Giacomo Ramella Pralungo |
Giacomo
Ramella Pralungo tiene in mano una copia di «Cuore di droide», libro di
fantascienza di sessantasei pagine, edito sia in formato cartaceo che elettronico da www.lulu.com, con un ampio sorriso.
Proprio non riesce a nascondere l’ emozione: «Sapete che effetto mi ha fatto
vederlo la prima volta, leggere il mio nome stampato sulla copertina?».
Sostiene che sia un po’ come tenere in braccio per la prima volta un figlio,
qualcosa scaturito dal suo essere, e che ha fatto crescere.
«Cuore
di droide» è la sua prima pubblicazione. Come ha avuto l’ idea?
«Nel
2012 scelsi di candidarmi al Premio Robot di Milano, un concorso letterario
annuale di genere fantastico e fantascientifico bandito dalla rivista
specializzata Robot, aderente alla casa editrice Delos Books, a cui si partecipa
con due racconti brevi. In conformità con il titolo di questo bando ho pensato
di scrivere due storie basate sui robot. Purtroppo non vinsi quell’ edizione,
ma divenni amico tramite posta elettronica del finalista, Dario Tonani, con cui
ebbi il grande piacere di complimentarmi. Siamo in contatto ancora oggi.
In
un secondo momento pensai che avrei potuto pubblicare comunque i due racconti,
‘Essere o non essere’ e ‘Il droide di Troia’, in un unico testo, in modo tale
da confermare l’ appassionante sforzo compiuto nelle settimane precedenti.
‘Cuore di droide’ nacque semplicemente così.».
La versione cartacea del libro; |
Lei
afferma sempre di scrivere una storia basandosi su precisi principi e considerazioni.
Di che cosa parla quindi in questo libro?
«Da
ragazzino ebbi l’ opportunità di seguire la serie cinematografica di
‘Terminator’, con Arnold Schwarzenegger nei panni di vari T-800, sofisticati
robot assassini, e il telefilm ‘Star Trek: The Next Generation’, con Brent
Spiner nella parte del tenente-comandante Data, un androide a immagine e
somiglianza dell’ uomo. Nella serie di ‘Terminator’, il tema dell’ intelligenza
artificiale assume toni negativi, altamente drammatici, poiché la storia si
basa sulla rivolta della macchina contro il genere umano, che spinge sull’ orlo
dell’ estinzione attraverso una mostruosa guerra nucleare, mentre in ‘Star
Trek: The Next Generation’ si basa su un certo ottimismo, dal momento che Data,
in grado di imparare, di capire e affrontare nuove situazioni, in altre parole
di evolversi, è affascinato dagli uomini tra cui vive e fa di tutto per essere
sempre più umano egli stesso.
In
‘Essere o non essere’ e ‘Il droide di Troia’ ho scelto proprio questi due temi:
nel primo racconto punto sul grande valore della natura umana, mentre nel
secondo parlo del pericolo della tecnologia militare, dotata di enorme potenza
ma fredda, priva di remore e sentimenti.».
In
sostanza, il testo rispecchia la sua idea di sviluppo tecnologico?
Il Terminator, protagonista di una fortunata serie di film; |
«Esatto.
Io ho sempre sostenuto che il progresso non sia mai da confondere con lo sviluppo
materiale, che ne è solamente una parte. Il progresso si fonda sullo sviluppo
interiore di una persona insieme a quello materiale. Lo sviluppo materiale
soltanto non basta, e possiamo nominarlo solo quando le nostre invenzioni si
rivelano utili e non nocive. Soprattutto, un’ invenzione di qualsiasi tipo deve
rimanere uno strumento nelle nostre mani. Che l’ essere umano non perda mai la
centralità nella propria esistenza!».
Può
anticiparci qualcosa sulla trama?
«‘Essere
o non essere’, il primo racconto, si ambienta nel 1993, nello Stato di New York.
La vicenda ruota attorno agli studi del professor Noriyuki Iwamatsu, grande
genio di cibernetica e robotica di discendenza giapponese formatosi alla
Columbia University. Dopo anni di ricerche è finalmente in grado di realizzare
il primo droide funzionante della storia, ma gli manca ancora uno schema
neuronale che faccia base al modello del cervello elettronico dell’ automa,
ragion per cui chiede a un suo giovane amico, Richard Flanagan, di scansionare
il suo encefalo. In un secondo momento, però, il dottor Kieran Cassidy, avido
capitalista e presidente di un colosso tecnologico di Newark, e vecchia
conoscenza del cibernetico nippoamericano, irrompe sulla scena per rubargli l’
invenzione e fare una fortuna.
‘Il
droide di Troia’ si svolge invece nel 1955, nel pieno della Guerra fredda.
Draga, droide militare costruito dai servizi segreti del pianeta Hōtonam, raggiunge
la Terra con il compito di distruggerla servendosi di una possente fonte di
energia, aumentandone gli effetti distruttivi tramite una massiccia dose di
minerale che custodisce nei propri sistemi. La sua capacità di assumere le
sembianze e le memorie altrui lo rende un avversario formidabile. La sua
presenza viene però scoperta dalla CIA e dalle spie del KGB sul suolo
statunitense, e inizia una caccia serrata per catturarlo e verificarne la
provenienza, in quanto entrambi gli schieramenti lo ritengono un’ arma
sviluppata dal blocco nemico. La CIA scarcera il capitano Raymond Laurel,
internato a Fort Leavenworth per aver provocato la morte della propria squadra
nel tentativo di uccidere alcune spie sovietiche durante una missione segreta
in Europa orientale, e gli promette il condono della pena e la riammissione
nell’ esercito se riuscirà a fermare e catturare Draga, diretto all’
installazione dove è custodito l’ apocalittico ordigno al cobalto realizzato
dal Progetto Manhattan, a cui lo stesso Laurel ha partecipato, ma senza
ucciderlo. Lo scontro si rivelerà durissimo, e il capitano conterà a sorpresa
sull’ aiuto del caporale Aleksej Sedov, dei servizi segreti sovietici.».
Droide
è un termine più insolito di ‘automa’, ‘robot’ o ‘androide’.
«E’
vero. Sono poche le opere di fantascienza in cui viene citato, tra cui quella
di ‘Guerre stellari’. Durante le mie ricerche, comunque, ho scoperto che sul
piano tecnico e di programmazione si pone a metà strada tra il robot e l’
androide. Il termine mi ha affascinato, e ho pensato di utilizzarlo in questa
narrazione pur attribuendogli caratteristiche più proprie dell’ androide.».
E’
vero che lei è contrario alle intelligenze artificiali?
Data, personaggio dell' universo di Star Trek; |
«Oh
sì, assolutamente! Come dicevo prima, io attribuisco un netto primato all’
essere umano. L’ uomo e la donna hanno in sé tutto quello che occorre, e
secondo il parere di alcuni valenti scienziati evoluzionisti dobbiamo ancora
maturare moltissime abilità mentali e fisiche. In noi esistono dimensioni che
nemmeno immaginiamo e che attendono di essere scoperte, quindi credo che
anziché elucubrare come matti sullo sviluppo delle intelligenze artificiali
dovremmo impegnarci tanto di più a migliorare noi stessi. La vera tecnologia da
studiare siamo noi stessi! Un mondo di uomini e robot? Pura follia, per carità (risata)!».
Eppure
ha espresso posizioni molto più aperte circa l’ impiego di protesi artificiali,
come mani, braccia e gambe.
«Sì,
certamente. Componenti tecniche del genere compensano una menomazione, e
soprattutto rispondono direttamente al nostro cervello, alla nostra volontà. Un’
intelligenza artificiale invece è autonoma e indipendente, ha una volontà
intrinseca: è proprio quello che mi spaventa.».
Ritiene
possibile arrivare un giorno a forme di vita artificiale come i T-800 e il
tenente-comandante Data?
«A
dispetto delle intense ricerche credo proprio di no. Prima dovremmo conoscere i
meccanismi del nostro cervello e della nostra mente, ma oggi ci sfuggono ancora
molti concetti fondamentali in materia. Ma anche se un giorno riuscissimo ad
averne una conoscenza totale ritengo improbabile che si possano riprodurre le
dinamiche di un cervello biologico in uno elettronico. Lasciamo le macchine ai
libri di fantascienza (risata)!».
Grazie.
«Grazie
a lei.».
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