Giacomo
Ramella Pralungo si definisce un apolitico convinto, e ha una visione della
politica che, con una certa tristezza, reputa «destinata a rimanere soltanto
un’ idea astratta, per quanto si rifaccia direttamente allo stesso ideale
originario di politica». Soprattutto, è determinato a non scrivere mai alcun
testo dettato dal minimo criterio politico: «Proprio come le religioni, sento
che le ideologie politiche non mi appartengono, in quanto la mia mente ha il
potere di ragionare per conto proprio, senza pendere dal pensiero altrui. Peraltro,
le ideologie stesse hanno clamorosamente fallito la propria missione in
qualsivoglia angolo di questo mondo: ho motivi assolutamente validi per coltivare
una scrittura autonoma e autentica sotto tutti gli aspetti.».
Da
ormai molti anni lei è notoriamente lontano dalla politica.
«Sì,
da quando avevo vent’ anni. Fino ad allora ne subivo il fascino, e, detto tra
noi, per qualche tempo sono anche stato tentato dal prendervi parte in qualche
modo. Poi, però, me ne allontanai con una certa delusione.».
Come
ha maturato la sua avversione per la politica?
«Nel
2004 ero parte di alcune associazioni di volontariato di Sordevolo, e in quel
periodo alcuni membri delle due principali erano scesi in campo per le elezioni
municipali. Venni a sapere di reciproci sgarbi e pettegolezzi, anche piuttosto
gravi, e sentì parlare di tattiche e amicizie influenti che sarebbero state
letteralmente di aiuto, quando invece in un sistema democratico bisogna
convincere la cittadinanza votante con la chiarezza, la sincerità e la validità
dei programmi elettorali, e rispettare ogni schieramento presente. Maturai
quindi un profondo disgusto per la politica e i suoi falsi teatrini, e rinnegai
con forza il desiderio di intraprenderne la via.».
Lei
fa una distinzione tra quella che definisce la politica vera e propria e l’
affare degenerato che è tuttora, potrebbe spiegarsi?
«Il
termine politica deriva dal
termine greco antico politikḗ, ossia ‘che attiene alla pόlis’, e indica l’ arte di
governare il territorio: questa è la natura vera della politica, in cui io
credo tuttora. Oggi, invece, con il termine ci si riferisce alla lotta tra
partiti, la degenerazione da cui io ho preso le distanze. La politikḗ era assolutamente estranea da
ideologie e partiti, e benché già nei tempi antichi fosse gestita da persone
ambiziose e avide di potere che fecero della democrazia un concetto più
apparente che reale, era molto più indirizzata al bene comune e alla risposta
pratica alle necessità della gente.».
Quindi,
lei non ha un orientamento politico?
«Assolutamente
no. Che si parli di religione o di politica, aderire ad un’ ideologia significa
perdere la propria libertà e pensare che il proprio credo sia l’ unico giusto,
guardando gli altri con disapprovazione. Sono fermamente consapevole del fatto
che non serva affatto essere di destra o di sinistra per essere bravi politici,
ma avere buone capacità amministrative, costanza nell’ impegno e onestà delle
intenzioni. Ecco quindi il motivo per cui ho sempre detto che le ideologie
politiche sono adatte soltanto alle disquisizioni astratte, e che lasciano il
tempo che trovano: politica vuol dire pratica, pratica e ancora pratica!».
Peraltro,
lei critica apertamente anche la presenza ormai ingombrante della politica nei
mezzi di comunicazione di massa, soprattutto giornali e anche taluni romanzi.
«Quello tra la vita politica e i mezzi di
comunicazione di massa, giornalismo in particolare, è un intreccio sempre più
contestato, che crea più problemi di quanti ne risolva. E’ un bombardamento di informazioni
sempre più menzognere. Giornali e persino determinati romanzi sono falsi e
faziosi, trasmettendo notizie inzuppate di ideologia e prive di obiettività,
nell’ interesse esclusivo degli schieramenti e a scapito della bravura del
singolo autore. Peraltro, la rete telematica internazionale si è fatta sempre
più selvaggia e scottante, rendendo lecito ogni gesto seppur vandalico e
disumano. E’ tutto così rivoltante, soprattutto tenendo conto del fatto che il
potere della stampa può influire sui comportamenti della gente e produrre
mutamenti sociali: in un contesto del genere l’ intossicazione dei cervelli è
un ovvio dato di fatto.».
Quindi,
lei rifiuta fermamente di parlare di politica nei suoi testi?
«Oh, sì! Niente politica nei miei testi,
sono Giacomo Ramella Pralungo (risata)!
Uno come me, che si rifiuta di far politica e persino di prendere una tessera
di partito, molto difficilmente potrà adeguare la propria scrittura a fini
politici. Andrebbe assolutamente contro i miei principi. In quest’ era colma di
favoritismi e punti di vista del tutto parziali la politica si è introdotta come
un virus nella letteratura giornalistica e persino nella narrativa, uccidendo
inesorabilmente tutta la nobiltà della vera informazione e degli spunti per una
riflessione coerente e costruttiva, in cui io credo vivamente. Se dovessi
pubblicare qualcosa di sbagliato, cosa effettivamente possibile perché come
semplice essere umano sono talvolta soggetto a fraintendimenti, sarà un errore
mio, non attribuibile ad una manipolazione esterna della mia mente.».
C’
è qualcosa che desidera dire rivolgendosi ai suoi colleghi scrittori?
«Quando
si impugna la penna o si incomincia a dattilografare sulla tastiera si deve
sempre pensare al fatto che il messaggio che ci si prepara a scrivere arriverà
agli altri, dunque è bene scrivere sia con la mente che con il cuore, con
passione e serietà. Bisogna trasmettere idee e principi in piena rettitudine di
coscienza, non con l’ intento di favorire uno schieramento e danneggiarne un
altro. Questo è il modo migliore per rendere onore ad una delle attività più
belle e antiche al mondo.».
La
ringraziamo molto.
«Tante
grazie a tutti voi».
Nessun commento:
Posta un commento