Giacomo
Ramella Pralungo ama molto leggere e seguire i notiziari. In più occasioni ha sottolineato
l’ importanza della lettura nel suo sviluppo come persona e nella sua attività
di autore, mentre apprendere le notizie sia dall’ Italia che dall’ estero lo
aiutano a mantenere un certo legame con il mondo circostante: talvolta ha
persino sviluppato alcune idee per le sue narrazioni proprio partendo da
particolari fatti di cronaca.
Ritiene
che i mezzi di comunicazione di massa siano una delle più nobili conquiste del
genere umano, e manifesta idee molto precise in proposito: «Hanno un potere
immenso, in grado di influenzare la gente promuovendo un’ idea piuttosto che
un’ altra, quindi l’ uso o l’ abuso di questo potere assume un’ importanza fondamentale:
verrà usato per il bene di tutti oppure per fini personali, più manipolatori? E’
un quesito su cui prima o poi tutti dobbiamo riflettere, dal momento che vi è
un confine molto sottile che ci indica quanto di quello che facciamo e avviene
sia giusto oppure no, e quando invece ci trasforma in despoti delle menti
altrui.».
I
mezzi di comunicazione di massa sono ormai una realtà familiare a tutti noi,
con i loro numerosi vantaggi.
«E’ vero, peraltro
oggi sono praticamente alla portata di ciascuno, in ogni parte del mondo o
quasi. In Occidente abbiamo tutti una radio, un televisore, leggiamo i giornali
e, soprattutto, disponiamo di un computer con cui accediamo alla rete
informatica. In un contesto del genere l’ informazione è disponibile in
abbondanza, a beneficio di tutti, eppure non sempre viene ricevuta e compresa
come si dovrebbe: il più delle volte leggiamo il giornale o seguiamo il
notiziario televisivo o radiofonico senza davvero riflettere sulle notizie,
oppure pendiamo dalle labbra di chi che le diffonde semplicemente perché si
tratta di una famosa e carismatica. Peraltro, oggi noi stessi possiamo
impiegare facilmente i mezzi di comunicazione per trasmettere informazioni: io
dico sempre che sia un bene, ma non tutti ce ne serviamo come dovremmo. Non è
una novità che i mezzi di comunicazione vengano usati per distorcere
determinate informazioni o addirittura per crearne di false, manipolando a
piacimento l’ opinione pubblica. In condizioni del genere si esercita un potere
distruttivo ben superiore a quello di qualsiasi arma, tanto che un noto
proverbio buddhista sostiene che una buona parola tenga un asino inchiodato a
un palo per cento anni.».
Proprio
di recente lei ha pubblicato un articolo in cui ha denunciato un utilizzo
nocivo dei mezzi di comunicazione di massa.
«Sì, occupandomi in modo particolare del
fenomeno di certa satira inaccettabile in ‘Le vignette sui migranti e la
soluzione finale nazista’, pezzo uscito lo scorso martedì 1 agosto su News Biella.
Ho chiaramente affermato che il problema non sta nella facilità con cui oggi accediamo
ai mezzi di comunicazione, ma nell’ atteggiamento mentale con cui lo facciamo e
nelle nostre motivazioni. La satira rappresenta una forma di comunicazione
particolarmente seguita, e trasmettere informazioni è una cosa molto seria,
perché consente di diffondere idee e concetti, quindi occorre riflettere con
estrema attenzione su tutto quello che sentiamo di dover divulgare, e sul modo
in cui vogliamo farlo.».
Un
discorso in cui rientra anche il famoso articolo sul lato oscuro della
resistenza partigiana.
«Esatto.
Lo scorso 21 febbraio, con ‘Gli eccessi oscurati dell’ azione partigiana’,
uscito su ‘Il Biellese’, ho affrontato il tema delle omissioni con cui un’ ala della
nostra politica nazionale ha voluto ritoccare un periodo piuttosto turbolento e
delicato della nostra storia recente, alleggerendolo: un bell’ esempio di uso
improprio dei mezzi di comunicazione. In pratica ho sostenuto che tra i
partigiani vi furono alcuni criminali che tra il 1943 e il 1945, in certi casi
addirittura negli anni seguenti, approfittarono della confusione e dello
scompiglio dell’ epoca per concedersi regolamenti di conti e rivalse personali
o ideologiche, non connesse alla guerra. Ho anche citato determinati episodi
clamorosi avvenuti in territorio biellese. L’ ANPI di Biella si è sentita in
dovere di rispondermi bollandomi come revisionista privo di senso storico,
nella convinzione che stessi infangando a priori l’ intera Resistenza, eppure
denunciare le mele marce, responsabili di determinati episodi poco edificanti
che ancora oggi i nostri anziani ricordano, non significa affermare che l’
intero cestino sia da buttare via o che la pianta stessa sia ammalata e quindi
da abbattere, ma contribuire a trasmettere un quadro più completo e veritiero.
Peraltro, alcuni miei parenti materni furono partigiani (risata)! Potrei schierarmi davvero contro la Resistenza, quella
vera (risata)?».
Oggi
il problema delle false notizie e della disinformazione non è mai stato tanto
elevato.
«Direi
che la rete informatica ha contribuito notevolmente ad aggravare il fenomeno.
Per quanto riguarda radio, televisioni, giornali e libri la questione riguarda
più che altro le rispettive redazioni e gruppi editoriali, che scelgono una
certa linea divulgativa in base a determinati criteri, talvolta persino di
natura politica. In rete, invece, vige una certa difficoltà di controllo, e
moltissima gente diffonde informazioni liberamente distorte o inventate di sana
pianta che trovano sempre un certo seguito. Da qualche tempo, ad esempio, è in
atto un animato dibattito sulla pericolosità dei vaccini, tacciati di provocare
svariate patologie tra cui l’ autismo: è un esempio lampante di disinformazione,
promossa da fonti assolutamente inaffidabili, e purtroppo scienziati e medici
pienamente qualificati stanno tuttora faticando a rassicurare la popolazione
pur esibendo dati e prove del tutto concreti!».
E’
possibile che la responsabilità di questo malsano fenomeno sia non solo dei
mittenti, ma anche dei riceventi?
«Assolutamente
sì! Dietro ad ogni notizia che viene colta, trasmessa e ricevuta vi sono un’
infinità di persone attivamente coinvolte in ogni singolo passaggio,
esattamente come accade nella produzione del tè in Asia e nella sua
distribuzione nel resto del mondo: si coltiva la pianta, si raccolgono le
foglie verdi, le si fanno appassire, arrotolare, fermentare ed essiccare fino
alla selezione finale. Poi si preparano le bustine e le scatole, le si comprano
e vendono più volte di nazione in nazione e di continente in continente finché
vengono acquisite dagli amanti della bevanda, che la gustano nella tazza con
limone o latte, oppure al naturale. Allo stesso modo, il pubblico fa parte del
fenomeno della trasmissione delle notizie in quanto parte ricevente, e ha l’
importante compito di rifletterci sopra, senza pendere dalle labbra dei
mittenti. Un pubblico passivo e credulone che abbocca a qualsiasi cosa venga
diffusa dai mezzi di comunicazione di massa finisce presto o tardi per subire
un lavaggio del cervello da cui nascono sempre un mucchio di guai, ecco perché
è importante tenere sveglia la nostra coscienza scettica e indagatrice. Proprio
come disse il Buddha nel Kalama Sutta, uno dei suoi più noti e importanti insegnamenti,
che di tanto in tanto mi piace rileggere: ‘Non credete a niente perché ne hanno
parlato e chiacchierato in molti. Non credete semplicemente perché vengono
mostrate le dichiarazioni scritte di qualche vecchio saggio. Non credete alle
congetture. Non credete come una verità ciò a cui vi siete legati per
abitudine. Non credete semplicemente all’ autorità dei vostri maestri e degli
anziani. Dopo l’ osservazione e l’ analisi, quando concorda con la ragione e
conduce al bene e al beneficio di tutti, solo allora accettatelo, e vivete
secondo i suoi principi.’.».
Appare
curiosa la tendenza con cui si privilegiano le cattive notizie.
«Ha
ragione, io stesso non ricordo di aver trascorso un solo giorno della mia vita
senza che alle mie orecchie sia giunta una brutta notizia. La cronaca nera ha
sempre catturato moltissimo l’ attenzione del pubblico: ogni volta che si
verifica un assassinio, un furto, un atto vandalico piuttosto che un episodio
di corruzione o un grave incidente non si parla d’ altro per lungo tempo. Io
penso che sia dovuto proprio alla natura deplorevole di certe azioni: uccidere,
rubare, danneggiare le cose altrui, offrire denaro o qualche favore in cambio
di qualcosa e così avanti sono atti ingiusti che devono essere condannati,
mentre disgrazie e disastri ambientali sono un richiamo alla nostra
vulnerabilità. Per contro, alle buone notizie, come la realizzazione di un’
opera di pubblica utilità, il salvataggio di una vita o gli aiuti ai meno
fortunati viene sempre concessa un’ attenzione nettamente inferiore, quando balzano
agli onori della cronaca. In questo modo si rischia di indurre la gente a
credere che nel mondo avvengano soprattutto brutte vicende, incoraggiandola a
perdere la fiducia nel prossimo, a guardarsi attorno con un costante sentimento
di diffidenza e pericolo imminente.».
La
scrittura in particolare ha un grande potere, perché permette alle informazioni
di durare a lungo nel tempo.
«Certo,
infatti il sapere antico e le idee dei grandi saggi del passato sono giunti
sino a noi proprio perché vennero messi per iscritto. Le ‘Storie’ di Erodoto,
ad esempio, sono la prima opera storiografica occidentale, e si distinguono per
il fatto di essere uno dei primi resoconti dell’ ascesa dell’ Impero persiano e
delle guerre con le città-stato greche. Il pensiero di grandi menti quali ad
esempio Socrate, Platone e Aristotele sopravvissero nei secoli venendo scritte
e poi tradotte in varie lingue. In modo particolare, i bizantini preservarono
le opere scritte nell’ antichità, coltivandole incessantemente, e nell’ ultimo
secolo di vita del loro impero molti loro grammatici si trasferirono in Italia contribuendo
alla loro riscoperta e all’ inizio del Rinascimento. Anche in ambito religioso
la via indicata da Mosè, dal Buddha, da Gesù, da Maometto e così via si
trasmisero dettagliatamente da una generazione a un’ altra in forma scritta.».
I
mezzi di comunicazione di massa esercitano un potere immenso, influendo sull’
opinione pubblica: esistono persino riviste dedite al pettegolezzo, molto
seguite…
«Stiamo
parlando di strumenti certamente potenti, in grado di arrivare velocemente in
ogni parte del mondo e stimolando riflessioni, ma ricordiamoci che dietro di
essi ci sono sempre e comunque le persone: i giornali non si stampano e non
raggiungono le edicole da soli, e i notiziari radiofonici e televisivi non
ricevono e non trasmettono alcuna informazione senza una redazione. L’ uso e l’
abuso dei mezzi di comunicazione di massa dipende solo da noi, ecco perché la
responsabilità di apprendere e riferire le cose con animo equanime, con tutte
le relative conseguenze, ricade sempre e comunque sulle nostre spalle. Per
esempio, io ritengo positivo che le persone importanti come i governanti, gli
imprenditori e, perché no, le guide religiose siano costantemente tenute d’
occhio, ma i giornalisti dovrebbero parlare di loro con atteggiamento
costantemente imparziale, evitando di screditare soltanto la parte avversa al
loro orientamento politico. L’ opinione pubblica non è difficile da manipolare
quando si sa come farlo, ma la verità rimane pur sempre la verità, e l’
esperienza insegna che non la si può nascondere a lungo, salvo rare eccezioni.
Quanto alle riviste dedite al pettegolezzo credo semplicemente che leggere
simili scempiaggini a volte sia una mera distrazione, ma quasi sempre mi pare
una perdita di tempo bella e buona: meglio una tazza di Prince of Wales o di Earl
Grey con un bel libro davanti al caminetto, anche a costo di apparire come
vecchi noiosi (risata)!».
Qual
è il suo atteggiamento quando scrive e pubblica un libro o un articolo?
«Ogni
mio libro e articolo è un mezzo con cui riesco a raggiungere le altre persone, esponendo
fatti ed esprimendo idee. Tutte le volte che presento qualcosa mi espongo all’
opinione pubblica, perché i miei testi raggiungono un pubblico di menti
pensanti, pertanto mentre scrivo rifletto sempre con grande attenzione su
quello che voglio enunciare e su come è meglio che mi esprima, scegliendo con
cura persino le singole parole. Alcuni parlano o scrivono molto senza però dire
granché, e anche questo andrebbe evitato. Sandra Mondaini disse che gli attori
possono entrare nelle case altrui senza suonare il campanello, e che in
particolare quelli della sua generazione lo facevano con la cravatta e con
garbo: allo stesso modo io non voglio passare per uno che fa le cose tanto per
fare, piuttosto cerco sempre di fare un uso cosciente e attento dei mezzi a mia
disposizione per confrontarmi al meglio con la realtà di cui sono parte.».
Grazie
per il suo intervento.
«Grazie
a lei, per me è sempre un vero piacere.».
Nessun commento:
Posta un commento