lunedì 14 agosto 2017

Il potere e l’ abuso dei mezzi di comunicazione di massa


Giacomo Ramella Pralungo ama molto leggere e seguire i notiziari. In più occasioni ha sottolineato l’ importanza della lettura nel suo sviluppo come persona e nella sua attività di autore, mentre apprendere le notizie sia dall’ Italia che dall’ estero lo aiutano a mantenere un certo legame con il mondo circostante: talvolta ha persino sviluppato alcune idee per le sue narrazioni proprio partendo da particolari fatti di cronaca.
Ritiene che i mezzi di comunicazione di massa siano una delle più nobili conquiste del genere umano, e manifesta idee molto precise in proposito: «Hanno un potere immenso, in grado di influenzare la gente promuovendo un’ idea piuttosto che un’ altra, quindi l’ uso o l’ abuso di questo potere assume un’ importanza fondamentale: verrà usato per il bene di tutti oppure per fini personali, più manipolatori? E’ un quesito su cui prima o poi tutti dobbiamo riflettere, dal momento che vi è un confine molto sottile che ci indica quanto di quello che facciamo e avviene sia giusto oppure no, e quando invece ci trasforma in despoti delle menti altrui.».

I mezzi di comunicazione di massa sono ormai una realtà familiare a tutti noi, con i loro numerosi vantaggi.

«E’ vero, peraltro oggi sono praticamente alla portata di ciascuno, in ogni parte del mondo o quasi. In Occidente abbiamo tutti una radio, un televisore, leggiamo i giornali e, soprattutto, disponiamo di un computer con cui accediamo alla rete informatica. In un contesto del genere l’ informazione è disponibile in abbondanza, a beneficio di tutti, eppure non sempre viene ricevuta e compresa come si dovrebbe: il più delle volte leggiamo il giornale o seguiamo il notiziario televisivo o radiofonico senza davvero riflettere sulle notizie, oppure pendiamo dalle labbra di chi che le diffonde semplicemente perché si tratta di una famosa e carismatica. Peraltro, oggi noi stessi possiamo impiegare facilmente i mezzi di comunicazione per trasmettere informazioni: io dico sempre che sia un bene, ma non tutti ce ne serviamo come dovremmo. Non è una novità che i mezzi di comunicazione vengano usati per distorcere determinate informazioni o addirittura per crearne di false, manipolando a piacimento l’ opinione pubblica. In condizioni del genere si esercita un potere distruttivo ben superiore a quello di qualsiasi arma, tanto che un noto proverbio buddhista sostiene che una buona parola tenga un asino inchiodato a un palo per cento anni.».

Proprio di recente lei ha pubblicato un articolo in cui ha denunciato un utilizzo nocivo dei mezzi di comunicazione di massa.

«Sì, occupandomi in modo particolare del fenomeno di certa satira inaccettabile in ‘Le vignette sui migranti e la soluzione finale nazista’, pezzo uscito lo scorso martedì 1 agosto su News Biella. Ho chiaramente affermato che il problema non sta nella facilità con cui oggi accediamo ai mezzi di comunicazione, ma nell’ atteggiamento mentale con cui lo facciamo e nelle nostre motivazioni. La satira rappresenta una forma di comunicazione particolarmente seguita, e trasmettere informazioni è una cosa molto seria, perché consente di diffondere idee e concetti, quindi occorre riflettere con estrema attenzione su tutto quello che sentiamo di dover divulgare, e sul modo in cui vogliamo farlo.».

Un discorso in cui rientra anche il famoso articolo sul lato oscuro della resistenza partigiana.

«Esatto. Lo scorso 21 febbraio, con ‘Gli eccessi oscurati dell’ azione partigiana’, uscito su ‘Il Biellese’, ho affrontato il tema delle omissioni con cui un’ ala della nostra politica nazionale ha voluto ritoccare un periodo piuttosto turbolento e delicato della nostra storia recente, alleggerendolo: un bell’ esempio di uso improprio dei mezzi di comunicazione. In pratica ho sostenuto che tra i partigiani vi furono alcuni criminali che tra il 1943 e il 1945, in certi casi addirittura negli anni seguenti, approfittarono della confusione e dello scompiglio dell’ epoca per concedersi regolamenti di conti e rivalse personali o ideologiche, non connesse alla guerra. Ho anche citato determinati episodi clamorosi avvenuti in territorio biellese. L’ ANPI di Biella si è sentita in dovere di rispondermi bollandomi come revisionista privo di senso storico, nella convinzione che stessi infangando a priori l’ intera Resistenza, eppure denunciare le mele marce, responsabili di determinati episodi poco edificanti che ancora oggi i nostri anziani ricordano, non significa affermare che l’ intero cestino sia da buttare via o che la pianta stessa sia ammalata e quindi da abbattere, ma contribuire a trasmettere un quadro più completo e veritiero. Peraltro, alcuni miei parenti materni furono partigiani (risata)! Potrei schierarmi davvero contro la Resistenza, quella vera (risata)?».

Oggi il problema delle false notizie e della disinformazione non è mai stato tanto elevato.

«Direi che la rete informatica ha contribuito notevolmente ad aggravare il fenomeno. Per quanto riguarda radio, televisioni, giornali e libri la questione riguarda più che altro le rispettive redazioni e gruppi editoriali, che scelgono una certa linea divulgativa in base a determinati criteri, talvolta persino di natura politica. In rete, invece, vige una certa difficoltà di controllo, e moltissima gente diffonde informazioni liberamente distorte o inventate di sana pianta che trovano sempre un certo seguito. Da qualche tempo, ad esempio, è in atto un animato dibattito sulla pericolosità dei vaccini, tacciati di provocare svariate patologie tra cui l’ autismo: è un esempio lampante di disinformazione, promossa da fonti assolutamente inaffidabili, e purtroppo scienziati e medici pienamente qualificati stanno tuttora faticando a rassicurare la popolazione pur esibendo dati e prove del tutto concreti!».

E’ possibile che la responsabilità di questo malsano fenomeno sia non solo dei mittenti, ma anche dei riceventi?

«Assolutamente sì! Dietro ad ogni notizia che viene colta, trasmessa e ricevuta vi sono un’ infinità di persone attivamente coinvolte in ogni singolo passaggio, esattamente come accade nella produzione del tè in Asia e nella sua distribuzione nel resto del mondo: si coltiva la pianta, si raccolgono le foglie verdi, le si fanno appassire, arrotolare, fermentare ed essiccare fino alla selezione finale. Poi si preparano le bustine e le scatole, le si comprano e vendono più volte di nazione in nazione e di continente in continente finché vengono acquisite dagli amanti della bevanda, che la gustano nella tazza con limone o latte, oppure al naturale. Allo stesso modo, il pubblico fa parte del fenomeno della trasmissione delle notizie in quanto parte ricevente, e ha l’ importante compito di rifletterci sopra, senza pendere dalle labbra dei mittenti. Un pubblico passivo e credulone che abbocca a qualsiasi cosa venga diffusa dai mezzi di comunicazione di massa finisce presto o tardi per subire un lavaggio del cervello da cui nascono sempre un mucchio di guai, ecco perché è importante tenere sveglia la nostra coscienza scettica e indagatrice. Proprio come disse il Buddha nel Kalama Sutta, uno dei suoi più noti e importanti insegnamenti, che di tanto in tanto mi piace rileggere: ‘Non credete a niente perché ne hanno parlato e chiacchierato in molti. Non credete semplicemente perché vengono mostrate le dichiarazioni scritte di qualche vecchio saggio. Non credete alle congetture. Non credete come una verità ciò a cui vi siete legati per abitudine. Non credete semplicemente all’ autorità dei vostri maestri e degli anziani. Dopo l’ osservazione e l’ analisi, quando concorda con la ragione e conduce al bene e al beneficio di tutti, solo allora accettatelo, e vivete secondo i suoi principi.’.».

Appare curiosa la tendenza con cui si privilegiano le cattive notizie.

«Ha ragione, io stesso non ricordo di aver trascorso un solo giorno della mia vita senza che alle mie orecchie sia giunta una brutta notizia. La cronaca nera ha sempre catturato moltissimo l’ attenzione del pubblico: ogni volta che si verifica un assassinio, un furto, un atto vandalico piuttosto che un episodio di corruzione o un grave incidente non si parla d’ altro per lungo tempo. Io penso che sia dovuto proprio alla natura deplorevole di certe azioni: uccidere, rubare, danneggiare le cose altrui, offrire denaro o qualche favore in cambio di qualcosa e così avanti sono atti ingiusti che devono essere condannati, mentre disgrazie e disastri ambientali sono un richiamo alla nostra vulnerabilità. Per contro, alle buone notizie, come la realizzazione di un’ opera di pubblica utilità, il salvataggio di una vita o gli aiuti ai meno fortunati viene sempre concessa un’ attenzione nettamente inferiore, quando balzano agli onori della cronaca. In questo modo si rischia di indurre la gente a credere che nel mondo avvengano soprattutto brutte vicende, incoraggiandola a perdere la fiducia nel prossimo, a guardarsi attorno con un costante sentimento di diffidenza e pericolo imminente.».

La scrittura in particolare ha un grande potere, perché permette alle informazioni di durare a lungo nel tempo.

«Certo, infatti il sapere antico e le idee dei grandi saggi del passato sono giunti sino a noi proprio perché vennero messi per iscritto. Le ‘Storie’ di Erodoto, ad esempio, sono la prima opera storiografica occidentale, e si distinguono per il fatto di essere uno dei primi resoconti dell’ ascesa dell’ Impero persiano e delle guerre con le città-stato greche. Il pensiero di grandi menti quali ad esempio Socrate, Platone e Aristotele sopravvissero nei secoli venendo scritte e poi tradotte in varie lingue. In modo particolare, i bizantini preservarono le opere scritte nell’ antichità, coltivandole incessantemente, e nell’ ultimo secolo di vita del loro impero molti loro grammatici si trasferirono in Italia contribuendo alla loro riscoperta e all’ inizio del Rinascimento. Anche in ambito religioso la via indicata da Mosè, dal Buddha, da Gesù, da Maometto e così via si trasmisero dettagliatamente da una generazione a un’ altra in forma scritta.».

I mezzi di comunicazione di massa esercitano un potere immenso, influendo sull’ opinione pubblica: esistono persino riviste dedite al pettegolezzo, molto seguite…

«Stiamo parlando di strumenti certamente potenti, in grado di arrivare velocemente in ogni parte del mondo e stimolando riflessioni, ma ricordiamoci che dietro di essi ci sono sempre e comunque le persone: i giornali non si stampano e non raggiungono le edicole da soli, e i notiziari radiofonici e televisivi non ricevono e non trasmettono alcuna informazione senza una redazione. L’ uso e l’ abuso dei mezzi di comunicazione di massa dipende solo da noi, ecco perché la responsabilità di apprendere e riferire le cose con animo equanime, con tutte le relative conseguenze, ricade sempre e comunque sulle nostre spalle. Per esempio, io ritengo positivo che le persone importanti come i governanti, gli imprenditori e, perché no, le guide religiose siano costantemente tenute d’ occhio, ma i giornalisti dovrebbero parlare di loro con atteggiamento costantemente imparziale, evitando di screditare soltanto la parte avversa al loro orientamento politico. L’ opinione pubblica non è difficile da manipolare quando si sa come farlo, ma la verità rimane pur sempre la verità, e l’ esperienza insegna che non la si può nascondere a lungo, salvo rare eccezioni. Quanto alle riviste dedite al pettegolezzo credo semplicemente che leggere simili scempiaggini a volte sia una mera distrazione, ma quasi sempre mi pare una perdita di tempo bella e buona: meglio una tazza di Prince of Wales o di Earl Grey con un bel libro davanti al caminetto, anche a costo di apparire come vecchi noiosi (risata)!».

Qual è il suo atteggiamento quando scrive e pubblica un libro o un articolo?

«Ogni mio libro e articolo è un mezzo con cui riesco a raggiungere le altre persone, esponendo fatti ed esprimendo idee. Tutte le volte che presento qualcosa mi espongo all’ opinione pubblica, perché i miei testi raggiungono un pubblico di menti pensanti, pertanto mentre scrivo rifletto sempre con grande attenzione su quello che voglio enunciare e su come è meglio che mi esprima, scegliendo con cura persino le singole parole. Alcuni parlano o scrivono molto senza però dire granché, e anche questo andrebbe evitato. Sandra Mondaini disse che gli attori possono entrare nelle case altrui senza suonare il campanello, e che in particolare quelli della sua generazione lo facevano con la cravatta e con garbo: allo stesso modo io non voglio passare per uno che fa le cose tanto per fare, piuttosto cerco sempre di fare un uso cosciente e attento dei mezzi a mia disposizione per confrontarmi al meglio con la realtà di cui sono parte.».

Grazie per il suo intervento.

«Grazie a lei, per me è sempre un vero piacere.».

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