elettorale: non mi riconosco in alcuno schieramento e
non ho la minima fiducia per i relativi candidati. Quindi nei miei testi non
faccio mai politica, tutt’ altro! Non riuscirei mai e poi mai a lavorare come cronista
per un giornale di partito, per quanto la reputi un’ attività pur sempre legittima,
figlia della nostra preziosa democrazia (risata)!
Tutte le volte che scrivo parto direttamente dalla mia coscienza personale e mi
soffermo su cose tangibili, dopo aver valutato attentamente i fatti. In sostanza,
parlo spontaneamente di ciò che conosco bene e in cui credo personalmente in
base all’ esperienza diretta. E, soprattutto, mi assumo la responsabilità di
quello che scrivo e pubblico, perché è esattamente ciò che mi pone all’ attenzione
della gente: sulle copertine dei miei libri e alla fine dei miei articoli c’ è
sempre il mio nome, di cui ho ovviamente cura.».
Sebbene
oggi sia l’ epoca dei computer e di internet, non ha voluto perdere l’ abitudine
di scrivere i suoi appunti e annotazioni a mano, che poi trascrive sul suo elaboratore,
con il quale procede allo sviluppo del testo e alla successiva trasmissione,
sostenendo di essere volontariamente rimasto legato a quella che chiama la
vecchia maniera: «Non ho mai demonizzato lo sviluppo materiale garantito dalle
innovazioni, perché credo che in loro assenza saremmo per forza destinati al
ristagno, quindi non andremmo da nessuna parte. Eppure, dobbiamo ammettere che
le vecchie abitudini non dovrebbero venire dimenticate tanto facilmente solo perché
si è imposta una nuova scoperta.». Scrivere a mano, aggiunge, è molto salutare,
rappresenta qualcosa di estremamente personale, e perdere l’ impiego della
calligrafia equivarrebbe a dimenticare sé stessi: «Ammetto che nonostante la
buona volontà non ho mai sviluppato una calligrafia decente, a scuola ero l’ incubo
sia della mia maestra elementare che dei professori, tanto alle medie quanto
alle superiori (risata)! Eppure scrivere
a mano mi piace molto, e lo faccio tutte le volte che si presenta l’ occasione:
stendo appunti per i miei libri e articoli, redigo biglietti per gli auguri
natalizi o di compleanno e le dediche sulle copie dei libri acquisite dai miei
lettori e così avanti.».
Alla
domanda circa il motivo per cui fa lo scrittore, Giacomo sorride rispondendo
che fin da piccolo si sente dire che ha molta fantasia e che parla e scrive
molto bene. Sorridendo con tono discreto, per nulla vanaglorioso, ricorda: «Quando avevo più o meno dieci anni non era raro che
la gente mi dicesse che avrei dovuto fare lo scrittore, e la mia stessa madre
mi ha a sua volta frequentemente incoraggiato, dandomi spesso pareri sulle
prime storie che scrivevo. Mi dava anche qualche suggerimento sulle cose a cui
avrei dovuto dare risalto e su quanto invece avrei fatto meglio ad omettere.». Quando gli si chiede se è legato ad uno dei suoi romanzi
in particolare, risponde con passione che ‘Fantasma del passato’ è il libro che
lo ha coinvolto di più in assoluto: «Sono molto
legato a tutto quello che scrivo e pubblico, perché ognuno dei miei testi è una
mia creazione, qualcosa di unico e irripetibile. Comunque, ‘Per i sentieri del
tempo’ è stato il primo libro che ho scritto, e ovviamente conserva un posto
speciale nel mio cuore, così come ‘Cuore di droide’, perché è il primo che ho
pubblicato. ‘Fantasma del passato’, che si basa sul grande mistero dell’
incidente di Roswell, che mi intriga fin da quando avevo appena dieci anni di età,
rappresenta un caso veramente a parte. Mentre me ne occupavo mi pareva di
tornare bambino, quando vidi in televisione, presso un canale della RAI, la celebre
trasmissione che mise in onda il filmato dell’ autopsia del cadavere alieno, che
poi venne smascherato come un falso. E, ovviamente, non facevo altro che domandarmi
cosa fosse avvenuto realmente nel Nuovo Messico nel 1947 e se siamo soli o meno
nelle infinite vastità dell’ universo.».
Per
lui, conclude, scrivere è proprio questo: trasmissione di precisi messaggi
adeguatamente pensati, riflessione costante sugli infiniti significati delle
cose, valutazione su quello che veramente conosciamo, conservazione della propria
coscienza in uno stato di attenzione ed equanimità nei confronti della vera natura
dell’ esistenza. Come aggiunge sorridendo: «Un’ attività meno ovvia ed astratta
di quanto pensano i profani, ma infinitamente interessante.».
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