Giacomo
Ramella Pralungo, inventore di storie dedito alla fantascienza e agli articoli
di storia locale su «Il Biellese» ha lo sguardo solcato da un largo sorriso e mani
vivaci che stringono con passione e compostezza i testi della sua libreria
mentre ci espone la sua posizione in tema di religione: «In passato, per me era
molto importante essere un buon cristiano, ma ora ritengo fondamentale essere
una brava persona. Oggi la mia religione è piuttosto semplice: fare del bene a
tutti, e qualora mi fosse impossibile almeno non fare del male a nessuno. Tutto
il resto, dall’ esistenza o meno di un Dio alla saggezza dei suoi profeti, è
solo commento…».
Che
cos’ è per lei la religione?
«La religione è un insieme di credenze, riti e preghiere
sorti all’ alba della storia del genere umano, quando i nostri antenati si interrogavano
sul perché dell’ esistenza e l’ origine dei fenomeni ma ancora non avevano la
scienza per darsi una risposta. Dapprima le cose vennero attribuite alle forze
della natura, in seguito agli spiriti e infine agli dei. Ogni popolo sviluppò
una propria religione basata sulla rispettiva mentalità e cultura, pur
coltivando grandi similitudini in ambito mitologico e leggendario. Quindi per
religione non si intende la rivelazione di una o più divinità, ma un prodotto
umano.».
Cosa
pensa della religione nel mondo attuale?
«Credo proprio che abbia fatto il suo
tempo. La scienza e l’ archeologia ne hanno gradualmente smontato vari dogmi
fondamentali, dall’ origine divina del mondo in appena sei giorni al flagello
del Diluvio universale, per non parlare di altri concetti quali la natura
piatta della Terra o la sua posizione centrale rispetto al sole, oltre che
della presenza di un popolo eletto piuttosto che di poteri miracolosi e segreti
o di autorità morali trasmessi dagli dei alle caste sacerdotali. Il fatto
stesso che il fondamento della religione sia la fede in un Dio la cui esistenza
non è mai stata dimostrata in quanto non supportata dal minimo indizio logico mi
suggerisce che si debba cercare e seguire una via più logica. Ma c’ è dell’
altro.».
Ossia?
«La
religione porta con sé tre pericoli fondamentali: la fede, il settarismo e la
teodipendenza. La fede impone di credere a principi indubitabili, comunemente
chiamati dogmi, che non possono e non devono mai essere messi in discussione,
neanche quando urtano con la nostra coscienza. Il settarismo, conseguente al
principio della fede, porta il credente a sentirsi orgoglioso di vivere e
praticare la sola realtà ammissibile di questo mondo, e a ritenere gli altri
una massa di infedeli. La teodipendenza, invece, porta il devoto ad affidarsi
totalmente alla sua entità spirituale di riferimento, invocandola per ricevere
aiuto e protezione, domandandosi che cosa essa possa fare per lui anziché
credere in sé stesso e nelle proprie capacità interiori. Per non parlare del
mucchio di superstizioni inevitabilmente connesso a qualsivoglia religione!».
Lei
un tempo era credente, vero?
«Sì,
ero un cristiano di scuola cattolica. Come tutti fui battezzato quando ero un
bambino molto piccolo, credo di aver avuto quasi un anno, e venni educato alle
vie del Vangelo in tono con la tradizione.».
Poi
che cosa le accadde?
«Io
sono sempre stato più curioso che credente. Amo approfondire la mia conoscenza
e capire a fondo le cose servendomi della mia coscienza. A vent’ anni
attraversai un periodo molto difficile della vita, e persi completamente la mia
fede in Dio in quanto non riuscivo proprio ad accettare la natura della
sofferenza, sia mia che quella degli altri, benché i testi sacri parlassero di
un Dio onnipotente, infallibile e compassionevole sempre pronto a prendersi
cura di noi. Se questo Dio è veramente fedele e non vuole che veniamo tentati
oltre le nostre forze, come scrisse San Paolo in una delle lettere ai Corinzi,
allora perché la gente si ammala, nasce con malformazioni e muore dietro
inutili sofferenze? Perché ci sono povertà e guerre? Io stesso ho sofferto
molto nella mia vita, al punto da aver compreso con chiarezza che ‘Dio’ e il suo
volere sono soltanto ciò che gli antichi non sapevano spiegare.».
Lei
ha compiuto la pratica dello sbattezzo: di che cosa si tratta?
«Lo
sbattezzo è l’ atto di rinuncia al battesimo, e consiste in una richiesta di
cancellazione del proprio nome dal registro battesimale della parrocchia di
appartenenza, recidendo ogni contatto formale con la cristianità dopo la
cessazione della fede ed evitando di essere considerati ancora credenti. Io
persi la fede nel Cristianesimo nel 2004, e nel 2011 venni casualmente a
conoscenza di questa pratica, che dopo tre anni di riflessione decisi di portare
avanti per una semplice ragione di coerenza: non avevo alcuna ragione per rimanere
legato ad una fede che ormai non significava più nulla per me.».
Nel
2006 lei si avvicinò molto al Buddhismo.
«Certamente,
ne ero attratto e lo sono tuttora per l’ idea di saggezza, ossia di
comprensione della realtà così com’ è, oltre la soggettività, e di compassione,
quel particolare desiderio di agire bene a vantaggio di tutte le cose viventi,
animali e piante compresi, senza spirito di profitto. Anche l’ interdipendenza,
ossia la connessione reciproca di tutte le cose esistenti, rappresenta un
concetto estremamente importante che mi ha molto colpito.».
Eppure
lei stesso dice di non aver compiuto un’ adesione completa, di contestare vari
elementi della filosofia buddhista e che si stia gradualmente allontanando
anche da questa via spirituale. Non ha compiuto nemmeno il rito della Presa di
Rifugio…
«E’
vero, ho sempre ritenuto fondamentale ragionare con la mia testa, senza pendere
dalle labbra altrui, cosa che quando ero cristiano, purtroppo, avveniva (risata)! Se del Buddhismo apprezzo il
rispetto per la natura e gli animali, per contro contesto il pessimismo con cui
considera la nostra vita: si dice che la natura dell’ esistenza siano
necessariamente il dolore e la morte, che la nostra nascita sia il risultato
degli attaccamenti maturati nella vita precedente e che il Nirvana sia la
salvezza da ulteriori rinascite. E’ vero, il dolore e la morte fanno parte
della vita, ma il Buddhismo propone una visione che reputo triste e sinistra,
tipica della cultura indiana e, più in generale, di quella religiosa… Solo
accettando tutti quanti i principi buddhisti avrei potuto aderire formalmente
con il rito della Presa di Rifugio, in cui ci si impegna ad avere fiducia nel Buddha,
nel Dharma e nel Sangha, ossia il maestro, il suo insegnamento e la sua
comunità.».
Lei
dice spesso che essere umani è un valore fondamentale che va oltre la
religione, che deriva proprio dalla base della natura umana.
«Assolutamente sì: poiché tutte le religioni
sono un prodotto dell’ uomo fanno propri i grandi principi della moralità, come
l’ astenersi dal male, l’ agire bene e l’ essere sempre consapevoli. Per
seguire una qualunque religione o filosofia bisogna prima di tutto essere
persone, quindi la questione si riduce a questo: non si può essere bravi ebrei,
cristiani, musulmani, induisti o buddhisti se prima di ogni altra cosa non si è
brave persone. Addirittura si può essere brave persone senza seguire alcuna
religione, ed è proprio quello che sto cercando di fare io.».
Peraltro,
lei pensa che si possa fare a meno della religione ma non della spiritualità:
le andrebbe di spiegarsi?
«Come
dicevo prima, la religione è un insieme di credenze, riti e preghiere, mentre
la spiritualità è qualcosa di più: riguarda tutto ciò che ha a che fare con lo
spirito. Religione e spiritualità sono quindi due concetti distinti e non
sempre connessi tra loro. I religiosi hanno uno spirito che deve essere curato,
esattamente quanto gli atei: guardare un quadro, passeggiare nei boschi,
aiutare il prossimo o leggere un libro sono tutti atti di spiritualità ad
altissimo livello. Non si diventa migliori andando in chiesa, recitando il Padre
nostro o ritirandosi in un monastero, ma sfruttando le infinite occasioni della
nostra vita quotidiana. Né più, né meno.».
Lei
come vive la spiritualità?
«E’
un impegno quotidiano che mi entusiasma molto. Credo che in passato avrei
potuto fare meglio, oggi sono più consapevole e sento che mi rimane ancora
molto da fare. Ho sempre pensato che la spiritualità dei luoghi sacri come le
chiese e i monasteri sia affascinante ma incompleta perché priva del contatto
con il mondo e la vita quotidiana, esattamente quel contesto in cui voglio
agire io.».
Che
farebbe se un giorno dimostrassero l’ esistenza di Dio?
«(Risata) Ovviamente tornerei a crederci,
e ne approfitterei per chiedergli un incontro in cui fargli alcune domande.
Vorrei sapere ad esempio il motivo per cui ha creato e permesso la sofferenza e
perché abbia tollerato tante cruente uccisioni e torture in suo nome nel corso
degli ultimi secoli (risata)!».
Il
giorno di Natale si avvicina gradualmente: come passerebbe il suo Natale
ideale?
«Spero
di trovare una bella giornata, così da fare una scampagnata alla Trappa di
Sordevolo, oppure in campagna con un bel pranzo al sacco (risata)! Sono sempre il solito fissato (risata)! Altro che i pranzi e i cenoni scanditi da chiacchiere
vuote e dall’ apparenza brillante…».
Grazie.
«Grazie
infinite a lei per questa bella intervista.».
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