Giacomo
Ramella Pralungo ama molto riflettere sul valore della tradizione e di quello
dell’ innovazione in ogni contesto della vita, non solo nella quotidianità ma
anche nella sua attività di autore di fantascienza: «Forse è proprio per questo
che mi sento particolarmente attratto dal genere fantascientifico: tramite le
sue storie si esplora in modo particolarmente approfondito il concetto di
evoluzione, e si ragiona su quanto del nostro passato sia bene conservare in
mescolanza con le esigenze del nostro presente, realizzando un pratico e
positivo modo di pensare e di vivere che assicuri un futuro positivo sia a noi
stessi che alle generazioni future.».
L’
inventore di storie, abituato a esprimersi soprattutto in base alla propria
esperienza personale, indica la tradizione come qualcosa di molto importante,
un valore da cui ricava una sensazione confortevole e significativa, e sostiene
che soprattutto nel mondo di oggi debba essere adattabile in quanto principio
costruttivo rivolto al bene delle persone: «Certamente sembra una
contraddizione bella e buona, ma in Oriente si pensa che l’ armonia poggi sull’
equilibrio tra gli opposti. Pertanto ho compreso che tradizione e innovazione
possano facilmente tendersi la mano: basta solo che la tradizione non sia
rigida, e che l’ innovazione non irrompa a passo di carica.».
Lei
è notoriamente affascinato dal passato, dalle cose vecchie e dalle persone
anziane, peraltro è uno studioso appassionato di storia. Il suo legame con la
tradizione rientra in questo contesto?
«Non
ci ho mai veramente ragionato sopra, ma penso proprio che vi sia un nesso tra
la mia passione per la storia e il legame che riconosco alla tradizione. Se un
calcolo va fatto, noi uomini e donne viviamo in un mondo in cui il tempo scorre
continuamente, quindi un giorno segue l’ altro, in una ruota che gira senza
fine. Il tempo passa, e noi nasciamo e invecchiamo vivendo costantemente con il
pensiero che la nostra esistenza un giorno finirà. Per cui direi che sentiamo
il bisogno di mantenere un legame con il nostro passato, cercando una
continuità con cui dare uno scopo e un senso alla nostra vita.».
In
determinate occasioni lei ha sostenuto il valore e la sostanza della tradizione
pur riconoscendo la necessità del progresso. Questo principio rientra anche
nella sua attività di autore?
«Assolutamente sì. Come persona affermo che esistono
determinati principi che dovrebbero rimanere sempre gli stessi, come l’
uguaglianza, la pace, il bene sia individuale che collettivo, ma ogni epoca non
è mai uguale alle altre, quindi è bene adeguarsi costantemente ai tempi che
corrono. Come autore di fantascienza, invece, affermo che la scienza sia un
bene fondamentale, orientato al nostro progresso, sia interiore che materiale,
e che il suo impiego, buono o cattivo che sia, dipende solo da noi: questo è il
valore fondamentale di tale genere narrativo, di cui ho compreso la validità
aderendovi con entusiasmo. Come vede io scrivo in rispetto della tradizione (risata)!».
Lei
vive la sua vita secondo i valori classici a cui è stato educato?
«Questo
è l’ esempio migliore con cui esprimere l’ importanza che ha per me la
tradizione. Sono stato educato al rispetto, ad evitare la volgarità, a
confrontarmi con il prossimo discutendo e scambiando di idee, a rispettare
anziani, donne e bambini, ad impegnarmi coscienziosamente in tutto quello che
faccio. Ho avuto un’ educazione classica di cui negli hanno ho imparato a
riconoscere il valore, e l’ ho preservata nonostante intorno a me molti princìpi
venissero gradualmente messi da parte. Ad esempio, noto che molti giovani di
oggi, tra cui vari miei coetanei, non si rivolgono più agli anziani dando del
lei, mentre a tavola si fa un po’ come si vuole, e quando si telefona a
qualcuno non ci si presenta più perché si dà per scontato di essere
riconosciuti dalla voce. Per non parlare dell’ abbigliamento colorito e
bizzarro con cui certuni escono di casa (risata)!
Io stesso sono stato più volte preso in giro e descritto come uno che sa di
vecchio, mentre in altri casi sono stato apostrofato come una vera e propria
reliquia proveniente da un passato ormai estinto, e probabilmente è davvero
così, ma quello che mi è stato insegnato e che ho imparato fin dalla nascita
rappresenta qualcosa di molto importante per me, concetti che danno un senso alla mia vita, e aiutano a darle serenità. Dopo tutto, tradizione non significa soltanto compiere determinate azioni di tanto in
tanto, rievocando i tempi perduti, direi piuttosto che rappresenta qualcosa che
ci aiuta lungo il nostro percorso in questo piccolo grande mondo.».
Leggendo
i suoi libri si nota una totale mancanza di volgarità, tanto nel linguaggio,
privo di parole sconce, quanto negli argomenti che affronta, mai imbarazzanti. Lei
pare proprio una rarità in questi tempi in cui la volgarità e la mancanza di
compostezza sono ormai comuni in casa, per radio e per televisione. Peraltro
evita rigorosamente le parole inglesi.
«E’ vero, purtroppo oggi vige la legge del
più volgare e del più indecente. Le buone maniere vengono viste come un segnale
di debolezza, legate ad un passato in cui vigevano il bigottismo, il perbenismo
e l’ arretratezza. Essere educati non vuole dire solo evitare le parole sconce,
ma imparare a distinguere ciò di cui si può parlare da ciò che invece è meglio
tenere per sé. Radio, televisione, cinema e persino determinati giornali ci
hanno invece abituati ad un linguaggio sempre più volgare, ai pettegolezzi su
strani amori e infedeltà, alla pornografia e a scene di sesso inguardabili. Io
non sono affatto un bigotto, anzi, da ormai tredici anni non sono neppure un
credente, per cui sono convinto che si possa parlare di molte cose, tra cui la
nudità e il sesso, ma con tatto e garbo. Nei miei libri, quindi, evito
volontariamente il linguaggio volgare, il pettegolezzo vano e le questioni
intime con intenti scandalosi o di semplice intrattenimento. Sento infatti un
certo senso di responsabilità con i miei lettori, voglio essere ricordato come
uno che si esprime in modo pulito e che affronta cose serie. E’ uno dei modi
più importanti con cui mi attengo alla tradizione e all’ educazione che mi è
stata gentilmente trasmessa. Per quanto riguarda le parole inglesi, io sono
sempre stato categoricamente contrario alla mescolanza dell’ italiano con l’
inglese: in questo periodo conoscere l’ inglese è fondamentale se non si vuole
rimanere tagliati fuori dal mondo, ma mischiare la nostra lingua con questa o
qualunque altra non ha alcun senso. E non è un caso che in Gran Bretagna, un
tempo centro di un impero che comprendeva un quarto della popolazione mondiale,
nessuno mischi l’ inglese con qualsivoglia altro idioma. Ecco un altro
importante esempio di tradizione da curare.».
Insomma,
forma e sostanza per lei devono muoversi di pari passo, essere entrambe curate
con attenzione.
«Proprio
così: l’ una deve accompagnare necessariamente l’ altra, solo se vengono
accomunate hanno senso. La sostanza rappresenta un valore irrinunciabile, ma se
viene presentata con la forma sbagliata finisce per fare più male che bene,
così come una forma senza sostanza serve solo a perdere inutilmente il nostro
tempo.».
Il
fatto che lei pubblichi i suoi libri in formato sia cartaceo che elettronico
rientra nel suo legame con la tradizione?
«Certo.
Il genere umano impiega la carta da tempo immemorabile, dopo il tempo dei
papiri e delle pergamene. Oggi, nell’ era della tecnologia, i libri elettronici
hanno trovato una certa applicazione, ma il libro di carta rimane in vantaggio.
Io stesso riconosco che i libri elettronici hanno il vantaggio di memorizzare
al proprio interno il contenuto di una libreria sterminata, ma il libro
cartaceo fa parte della storia dell’ umanità ormai da secoli, e
tutti siamo cresciuti con questa bella realizzazione. Ecco un altro esempio di
tradizione che ho compreso e che intendo contribuire a perpetuare.».
Si
dice che lei preferisca scrivere a mano che battere un testo al computer.
«Scrivere
a mano mi è senz’ altro di aiuto, perché fin da bambino ero l’ incubo dei miei
insegnanti di scuola per via della mia pessima calligrafia (risata)! Scrivere le cose a mano mi
piace moltissimo, è un’ abitudine a cui non intendo rinunciare, ma non nego i
vantaggi del computer e della rete informatica: una lettera elettronica arriva
a destinazione nel giro di un istante, anche nel caso in cui mittente e
ricevente si trovano su differenti continenti. A volte mi capita di scrivere
lettere a mano, che invio tramite la posta: si tratta di un esercizio che mi
affascina, non soltanto perché devo curare la calligrafia, ma anche perché una
lettera va impostata secondo un galateo preciso con cui trovo utile e persino
gradevole confrontarmi.».
Anche
le idee su cui poggiano le sue storie, che lei ovviamente sviluppa a modo suo,
si fondano sui principi fondamentali della fantascienza.
«Da bambino e da ragazzino sono entrato in
contatto con la fantascienza degli Anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, praticamente
quello che sia in narrativa che al cinema è riconosciuto come il suo miglior
periodo, in cui i temi essenziali erano viaggi nel tempo, invasioni e
infiltrazioni aliene, rapimenti da parte degli extraterrestri, robot minacciosi
e così avanti. Ho quindi avuto il mio apprendimento di base proprio dalla fase
aurea di questo genere, la mia mente si ispira proprio ai concetti tipici di
quegli anni, e sviluppa le idee in modo nuovo, attuale e personale.».
Lei
afferma di credere in una continuità in un contesto di innovazione.
«Si,
certamente: ci sono principi classici che è bene preservare nel tempo senza
però rifiutare le novità. Anche l’ applicazione della tradizione deve adeguarsi
ai tempi moderni, perché il mondo di oggi non è più quello di vent’ anni fa. Quindi
credo che dovremmo sforzarci di tenere un occhio verso il passato e l’ altro
verso il futuro, così da non ripetere gli errori già compiuti e perfezionarci
al meglio delle nostre possibilità.».
Grazie
per il suo intervento.
«Grazie
a lei, è stato un vero piacere.».
DENTO KAKUSHIN ICHI NYO (ICHI DEKIMASU)
RispondiEliminaTradizione innovazione uno sono (uno possono essere)
Carissimo amico,
Eliminati sono infinitamente riconoscente per questa semplice e profondissima affermazione, che coglie appieno il significato che mi sono sforzato di trasmettere.
Giacomo