Giacomo Ramella Pralungo
subisce da molti anni il fascino della natura, e ama trascorrere tempo
passeggiando per boschi, prati e monti. Accennando a un sorriso ammette che la
sua vita non si limita a libri e ad articoli: «Mi compiaccio di vivere in
campagna, a diretto contatto con la terra, perché in tal modo ho compreso con
una certa chiarezza il nostro rapporto con essa e con tutte le altre forme di
vita e le cose inanimate. Dobbiamo avere cura del mondo in cui viviamo e dei
suoi altri abitanti se vogliamo vivere bene.». Per l’ inventore di storie l’
ecologia è un concetto molto importante, da vivere consapevolmente nella vita
di tutti i giorni, a beneficio sia nostro che di chi verrà dopo di noi: «Una
generazione succede a un’ altra e a un’ altra ancora, ma il nostro mondo
rimarrà in eterno.».
Lei
è un grande amante della natura. Come è nato questo suo particolare sentimento?
«Sono nato e vissuto in un paese di
provincia, e a undici anni mi trasferì in campagna, nella casa appartenuta ai
miei nonni paterni. Fin da bambino, mio padre e mia nonna mi portavano a
passeggiare per i boschi e per i prati, e spesso trascorrevo del tempo a
contatto con gli animali nella vicina fattoria dei nostri cugini. In particolare,
ricordo di quando andavo con mio padre a raccogliere fragole, mirtilli e crescione
selvatici, e delle volte in cui invece ci rifornivamo di acqua presso una
fontana in piena selva. Ho quindi avuto un contatto diretto con la natura fin
dai miei primi anni di vita, e non ho tardato ad apprezzarne le meraviglie, la
purezza e la grande importanza.».
Che
cosa le viene in mente passeggiando in campagna o nei boschi?
«Durante
le mie passeggiate non penso affatto, anzi avverto sempre una gran quiete e
felicità. Sento spesso il bisogno di fare due passi nella natura, soprattutto
quando voglio trovare la pace, e avanzando per prati o addentrandomi in qualche
bosco spontaneamente mi immergo in una dimensione al di fuori del tempo e delle
questioni che animano la vita quotidiana. Peraltro sento chiaramente quanto
tutto sia collegato a tutto: non si tratta di una riflessione intenzionale, io
non sono mai stato un filosofo, ma di una chiara percezione ricavata dall’ aria
che respiro, dall’ odore della terra che sento, dal rumore dei ruscelli che odo
insieme alle campane delle mucche e delle caprette nei dintorni, dal suolo che
calpesto. Tutto è veramente uno, e noi siamo figli di questa natura di cui,
purtroppo, ci ostiniamo assurdamente a ritenerci sia padroni che entità
separate. Sì, la natura per me è sempre estremamente benefica...».
Come
definirebbe il legame tra uomo e natura?
«Lo
trovo veramente pessimo. Noi umani siamo divenuti il genere dominante sul
pianeta, e sfruttiamo la natura per soddisfare i nostri bisogni ben oltre le
sue capacità e senza alcuna preoccupazione, non pensando ai gravi danni che le
stiamo procurando. Nella nostra arroganza abbiamo persino modellato le
religioni affinché giustificassero le nostre tendenze egocentriche: nella
Bibbia, ad esempio, si legge che Dio invita Adamo ed Eva a riempire la terra, a
soggiogarla e dominare i pesci del mare, gli uccelli del cielo e ogni essere
vivente che striscia sulla terra. Veramente una grande assurdità! Penso proprio
che dovremmo prendere esempio dagli animali, che sfruttano la natura per
sopravvivere senza però danneggiarla e neppure esaurirla.».
A
proposito di animali, lei si è più volte definito animalista: ritiene che la
caccia possa avere effetti nocivi in ambito ecologico?
«Sì,
ma dipende da come viene esercitata. Un conto è cacciare per fame, limitandosi
a poche prede che in seguito vengono tutte mangiate, proprio come fanno gli
animali: io comprendo questo tipo di caccia, e lo accetto. Un altro discorso è
invece cacciare intensivamente, per passatempo o per sport, come fanno ad
esempio i nobili, che un tempo addirittura cacciavano per prepararsi alla
guerra: questa è una forma di caccia superflua su cui proprio non transigo. Altre
forme di caccia, come ad esempio quella delle balene o delle foche, stanno
spingendo queste specie animali al limite dell’ estinzione, e procurano loro
immense sofferenze del tutto inutili. Ogni genere animale e singolo essere
vivente ha un posto ben preciso nel grande ordine dell’ ecosistema, e svolge
una particolare funzione: quando un’ intera specie viene fatta estinguere, gli
equilibri naturali subiscono per forza importanti cambiamenti. Quando ero
piccolo, mia nonna mi diceva sempre che persino che persino ortiche e zanzare
hanno una loro utilità.».
Che
cosa pensa del vegetarianismo?
«E’
una scelta molto particolare che alcune persone adottano per amore e rispetto
per gli animali. Io stesso sono stato vegetariano per tre anni, dal 2009 al
2012, dopo aver visto uccidere una gallina nel mio giardino, e il pensiero che
gli animali venissero uccisi per poi essere serviti a tavola si era fatto
particolarmente triste per me. Iniziai a nutrirmi esclusivamente di pasta,
riso, insalata, uova, legumi e verdure varie. Ma poi compresi che anche i
vegetariani si nutrono di vita, perché anche i vegetali sono forme viventi,
quindi oggi ritengo accettabile nutrirmi sia di carne che di vegetali ma senza
abusarne, nel pieno rispetto di entrambe queste forme di vita.».
Il
rispetto per l’ ambiente e gli animali è una delle cause per cui si è
avvicinato al Buddhismo?
«Certamente.
Le filosofie orientali in generale hanno un atteggiamento assai più
onnicomprensivo di quello delle religioni abramitiche, e affermano da sempre
che ogni cosa è connessa a tutte le altre. Il Buddhismo in particolare parla di
interdipendenza, importante principio secondo cui nulla esiste come entità
propria: tutto è Uno.».
Peraltro,
lei una volta disse che il famoso «Dune» di Frank Herbert le è stato di
grandissima ispirazione.
«E’
assolutamente vero, ho cominciato a riflettere sull’ importanza delle tematiche
ambientali in maniera più vasta e approfondita proprio leggendo questo
magnifico romanzo di fantascienza, che ha avuto cinque seguiti. Nessuno ha mai
esaltato l’ ambientalismo come Herbert in questo grande classico della
narrativa statunitense del Novecento. Il pianeta Arrakis, chiamato ‘Dune’ dai
nativi Fremen, viene descritto con una sorprendente abbondanza di dettagli,
senza i quali risulterebbe praticamente impossibile immaginare le sfaccettate e
molteplici vicende di questa affascinante serie letteraria. Tramite il sogno
delle tribù dei Fremen, che da migliaia di anni vivono nelle grotte di questo
mondo completamente deserto, facendo un uso estremamente ritualizzato dell’
acqua in attesa di averne un giorno a sufficienza per renderlo verdeggiante, l’
autore esalta sia l’ importanza fondamentale di questo elemento che l’ esigenza
di avere cura delle risorse a nostra disposizione, nonché dell’ ambiente in cui
noi tutti viviamo.».
Solitamente
lei parla del tema ambientale nei suoi libri?
«L’
ho fatto soprattutto in ‘Per i sentieri del tempo’, in cui ho descritto le
gravissime devastazioni ecologiche causate dalla guerra atomica. Purtroppo il
pericolo di provocare danni incontrollabili al nostro ecosistema con le armi, oltre
che con altre forme di tecnologia, si sta accentuando sempre di più. Anche nel
precedente ‘Cuore di droide’ ho affrontato il tema della natura, seppure in
termini più marginali, con i due protagonisti che al termine delle loro vicende
si danno alla cura dei fiori e all’ agricoltura, trovando pace e conforto. Ho
intenzione di approfondire questo importante argomento in altre narrazioni che
avrò il piacere di pubblicare.».
La
ringraziamo molto.
«Tante
grazie a voi, come sempre è stato un grandissimo piacere.».
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