venerdì 17 febbraio 2017

Le turpitudini della Mafia raccontate in «Il signore del crimine»


Giacomo Ramella Pralungo mostra «Il signore del crimine», edito su www.lulu.com in formato sia cartaceo che elettronico, un libro dalla copertina inquietante che illustra un uomo dal volto tetro, ben vestito e armato di pistola su di uno sfondo nero. Il titolo e il nome dell’ autore sono riportati in rosso: «Nero e rosso non sono una scelta casuale: rappresentano la morte e il sangue, elementi della vita quotidiana di ogni mafioso.».
L’ inventore di storie sostiene di aver puntato molto su questo nuovo romanzo, che ha rappresentato una vera sfida per lui.

Questo è il suo primo romanzo non di fantascienza. Che cosa l’ ha spinta a scriverlo?

«Provo un certo fascino per il genere malavitoso. Da bambino e da ragazzino non l’ ho mai considerato molto, ma leggendo i giornali o seguendo i telegiornali rimanevo colpito dall’ argomento, e guardando alcuni film e telefilm la presenza di personaggi legati a Cosa Nostra mi impressionava. Percepivo i mafiosi reali e immaginari come individui potenti e temibili, avvolti da un che di misterioso. Solo nel 2005, quando vidi per la prima volta ‘Il padrino’, tratto dall’ omonimo romanzo del 1969 e interpretato dal magnifico Marlon Brando, mi interessai veramente al genere e considerai l’ idea di occuparmene.».
Versione cartacea del libro;

Quali sono i concetti fondamentali di ‘Il signore del crimine’?

«Volevo essere il più veritiero possibile, senza inventare o alterare nulla. Intendevo divulgare l’ argomento con lo strumento narrativo, per quanto sapessi di non essere il primo a farlo. Eppure, trovo che la maggior parte delle opere di narrativa, come lo stesso ‘Il padrino’ di Mario Puzo, abbiano contribuito per esigenze narrative a tinteggiare un certo alone di leggenda e romanticismo intorno ai personaggi, rendendoli affascinanti fuorilegge alla Robin Hood. Intendevo quindi presentare una storia che mostrasse i mafiosi per quello che sono, ossia delinquenti e affaristi del crimine disposti a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi.».

Desidera parlarci della trama?

«Nel 1938, Carmelo Sferrazza è un giovane contadino di Castrofilippo, in provincia di Agrigento, legato alla cosca mafiosa locale. Viene scelto personalmente da don Peppe Sedita, il capomafia, per un delitto eccellente, al cui termine scappa a New York, dove entra a far parte del potente e paventato clan degli Zambito, in cui nel corso degli anni fa carriera diventandone addirittura il capo alla barbara uccisione di don Pietro Sivero. Come nuovo capo dovrà presto affrontare continui e spietati regolamenti di conti, riuscendo infine a sconfiggere un potente gruppo ostile. Poco tempo dopo, però, viene ricattato da un poliziotto corrotto, problema che risolverà drasticamente, e contattato da un alto membro della CIA, con cui stringe un oscuro patto di sangue.
Nel 2002, però, quando è ormai vecchio e stanco e tutto sembra ormai risolto e in pace, le forze dell’ ordine newyorkesi e alcuni vecchi nemici marciano contro di lui e la sua famiglia, chiedendogli il conto del suo ignobile passato. Inizia pertanto una tenace caccia all’ obiettivo: la polizia e il tribunale lo vogliono vivo, gli altri invece desiderano danzare sul suo cadavere.».

Nel definire le vicende di Carmelo Sferrazza ha ripreso molti episodi realmente avvenuti nella storia della Mafia.
Versione elettronica del libro;

«Oh sì. Nelle mie ricerche ho analizzato molto la storia di Cosa Nostra, partendo dalla Sicilia dell’ Ottocento e giungendo alla New York di fine Novecento. Pensavo che se avessi intrecciato le vicende di don Carmelo con quelle di mafiosi realmente esistiti e preso in prestito alcuni eccidi mafiosi realmente avvenuti avrei dato a ‘Il signore del crimine’ un alto livello di verosimiglianza e attinenza alla realtà. Nel libro pertanto appaiono i noti Bugsy Siegel e Meyer Lansky, e un agguato ispirato alla strage di Duisburg.
In generale, nei miei libri amo citare un fatto storico realmente accaduto o un personaggio esistito veramente, perché da un lato contribuisco alla loro conoscenza, e dall’ altro la cosa arricchisce positivamente la mia narrazione.».

In questo libro si affronta anche il sorprendente tema della religiosità dei mafiosi.

«Confesso che si tratta di uno dei tratti della loro personalità che più mi hanno incuriosito. I mafiosi vivono la religione per regolare sé stessi: sanno benissimo di violare ripetutamente il volere di Dio, ma sostengono di essere costretti a farlo dalle circostanze, e pregano continuamente per ottenere il suo perdono.
Nella loro devozione, che io trovo del tutto manipolata, si sentono come Gesù, che secondo la tradizione portò sulle proprie spalle le colpe di tutto il mondo. Ma il vero abominio sta nel fatto che ritengono la Madonna protettrice delle loro iniziative, perché come madre e donna infinitamente buona è la sola persona capace di indurre Gesù a capire le ragioni dei loro peccati e quindi a perdonarli...».

Si assiste anche alla descrizione di alcuni significativi momenti di vita familiare, soprattutto il rapporto di Carmelo Sferrazza con la moglie e i figli.

«E’ vero. Volevo che il lettore sviluppasse un certo interesse per il personaggio non solo come mafioso, ma anche come uomo, marito e padre. In ogni istante della sua vita questo molteplice impegno non viene mai meno: ama la moglie pur senza rinunciare alla propria autorità, educa i due figli maschi perché sviluppino carattere e maniere forti e insegna alle due figlie femmine ad essere ‘brave donne e mogli’. Pertanto, Sferrazza personifica tante cose nello stesso istante.».

In queste pagine, peraltro, si affronta il tema dei legami tra CIA e Cosa Nostra.

«E’ uno degli argomenti più intriganti e discussi che ho voluto inserire nella narrazione. Corre voce che negli Anni Sessanta la Central Intelligence Agency, l’ agenzia di spionaggio statunitense, volesse servirsi di alcuni esponenti mafiosi per eliminare Fidel Castro signore del comunismo il cui dominio si trovava ad appena cinquecentotrentasei chilometri da Miami. Cosa Nostra aveva a sua volta seri motivi per vendicarsi del ‘Condottiero Supremo’, che al termine della Rivoluzione cubana aveva sottratto Cuba ai vertiginosi investimenti statunitensi: Cosa Nostra possedeva infatti alberghi di lusso con casinò e giri d’ affari milionari che si sciolsero come neve al sole. Sembra peraltro che Sam Giancana e John Roselli fossero coinvolti a vario titolo, sempre in combutta con la CIA, nelle morti di John e Robert Kennedy, e in quella di Marilyn Monroe: entrambi vennero barbaramente assassinati in circostanze mai chiarite, forse dopo aver accettato di testimoniare in sede legale circa i loro rapporti con gli 007 di Langley.».

Lei crede che un giorno Cosa Nostra verrà sconfitta?

«Come sostenne il grande Giovanni Falcone, Cosa Nostra è un fenomeno umano, e come tale ha un inizio e un’ evoluzione, e un giorno avrà anche una fine. Non è neppure una malattia sorta per caso, ma un malessere sociale sviluppatosi in precise circostanze favorevoli. Pertanto, io sono nettamente convinto che un giorno cesserà di esistere, ma temo che non sia scontato che governi e istituzioni legali abbiano seriamente l’ intenzione di combatterla e tanto meno di sconfiggerla: Cosa Nostra dispone di numerose e ricche risorse, ed essa stessa rappresenta una risorsa estremamente utile a molti in varie circostanze. Peraltro, un giorno mi colpirono molto le parole di Pietro Grasso, ex magistrato e attuale Presidente del Senato, grande esperto di Cosa Nostra, che in un’ inchiesta della RAI affermò che essa rappresenta un notevole danno alla legittima economia nazionale, e il modo più adatto per danneggiarla è colpire i suoi mercati, i suoi profitti milionari, e farle perdere i ‘clienti’: dal momento che Cosa Nostra è un’ impresa, arrestare i mafiosi e condannarli al carcere a vita in isolamento totale è solo una modesta parte della soluzione al suo problema. In passato abbiamo assistito ad arresti eccellenti e confische milionarie, ma ho il sospetto che si trattassero soltanto di obiettivi mirati, di meri colpi strategici. Ma non voglio essere pessimista a priori, mi auguro che un giorno si manifesti un governo illuminato che assicuri la giustizia e migliori la nostra società, evitando la comparsa di gente come i mafiosi.».

Grazie.


«Grazie infinite a voi per la vostra attenzione, mi fa sempre molto piacere.».

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