giovedì 26 gennaio 2017

Conversando su «Cuore di droide»

Giacomo Ramella Pralungo

Giacomo Ramella Pralungo tiene in mano una copia di «Cuore di droide», libro di fantascienza di sessantasei pagine, edito sia in formato cartaceo che elettronico da www.lulu.com, con un ampio sorriso. Proprio non riesce a nascondere l’ emozione: «Sapete che effetto mi ha fatto vederlo la prima volta, leggere il mio nome stampato sulla copertina?». Sostiene che sia un po’ come tenere in braccio per la prima volta un figlio, qualcosa scaturito dal suo essere, e che ha fatto crescere.

«Cuore di droide» è la sua prima pubblicazione. Come ha avuto l’ idea?

«Nel 2012 scelsi di candidarmi al Premio Robot di Milano, un concorso letterario annuale di genere fantastico e fantascientifico bandito dalla rivista specializzata Robot, aderente alla casa editrice Delos Books, a cui si partecipa con due racconti brevi. In conformità con il titolo di questo bando ho pensato di scrivere due storie basate sui robot. Purtroppo non vinsi quell’ edizione, ma divenni amico tramite posta elettronica del finalista, Dario Tonani, con cui ebbi il grande piacere di complimentarmi. Siamo in contatto ancora oggi.
In un secondo momento pensai che avrei potuto pubblicare comunque i due racconti, ‘Essere o non essere’ e ‘Il droide di Troia’, in un unico testo, in modo tale da confermare l’ appassionante sforzo compiuto nelle settimane precedenti. ‘Cuore di droide’ nacque semplicemente così.».
La versione cartacea del libro;

Lei afferma sempre di scrivere una storia basandosi su precisi principi e considerazioni. Di che cosa parla quindi in questo libro?

«Da ragazzino ebbi l’ opportunità di seguire la serie cinematografica di ‘Terminator’, con Arnold Schwarzenegger nei panni di vari T-800, sofisticati robot assassini, e il telefilm ‘Star Trek: The Next Generation’, con Brent Spiner nella parte del tenente-comandante Data, un androide a immagine e somiglianza dell’ uomo. Nella serie di ‘Terminator’, il tema dell’ intelligenza artificiale assume toni negativi, altamente drammatici, poiché la storia si basa sulla rivolta della macchina contro il genere umano, che spinge sull’ orlo dell’ estinzione attraverso una mostruosa guerra nucleare, mentre in ‘Star Trek: The Next Generation’ si basa su un certo ottimismo, dal momento che Data, in grado di imparare, di capire e affrontare nuove situazioni, in altre parole di evolversi, è affascinato dagli uomini tra cui vive e fa di tutto per essere sempre più umano egli stesso.
In ‘Essere o non essere’ e ‘Il droide di Troia’ ho scelto proprio questi due temi: nel primo racconto punto sul grande valore della natura umana, mentre nel secondo parlo del pericolo della tecnologia militare, dotata di enorme potenza ma fredda, priva di remore e sentimenti.».

In sostanza, il testo rispecchia la sua idea di sviluppo tecnologico?
Il Terminator, protagonista di una fortunata serie di film;

«Esatto. Io ho sempre sostenuto che il progresso non sia mai da confondere con lo sviluppo materiale, che ne è solamente una parte. Il progresso si fonda sullo sviluppo interiore di una persona insieme a quello materiale. Lo sviluppo materiale soltanto non basta, e possiamo nominarlo solo quando le nostre invenzioni si rivelano utili e non nocive. Soprattutto, un’ invenzione di qualsiasi tipo deve rimanere uno strumento nelle nostre mani. Che l’ essere umano non perda mai la centralità nella propria esistenza!».

Può anticiparci qualcosa sulla trama?
Il formato elettronico del libro;

«‘Essere o non essere’, il primo racconto, si ambienta nel 1993, nello Stato di New York. La vicenda ruota attorno agli studi del professor Noriyuki Iwamatsu, grande genio di cibernetica e robotica di discendenza giapponese formatosi alla Columbia University. Dopo anni di ricerche è finalmente in grado di realizzare il primo droide funzionante della storia, ma gli manca ancora uno schema neuronale che faccia base al modello del cervello elettronico dell’ automa, ragion per cui chiede a un suo giovane amico, Richard Flanagan, di scansionare il suo encefalo. In un secondo momento, però, il dottor Kieran Cassidy, avido capitalista e presidente di un colosso tecnologico di Newark, e vecchia conoscenza del cibernetico nippoamericano, irrompe sulla scena per rubargli l’ invenzione e fare una fortuna.
‘Il droide di Troia’ si svolge invece nel 1955, nel pieno della Guerra fredda. Draga, droide militare costruito dai servizi segreti del pianeta Hōtonam, raggiunge la Terra con il compito di distruggerla servendosi di una possente fonte di energia, aumentandone gli effetti distruttivi tramite una massiccia dose di minerale che custodisce nei propri sistemi. La sua capacità di assumere le sembianze e le memorie altrui lo rende un avversario formidabile. La sua presenza viene però scoperta dalla CIA e dalle spie del KGB sul suolo statunitense, e inizia una caccia serrata per catturarlo e verificarne la provenienza, in quanto entrambi gli schieramenti lo ritengono un’ arma sviluppata dal blocco nemico. La CIA scarcera il capitano Raymond Laurel, internato a Fort Leavenworth per aver provocato la morte della propria squadra nel tentativo di uccidere alcune spie sovietiche durante una missione segreta in Europa orientale, e gli promette il condono della pena e la riammissione nell’ esercito se riuscirà a fermare e catturare Draga, diretto all’ installazione dove è custodito l’ apocalittico ordigno al cobalto realizzato dal Progetto Manhattan, a cui lo stesso Laurel ha partecipato, ma senza ucciderlo. Lo scontro si rivelerà durissimo, e il capitano conterà a sorpresa sull’ aiuto del caporale Aleksej Sedov, dei servizi segreti sovietici.».

Droide è un termine più insolito di ‘automa’, ‘robot’ o ‘androide’.

«E’ vero. Sono poche le opere di fantascienza in cui viene citato, tra cui quella di ‘Guerre stellari’. Durante le mie ricerche, comunque, ho scoperto che sul piano tecnico e di programmazione si pone a metà strada tra il robot e l’ androide. Il termine mi ha affascinato, e ho pensato di utilizzarlo in questa narrazione pur attribuendogli caratteristiche più proprie dell’ androide.».

E’ vero che lei è contrario alle intelligenze artificiali?
Data, personaggio dell' universo di Star Trek;

«Oh sì, assolutamente! Come dicevo prima, io attribuisco un netto primato all’ essere umano. L’ uomo e la donna hanno in sé tutto quello che occorre, e secondo il parere di alcuni valenti scienziati evoluzionisti dobbiamo ancora maturare moltissime abilità mentali e fisiche. In noi esistono dimensioni che nemmeno immaginiamo e che attendono di essere scoperte, quindi credo che anziché elucubrare come matti sullo sviluppo delle intelligenze artificiali dovremmo impegnarci tanto di più a migliorare noi stessi. La vera tecnologia da studiare siamo noi stessi! Un mondo di uomini e robot? Pura follia, per carità (risata)!».

Eppure ha espresso posizioni molto più aperte circa l’ impiego di protesi artificiali, come mani, braccia e gambe.

«Sì, certamente. Componenti tecniche del genere compensano una menomazione, e soprattutto rispondono direttamente al nostro cervello, alla nostra volontà. Un’ intelligenza artificiale invece è autonoma e indipendente, ha una volontà intrinseca: è proprio quello che mi spaventa.».

Ritiene possibile arrivare un giorno a forme di vita artificiale come i T-800 e il tenente-comandante Data?

«A dispetto delle intense ricerche credo proprio di no. Prima dovremmo conoscere i meccanismi del nostro cervello e della nostra mente, ma oggi ci sfuggono ancora molti concetti fondamentali in materia. Ma anche se un giorno riuscissimo ad averne una conoscenza totale ritengo improbabile che si possano riprodurre le dinamiche di un cervello biologico in uno elettronico. Lasciamo le macchine ai libri di fantascienza (risata)!».

Grazie.


«Grazie a lei.».

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