sabato 17 ottobre 2020

I conti che non tornano sul COVID-19


Il rapporto settimanale del Ministero della Salute e dell’ Istituto superiore di sanità evidenzia una situazione allarmante, con un’ esplosione di contagi da COVID-19 in Italia che ha raggiunto una criticità ormai riguardante anche la tenuta dei servizi sanitari. L’ epidemia è in una fase acuta e presto potrebbero riscontrarsi importanti criticità, ragion per cui si pensa a misure maggiormente restrittive. Giacomo Ramella Pralungo, autore di narrativa fantascientifica e articoli storici sulla stampa tradizionale e in rete, commenta: «Abbiamo un problema, eppure sono molti i conti che non tornano nel modo in cui è stato affrontato in tutti questi mesi. Non sono poche le persone che, me compreso, sospettano che tutto ciò costituisca una crisi pilotata per qualche fine poco limpido.».

Mettendo da parte i fogli degli appunti su di una nuova storia che sta buttando giù con una penna nera, Giacomo affronta il tema del COVID-19, di cui parla molto ponderatamente: «Il dibattito sul COVID-19 si è fondato su due tesi rigidamente opposte: da una parte vi è chi si appella allo stato di eccezione e alla necessità di ottemperare a qualsiasi disposizione del governo, e dall’ altra si schiera invece chi invoca l’ immunità di gregge o addirittura nega la gravità della pandemia. Io penso ad un’ alternativa, cioè accostarsi criticamente alla gestione di questa emergenza pur senza respingere o minimizzare i fatti drammatici ed epocali che stiamo vivendo in questo periodo. Lo reputo utile e adeguato sia al bisogno di agire rapidamente contro il contagio che a quello di custodire la democrazia e la sua funzione.». Prosegue dicendo che un’ emergenza non si risolve sospendendo la libertà e il governo collegiale, ma coltivandoli, cosa che nella Repubblica Popolare Cinese non si è fatta, in quanto entro i confini del gigante asiatico ha prevalso la ragion di Stato senza alcuna mezza misura. Eppure, l’ insindacabilità del potere governativo cinese non ha evitato i disastrosi errori che il mondo ricorda all’ alba della pandemia: «Quando la campagna di informazione riguardante il COVID-19 è cominciata con una certa forza, ho personalmente cercato di mantenere la calma, osservando gli eventi, approfondendo le questioni, verificando le notizie e continuando a farmi domande. Questo è ovviamente un fatto storico assai inusuale, e solo in futuro potremo sperare di comprenderlo appieno e formulare giudizi il più possibile corretti. Eppure, qualcosa che già intravedo all’ orizzonte mi inquieta, e non soltanto in tema sanitario.». Lo scrittore si dice assolutamente convinto che quella in corso sia una guerra vera e propria, combattuta con mezzi nuovi, più subdoli e raffinati di quelli passati, e che buona parte della politica internazionale ne abbia approfittato per qualche regolamento di conti: «Lungo tutta la storia del genere umano, ovviamente le epidemie sono sempre esistite, anche se con impatto variabile, come nel caso della peste del Trecento e del Seicento, del vaiolo e dell’ influenza spagnola. Prima ancora, durante l’ Impero romano, vi fu la peste antonina, all’ epoca di Marco Aurelio, che in realtà pare fosse vaiolo, ed ebbe un impatto devastante spopolando l’ Impero e causando un periodo di drammatica crisi, lasciando Roma senza i suoi soldati.». Venendo a oggi, spiega che la reazione dei governi di fronte al COVID-19 è stata nel solco dei protocolli di epoca medievale e dell’ inizio dell’ età moderna, con l’ individuazione e l’ isolamento dei focolai, l’ interruzione delle comunicazioni con il luogo circoscritto, la messa in quarantena dei soggetti nelle zone infette e l’ informazione della popolazione: «Naturalmente, all’ epoca non si sapeva ancora nulla di virus e batteri, ma lo schema adottato oggi è sempre quello di allora e la differenza sta nel tasso di letalità enormemente inferiore.». Tuttavia, oggi sono stati sigillati Paesi interi, finché mezzo mondo si è praticamente fermato. Si sono perduti posti di lavoro, con famiglie senza reddito che si sono trovate a gravare sulle spalle dello Stato, chiamato ad intervenire con ammortizzatori sociali come i sussidi o la cassa integrazione: «I crolli e i rimbalzi di questo effetto catastrofico hanno travolto le borse di tutto il mondo, con perdite percentuali seguite a poche ore di distanza da importanti impennate al rialzo degli indici, i cosiddetti rimbalzi. Non ha precedenti nella storia della finanza, è stato ancora più devastante del crollo di Wall Street nel 1929: allora gli indici impiegarono quarantadue giorni per perdere il venti percento mentre questa volta ne sono bastati sedici.». Per Giacomo vi sono troppe cose che non tornano, specialmente la mancanza di un parere unico sul piano scientifico benché oggi si viva nell’ era della scienza, della medicina e delle informazioni; la malattia si è diffusa particolarmente in fretta nel mondo ma ancora non vi è un’ ortodossia su di essa, con ogni virologo convinto di un parere in opposizione a quello degli altri: «La gente ha paura perché siamo di fronte a qualcosa rimasto sconosciuto, e alle prese con una serie di disposizioni che, in un modo o nell’ altro, influiscono grandemente sulla nostra vita quotidiana e sociale limitando le nostre consuete libertà generando un evento dalle conseguenze anche sul piano sociale e giuridico.». Circa il sospetto che questa crisi sia stata sfruttata, se addirittura non creata come in molti già hanno ipotizzato, Giacomo parla di una campagna di vero e proprio terrorismo mediatico dovuto all’ abbondanza di informazioni in contrasto tra loro: in tempo di crisi la gente rinuncia alla propria libertà in cambio della sicurezza. Continua poi sostenendo che tale pressione psicologica potrebbe rientrare in un vasto confronto tra nazioni concorrenti sparse tra Occidente e Oriente, Settentrione e Meridione, impegnati in una tenzone dagli importanti effetti geopolitici, tecnologici e ambientali temuti dagli esperti, quasi la metà dei quali infatti afferma che le restrizioni ai movimenti internazionali di beni e persone si faranno più dure. Si prevede infatti un crollo dal tredici al trentadue percento del commercio internazionale, e dal trenta al quaranta percento degli investimenti diretti esteri: «Circa un quinto degli analisti teme inoltre che la crisi umanitaria si inasprirà a causa della riduzione degli aiuti ai Paesi più poveri. Si parla poi di possibili attacchi informatici e furti di dati sensibili, a causa dell’ aumento del telelavoro. Curiosamente, la tecnologia che ha salvato il posto di lavoro a molti durante la passata quarantena, ora potrebbe rivoltarcisi contro: un quarto degli osservatori è preoccupato che il lavoro di numerosi dipendenti possa essere sostituito da processi sempre più automatizzati, con un conseguente aumento della disoccupazione.». In questa classifica di grandi rischi, non va scordata la crisi climatica. Il più grande timore degli esperti è che i governi, preoccupati dalla situazione economica globale e col prezzo del petrolio stabilmente basso, mettano da parte le politiche ambientali e smettano di investire in energie alternative: «Gli iniziali crolli nelle emissioni di alcuni inquinanti atmosferici a causa della quarantena, oggi sono per molti Paesi un lontano ricordo e la ripresa delle attività potrebbe avere un effetto molto negativo sulla nostra Terra, già provata da anni di emissioni inquinanti.». Mostrando alcune copie dei romanzi di James Bond firmati da Ian Fleming, a cui tiene molto, il romanziere e articolista storico si dice molto preoccupato al pensiero che tali storie di fantasia non siano molto lontane dal vero: «Mentre noi ammiravamo Sean Connery e Roger Moore per la loro abilità sul campo e con le belle donne, forse dietro le quinte già iniziavano manovre simili a quelle della SPECTRE…».

Molti tra i provvedimenti adottati sono stati discutibili, se non proprio irrazionali in quanto hanno richiesto ai cittadini adempimenti assurdi. In una chiesa, ad esempio, potevano entrare settanta persone nel rispetto delle distanze interpersonali di sicurezza, ma in occasione di un funerale non si doveva essere in più di sedici: «In un clima che oscillava tra la farsa e la tragedia, siamo andati verso un coprifuoco il cui unico precedente nella storia appartiene a poco prima della fine della Seconda Guerra Mondiale. Dalle 18.00 alle ore 06.00 siamo stati obbligati sull’ intero territorio nazionale ad usare protezioni delle vie respiratorie all’ aperto, negli spazi di pertinenza dei luoghi e locali aperti al pubblico nonché negli spazi pubblici ove è più agevole il formarsi di assembramenti, spontanei o occasionali. Perché hanno imposto un simile orario, se pensiamo che le epidemie non vanno a dormire? A me pare una scelta semplicemente politica, per nulla scientifica…». In seguito vi è poi stata una lunga e pesante quarantena, attuata in modo profondamente disfunzionale e con un impatto assai negativo sulla salute mentale della popolazione, tra cui non sono mancati episodi di panico e suicidio per disperazione, in un clima intimorito da un apparato sanzionatorio particolarmente duro, da una narrativa colpevolizzante, dal tono enfatico dei mezzi di comunicazione politicizzati. Il modo migliore per persuadere è quello di esercitare il potere in modo razionale e trasparente, poiché più saranno ragionevoli e chiare le disposizioni, tanto più avranno presa sulla coscienza collettiva e saranno così efficaci nel loro ultimo scopo, quello di risolvere la crisi sanitaria il più velocemente possibile: «Eppure, la formulazione di molte regole sarebbe stata burocraticamente comica, se non fossimo stati in una situazione in cui non c’ è proprio niente da ridere!». Peraltro, tra infettività e mortalità, i conti sulle vittime del COVID-19 non sono mai tornati: «Io non sono un virologo e neppure un negazionista. Il problema di questa pandemia è reale e va risolto, ma cerco di capire la situazione al meglio con i dati contraddittori che vengono trasmessi.». I numeri descrivono la situazione, peraltro ingannando: le statistiche non sono solo la fotografia della situazione, visti da una prospettiva o da un’ altra possono assumere significati opposti. Lo stesso numero può essere usato sia per allarmare che per tranquillizzare. I decessi crescono tra trenta e quarantacinque giorni, e poi decrescono tra i sessanta e i novanta in modo meno rapido. Questo è stato vero in Europa, in singoli Stati statunitensi e brasiliani, in Svezia e in tutte le nazioni del Sudamerica che hanno visto le maggiori diffusioni di casi e decessi finora. L’ incidenza dei decessi sulla popolazione, cioè i morti per milione di abitanti, arriva a un numero compreso tra cinquecento e ottocento, per poi fermarsi. Incidentalmente gli unici casi al mondo dove l’ incidenza dei decessi è significativamente superiore ad oggi sono la Lombardia, New York e gli Stati della costa orientale statunitense, e Madrid: tutti questi luoghi condividono un errore gravissimo ormai capito ed evitato, ossia il ricovero anche temporaneo di casi conclamati nelle residenze sanitarie assistite. In questo caso i decessi per milione di abitanti schizzano oltre i millecinquecento, e fino a duemila. Sarà un caso, ma in tutti i territori al mondo senza questo errore i decessi si fermano sotto i settecento per milione, e non salgono più: «Non mi permetterei di fare conclusioni, perché non sono uno scienziato, ma osservando i dati, visto che è sempre così e non lo si può contestare, vorrei che i virologi ne spiegassero il motivo.». Il rapporto tra tamponi, casi e decessi è un altro aspetto opaco. Ci sono alcuni Paesi al mondo molto piccoli o molto ricchi, come le isole Faer Oer, Lussemburgo, Islanda, Bahrein ed Emirato di Dubai, che hanno fatto tamponi a tutta la popolazione e anche più volte: la capacità di rilevare i casi se si tampona il cento percento della popolazione cresce o arriva molto vicina alla realtà. Se prendiamo per buono il rapporto tra decessi e casi rilevati in queste nazioni, l’ indice di mortalità da COVID-19 è tra lo 0.25 e lo 0.50 percento. La mortalità per influenza normale è intorno allo 0.10 percento cioè un terzo o un quinto rispetto al COVID-19 con distribuzione del tutto analoga per fascia di età, vale a dire fortemente concentrata su anziani e su comorbilità varie. In Italia, ad aprile, i dati dell’ Istituto superiore di sanità dicevano che il novantasei percento dei morti erano dovuti ad altre patologie, specie infarto e cancro. Non è vero che sono morte tante persone di COVID-19 in Italia: è stato un modo per terrorizzare la popolazione e imporre una dittatura del consenso, come ribadito da Vittorio Sgarbi nel suo celebre discorso in Parlamento. Nella stragrande maggioranza dei casi, questo virus è più esattamente una concausa di morte, il classico colpo di grazia a danno di persone già fortemente debilitate da altre malattie, e allora l’ attribuzione diventa più incerta. E qui probabilmente sta il principale motivo della diversità dei numeri, dati troppo discordanti per non far nascere domande e dubbi: «Siamo sicuri che si usi lo stesso metro per le diagnosi e per le cause di morte? Certamente anche le strategie di contrasto al virus possono avere il loro peso, ma le differenze sono talmente grosse che si fa fatica a pensare che sia solo questo. In ogni caso è clamoroso il dato italiano, quasi il doppio della mortalità rispetto alla Cina: in Italia la popolazione è più anziana, ma non basta certo a spiegare questa differenza! E la Germania è nelle stesse condizioni...».

Giacomo scuote la testa, estremamente dubbioso ma anche preoccupato, spiegando uno dei principi fondamentali dell’ attività di uno scrittore: «Quando un autore si occupa di una storia, questa deve essere coerente, verosimile, dettagliata e chiaramente descritta. Io stesso mi attengo a questo valore ogni volta che pubblico un libro di narrativa oppure un più semplice articolo. Ma tale vicenda mi pare tutto fuorché ben strutturata. Piuttosto, la trovo opaca e discontinua, una bomba dagli effetti inquietanti e destinati a fare infiniti danni su più di un fronte.». E ancora: «Come dicevo prima, mezzo mondo si è ritrovato in gabbia dalla mattina alla sera, con l’ economia e la finanza che frattanto colavano a picco come successe nel 1912 al Titanic dopo l’ impatto con il celebre blocco di ghiaccio vagante tra le gelide acque atlantiche. Ebbene, per dirlo semplicemente, io credo che questa sia una crisi abilmente sfruttata e destinata a proseguire oltre, tramutata in una guerra combattuta con mezzi nuovi. Una testata atomica non fa distinzioni, ma con un’ epidemia si possono avere alcune speranze di controllo in più. Dobbiamo cominciare a chiederci quale ruolo vi abbia avuto la reazione dei politici, e quali conseguenze vi saranno sulle sorti della democrazia. Che si volesse compiere una manipolazione psicologica a fini totalitari, arrivando a tenere meglio sotto controllo la vita di noi tutti, trasformandoci in una sudditanza ridotta all’ ortodossia?». Tra le cose relative al COVID-19 che non capisce, come puntualizza, vi è il termine «distanza sociale»: «Perché nessuno parla mai di ‘distanza di sicurezza’ o ‘sanitaria’? Quella prevista in Gran Bretagna dal protocollo reale è una vera e propria distanza sociale, in quanto non è permesso ad un cittadino qualunque di avvicinarsi troppo al sovrano, come forma di rispetto verso l’ istituzione regia che questi incarna. Perfino il principe Filippo l’ ha sempre osservata tenendosi pubblicamente un passo o due indietro ad Elisabetta. Non l’ ha mai neppure tenuta per mano o cinta affettuosamente con un braccio. Nel caso di questa malattia si dovrebbe parlare di altro, o forse la scelta del termine non è causale e tradisce il possibile e poco limpido movente alla base di questa crisi?».

In conclusione, lo scrittore rivolge un pensiero al paese di Sordevolo e alla Casa Ospitaliera Nostra Signora d’ Oropa ONLUS, la residenza sanitaria assistita ove per anni ha fatto volontariato: «Sono di Occhieppo Superiore, e frequento Sordevolo dal 2000, quando partecipai all’ edizione della Passione di Cristo, noto spettacolo di teatro popolare. Dal 2002 in poi sono stato volontario alla casa di risposo, dedicandomi all’ animazione e alla compagnia degli anziani, con cui ho stabilito un bel rapporto di amicizia personale. Ora, sia la struttura che il paesello hanno problemi con il COVID-19, essendo divenuti un focolaio nel Biellese. La mia casa è ad appena cinque chilometri da lassù, e a Sordevolo ho camminato, fatto amicizie e partecipato a manifestazioni, mentre alla residenza sanitaria assistita ho svolto un’ attività meravigliosa da cui molto ho ricavato sul piano umano. Mi auguro che il problema venga adeguatamente e velocemente debellato, per il bene di tutti.».

2 commenti:

  1. buonasera Giacomo, sono pervenuta anch'io alle sue stesse conclusioni. Mi complimento con lei per la chiarezza espositiva del testo-

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    1. La ringrazio moltissimo per l' attenzione che mi ha concesso e per l' apprezzamento, cara signora. E' un vero piacere ogni volta che raggiungo positivamente il pubblico, e riesco ad essere soddisfacente anche solo per una persona. Sono molto onorato.

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