Da
sempre molto interessato alla spiritualità e alla ricerca personale, nel 2008
Giacomo Ramella Pralungo scoprì gradualmente il grande dono della meditazione,
particolare disciplina che da migliaia di anni è parte integrante di tutte le
principali tradizioni religiose, dall’ Induismo al Buddhismo, senza dimenticare
il Taoismo, il Cristianesimo e l’ Islam. Pratica poliedrica, ampia e di vasta
portata, essa non è necessariamente legata alla religione, ma costituisce una tecnica
volta all’ autorealizzazione: «In un primo momento mi avvicinai alla
meditazione nel contesto buddhista, ma da quando ho preferito allontanarmi da
questa filosofia in favore di una mentalità più autonoma e indipendente ho
continuato a praticarla per lasciar riposare la mente nel suo stato naturale,
come disciplina di miglioramento della mia condizione psicofisica.».
Nel
dicembre 2014, l’ Organizzazione delle Nazioni Unite istituì su proposta di
Narendra Modi, Primo ministro dell’ India, la Giornata internazionale dello
Yoga. Tale ricorrenza ricade in una data molto particolare, il 21 giugno,
giorno del solstizio d’ estate, che i praticanti di yoga chiamano Dakshinayana, termine sanscrito che
indica il passaggio alla seconda metà dell’ anno, dunque una giornata
particolarmente favorevole per valutare le proprie intenzioni, piantare i semi
del cambiamento e purificare mente e corpo.
In
questo giorno, Giacomo ha scelto di parlare della sua personale esperienza nell’
ambito della meditazione, e dei benefici concreti che ne ha ricavato.
«Fin
da bambino ho sempre sentito molto parlare della meditazione, ma non avevo idea
di che cosa significasse davvero.» spiega sistemando le gambe nella posizione
del semi loto, ai piedi di un albero del suo giardino «Anzi, come la maggior
parte degli occidentali sono cresciuto maturando convinzioni piuttosto inesatte
in proposito, perché tra i non praticanti il termine meditazione ha una valenza leggendaria, e viene spesso utilizzato
per indicare un’ estasi mistica o lo sviluppo di poteri miracolosi quali la
levitazione, la chiaroveggenza o la telepatia per mezzo di una pratica segreta
trasmessa in privato da maestro a discepolo. In realtà, meditare significa
sviluppare una maggiore concentrazione e consapevolezza di sé stessi e di ciò
che ci circonda.».
Giacomo
si interessò concretamente alla meditazione a seguito del suo avvicinamento al
Buddhismo, avvenuto nel 2006. La scuola con cui entrò per la prima volta in
contatto fu quella tibetana, che pone l’ accento su una visione incentrata sull’
interdipendenza di tutte le cose e di tutti gli esseri viventi in una precisa legge
di causa ed effetto, dunque promuove due tipi di meditazione, dette Laktong e Shinè:
«Mi concentrai sulla tecnica Laktong, in
cui si impiegano il pensiero e l’ analisi, per riflettere in uno stato di
concentrazione profonda su alcuni argomenti particolari come ad esempio la
natura effettiva delle cose, in antidoto contro l’ illusione.».
Gli
fu molto utile per comprendere i concetti fondamentali della filosofia
buddhista e anche per superare un particolare stato depressivo che da tempo lo
seguiva costantemente come un’ ombra:
«Facevo
spesso questo esercizio, sebbene non quotidianamente, e presto iniziai a
sentimi più rilassato eppure piuttosto sveglio e mentalmente ricettivo.».
Tale
apertura all’ indagine critica gli parve fondamentale nel suo sviluppo come
persona, ed era particolarmente indicato nel raggiungimento dell’ Illuminazione,
eppure al tempo stesso maturò la convinzione che rappresentasse una sorta di
arma a doppio taglio, in quanto prevedeva un indottrinamento, l’ adozione di
una visione ufficiale da seguire. Nel giro di qualche tempo, quindi, lasciò il
Buddhismo tibetano, intriso di elementi mistici e leggendari e sostenitore di
un’ immagine idealizzata del maestro, indicato come un vero e proprio Buddha
vivente che avendo compreso gli insegnamenti appare come un’ autorità
infallibile e indiscutibile, e si avvicinò alla scuola Zen, più spoglia della
parte filosofica e mistica, maggiormente indirizzata alla pratica meditativa. Il
suo stesso nome, tratto dal termine giapponese zen, derivante dal cinese chán,
a sua volta tradotto dal sanscrito dhyāna,
significa proprio «meditazione»:
«Qualcosa
nella mia mente mi suggerì che questa disciplina meditativa mi avrebbe aiutato
molto di più. Si tratta infatti di una pratica atta a rilassare totalmente
mente e corpo, riscoprendo la nostra vera natura.».
Nella
meditazione Zen, chiamata Zazen, ossia «meditazione seduta», si pone l’
attenzione semplicemente sul respiro e la posizione del corpo, senza scopi e
aspettative, senza volere e pensare a nulla e nemmeno controllare i pensieri,
così da calmare naturalmente la mente. La cosa essenziale è il risveglio dalla
distrazione e dal torpore e tornare nella posizione corretta momento per
momento:
«La
funzione della mente consiste nel creare pensieri, e non c’ è modo di impedirglielo.
In questa tecnica meditativa non si punta quindi a svuotarla dai pensieri o ad
estraniarsi dalla realtà circostante, entrando in una sorta di trance: quando i
pensieri sorgono vanno lasciati venire e andare liberamente, senza inseguirli o
evitarli. Zazen consente di vederci così come siamo, senza giudizi e oltre gli
schemi sociali che ci costringono ad un comportamento in contrasto con la nostra
vera natura, causandoci quindi stress, insicurezza e infelicità. Per questo,
una volta che si inizia a meditare, ci si alleggerisce un po’ alla volta dalle
pesantezze della vita e se ne esce ogni volta più sicuri, più semplici.».
Tale
forma di meditazione si rivelò molto efficace per Giacomo, che vi si accostò
praticandola quotidianamente ogni mattina al risveglio. Di recente, pur
essendosi allontanato dalla filosofia buddhista in generale e da qualsivoglia
altra tradizione spirituale, ha scelto di perseverare con questa pratica:
«Dapprima,
ovviamente, meditavo per raggiungere l’ Illuminazione, come il Buddha aveva
fatto prima di me secondo la leggenda. Avevo quindi una motivazione religiosa,
o più propriamente filosofica. Eppure io sono sempre stato più riflessivo che
devoto, è una cosa più forte di me, quindi analizzando l’ idea pessimista che
il Buddhismo nutre nei riguardi della vita, che in tono con l’ originaria
tradizione induista definisce invariabilmente come una penosa fonte di dolore
da cui bisogna sfuggire con la rinuncia ascetica, e il concetto stesso di
Illuminazione, che trovai sfuggente e persino contraddittorio, pensai di dissociarmi
da questa dottrina e tornare ad una mentalità autonoma e indipendente. Ma la
meditazione mi aveva indubbiamente procurato vantaggi concreti, e per sua
natura rappresenta una disciplina neutrale, che un bel giorno venne adottata da
determinate tradizioni spirituali pur non essendo dipendente da nessuna di esse:
sentivo quindi di dover puntare alla sua vera natura.».
Niente
più religione o filosofia per Giacomo, che continua tuttora a beneficiare
enormemente dell’ energia della meditazione, convinto dai risultati:
«Come
ho già detto altre volte, io percepisco molto il valore della spiritualità,
piuttosto che quello della religione, perché implica il benessere dello spirito
che tutti abbiamo sulla base di metodi individuali. La religione è invece un
prodotto strettamente umano maturato in specifiche epoche storiche e contesti
culturali, basato su convinzioni, preghiere e rituali che ci vengono impressi
nella mente fin da bambini, quindi la sua efficacia è nettamente più ridotta.».
Una copia del Fukanzazengi; |
Inoltre,
il romanziere e articolista afferma che i benefici della meditazione sono stati
studiati per anni dai neuroscienziati di grandi università come quella di
Harvard e del Wisconsin, venendo ampiamente riconosciuti in sede scientifica: gli
studiosi hanno confermato che meditare ha effetti molto benefici sul corpo e
soprattutto sul cervello, perché stimola la produzione neuronale. A livello
psicologico, ci si accorge di vedere le stesse cose di sempre con occhi
diversi, provando emozioni insolite e vivendo più serenamente la quotidianità. Gli
esperti hanno concluso che chi si dedica alla meditazione da almeno due anni
possiede il dieci percento di equilibrio mentale in più rispetto a chi non si è
mai avvicinato a questa pratica:
«La
meditazione costante viene indicata da psicologi e psichiatri come un potente
antidepressivo, in quanto attenua stress, ansia e depressione. Posso confermarlo
per esperienza diretta, avendo sofferto di depressione io stesso. Ed è pure uno
stimolo ideale per chiunque fatichi a concentrarsi.».
La
pratica meditativa dona maggiore lucidità al cervello, quindi aiuta la memoria
e la concentrazione grazie alle tecniche di rilassamento che hanno effetti notevoli
anche sull’ empatia:
«I ricercatori dell’ Università di Boston affermano
che la meditazione favorisce l’ empatia tra le persone, quindi promuove i
migliori sentimenti e comportamenti riesumandoli dalle continue problematiche
quotidiane, dalla vita frenetica e, soprattutto, dalla trappola tortuosa delle
convenzioni sociali.».
Meditare
aiuta peraltro ad incrementare la produttività sul lavoro, perché la mente
impara a porre la massima attenzione al momento presente, e con la pratica si
può abituare il cervello a raggiungere la massima concentrazione in qualsiasi
momento, a partire dalle situazioni che la richiedono maggiormente, come l’
ambito lavorativo, a quelle più strettamente quotidiane e abituali, che si tendono
a dare per scontate. Nei momenti di meditazione profonda, infatti, le onde
cerebrali passano dalla tipologia beta, tipica dello stato di veglia, alla
tipologia theta e delta:
«Si
tratta di una prova della neuroplasticità del cervello, che è in grado di
modificare sé stesso in base agli stimoli provenienti dall’ esterno, dall’
ambiente e dal corpo.».
Le
risonanze magnetiche condotte ad Harvard su alcuni studenti che hanno
frequentato un corso di otto settimane di meditazione hanno evidenziato un
ispessimento della materia grigia, ossia l’ insieme di corpi dei neuroni
presenti nell’ encefalo e nel midollo spinale, nelle aree cerebrali associate
con la consapevolezza del proprio corpo e con la compassione per il prossimo.
Parallelamente si sono registrate una diminuzione del volume dell’ amigdala,
regione cerebrale associata allo stress e alla paura, e un aumento di materia
grigia nella corteccia prefrontale, responsabile di alcune funzioni cognitive
superiori come la concentrazione e la capacità decisionale. All’ Università del
Wisconsin è peraltro emerso che agisce da antinfiammatorio, in quanto un’
attività costante sopprime l’ attività di alcuni geni legati all’ origine dei
processi infiammatori, e agisce sul sistema nervoso simpatico promuovendo il rilascio
di sostanze antinfiammatorie e riducendo la produzione di sostanze che
stimolano i processi infiammatori. Riduce peraltro l’ ipertensione, rallenta il
processo di invecchiamento cellulare, può essere più riposante del sonno, aiuta
a sopportare meglio il dolore fisico.
«Peraltro,
rappresenta una potente alleata per le donne.» aggiunge Giacomo «La pratica
della meditazione e di altre discipline come il Taichi può attenuare i più
comuni sintomi della menopausa, come le vampe di caldo improvviso, i disturbi
dell’ umore e del sonno, i dolori ossei e muscolari: è quanto rivela uno studio
approfondito nel 2010.».
Alla
domanda di come lui stesso si senta da quando pratica la meditazione ogni
mattina al risveglio, momento indicato da tutte le principali tradizioni come
il più adatto, Giacomo sfodera un ampio sorriso:
«Mi
sento mentalmente più lucido ed emotivamente più sereno e ordinato rispetto a
prima. La mia mente riesce a recepire, analizzare e pensare con maggiore
chiarezza. Come ho detto prima, in passato ho avuto forti disturbi depressivi e
persino incontrollabili scoppi d’ ira, e ancora oggi ricordo molto bene come ci
si sente. Sebbene alle volte mi capiti tuttora di sentirmi turbato, riesco a
mantenere il controllo e a recuperare gradualmente la serenità. Questo è molto
importante. Come disse Albert Einstein, la mente è come un paracadute, e
funziona solo se è aperta.».
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