Giacomo
Ramella Pralungo mostra «Il signore del crimine», edito su www.lulu.com in formato sia cartaceo che
elettronico, un libro dalla copertina inquietante che illustra un uomo dal
volto tetro, ben vestito e armato di pistola su di uno sfondo nero. Il titolo e
il nome dell’ autore sono riportati in rosso: «Nero e rosso non sono una scelta
casuale: rappresentano la morte e il sangue, elementi della vita quotidiana di ogni
mafioso.».
L’
inventore di storie sostiene di aver puntato molto su questo nuovo romanzo, che
ha rappresentato una vera sfida per lui.
Questo
è il suo primo romanzo non di fantascienza. Che cosa l’ ha spinta a scriverlo?
«Provo
un certo fascino per il genere malavitoso. Da bambino e da ragazzino non l’ ho
mai considerato molto, ma leggendo i giornali o seguendo i telegiornali rimanevo
colpito dall’ argomento, e guardando alcuni film e telefilm la presenza di
personaggi legati a Cosa Nostra mi impressionava. Percepivo i mafiosi reali e
immaginari come individui potenti e temibili, avvolti da un che di misterioso.
Solo nel 2005, quando vidi per la prima volta ‘Il padrino’, tratto dall’
omonimo romanzo del 1969 e interpretato dal magnifico Marlon Brando, mi
interessai veramente al genere e considerai l’ idea di occuparmene.».
Versione cartacea del libro; |
Quali
sono i concetti fondamentali di ‘Il signore del crimine’?
«Volevo
essere il più veritiero possibile, senza inventare o alterare nulla. Intendevo
divulgare l’ argomento con lo strumento narrativo, per quanto sapessi di non
essere il primo a farlo. Eppure, trovo che la maggior parte delle opere di
narrativa, come lo stesso ‘Il padrino’ di Mario Puzo, abbiano contribuito per
esigenze narrative a tinteggiare un certo alone di leggenda e romanticismo
intorno ai personaggi, rendendoli affascinanti fuorilegge alla Robin Hood.
Intendevo quindi presentare una storia che mostrasse i mafiosi per quello che
sono, ossia delinquenti e affaristi del crimine disposti a tutto pur di
raggiungere i propri obiettivi.».
Desidera
parlarci della trama?
«Nel
1938, Carmelo Sferrazza è un giovane contadino di Castrofilippo, in provincia
di Agrigento, legato alla cosca mafiosa locale. Viene scelto personalmente da
don Peppe Sedita, il capomafia, per un delitto eccellente, al cui termine
scappa a New York, dove entra a far parte del potente e paventato clan degli
Zambito, in cui nel corso degli anni fa carriera diventandone addirittura il
capo alla barbara uccisione di don Pietro Sivero. Come nuovo capo dovrà presto
affrontare continui e spietati regolamenti di conti, riuscendo infine a sconfiggere
un potente gruppo ostile. Poco tempo dopo, però, viene ricattato da un
poliziotto corrotto, problema che risolverà drasticamente, e contattato da un
alto membro della CIA, con cui stringe un oscuro patto di sangue.
Nel
2002, però, quando è ormai vecchio e stanco e tutto sembra ormai risolto e in
pace, le forze dell’ ordine newyorkesi e alcuni vecchi nemici marciano contro
di lui e la sua famiglia, chiedendogli il conto del suo ignobile passato.
Inizia pertanto una tenace caccia all’ obiettivo: la polizia e il tribunale lo
vogliono vivo, gli altri invece desiderano danzare sul suo cadavere.».
Nel
definire le vicende di Carmelo Sferrazza ha ripreso molti episodi realmente
avvenuti nella storia della Mafia.
Versione elettronica del libro; |
«Oh
sì. Nelle mie ricerche ho analizzato molto la storia di Cosa Nostra, partendo
dalla Sicilia dell’ Ottocento e giungendo alla New York di fine Novecento. Pensavo
che se avessi intrecciato le vicende di don Carmelo con quelle di mafiosi
realmente esistiti e preso in prestito alcuni eccidi mafiosi realmente avvenuti
avrei dato a ‘Il signore del crimine’ un alto livello di verosimiglianza e
attinenza alla realtà. Nel libro pertanto appaiono i noti Bugsy Siegel e Meyer
Lansky, e un agguato ispirato alla strage di Duisburg.
In
generale, nei miei libri amo citare un fatto storico realmente accaduto o un
personaggio esistito veramente, perché da un lato contribuisco alla loro
conoscenza, e dall’ altro la cosa arricchisce positivamente la mia narrazione.».
In
questo libro si affronta anche il sorprendente tema della religiosità dei
mafiosi.
«Confesso
che si tratta di uno dei tratti della loro personalità che più mi hanno
incuriosito. I mafiosi vivono la religione per regolare sé stessi: sanno
benissimo di violare ripetutamente il volere di Dio, ma sostengono di essere
costretti a farlo dalle circostanze, e pregano continuamente per ottenere il
suo perdono.
Nella
loro devozione, che io trovo del tutto manipolata, si sentono come Gesù, che secondo
la tradizione portò sulle proprie spalle le colpe di tutto il mondo. Ma il vero
abominio sta nel fatto che ritengono la Madonna protettrice delle loro iniziative,
perché come madre e donna infinitamente buona è la sola persona capace di indurre
Gesù a capire le ragioni dei loro peccati e quindi a perdonarli...».
Si
assiste anche alla descrizione di alcuni significativi momenti di vita
familiare, soprattutto il rapporto di Carmelo Sferrazza con la moglie e i
figli.
«E’
vero. Volevo che il lettore sviluppasse un certo interesse per il personaggio
non solo come mafioso, ma anche come uomo, marito e padre. In ogni istante
della sua vita questo molteplice impegno non viene mai meno: ama la moglie pur
senza rinunciare alla propria autorità, educa i due figli maschi perché
sviluppino carattere e maniere forti e insegna alle due figlie femmine ad
essere ‘brave donne e mogli’. Pertanto, Sferrazza personifica tante cose nello
stesso istante.».
In
queste pagine, peraltro, si affronta il tema dei legami tra CIA e Cosa Nostra.
«E’
uno degli argomenti più intriganti e discussi che ho voluto inserire nella
narrazione. Corre voce che negli Anni Sessanta la Central Intelligence Agency,
l’ agenzia di spionaggio statunitense, volesse servirsi di alcuni esponenti
mafiosi per eliminare Fidel Castro signore del comunismo il cui dominio si
trovava ad appena cinquecentotrentasei chilometri da Miami. Cosa Nostra aveva a
sua volta seri motivi per vendicarsi del ‘Condottiero Supremo’, che al termine
della Rivoluzione cubana aveva sottratto Cuba ai vertiginosi investimenti
statunitensi: Cosa Nostra possedeva infatti alberghi di lusso con casinò e giri
d’ affari milionari che si sciolsero come neve al sole. Sembra peraltro che Sam
Giancana e John Roselli fossero coinvolti a vario titolo, sempre in combutta
con la CIA, nelle morti di John e Robert Kennedy, e in quella di Marilyn Monroe:
entrambi vennero barbaramente assassinati in circostanze mai chiarite, forse
dopo aver accettato di testimoniare in sede legale circa i loro rapporti con
gli 007 di Langley.».
Lei
crede che un giorno Cosa Nostra verrà sconfitta?
«Come
sostenne il grande Giovanni Falcone, Cosa Nostra è un fenomeno umano, e come tale
ha un inizio e un’ evoluzione, e un giorno avrà anche una fine. Non è neppure
una malattia sorta per caso, ma un malessere sociale sviluppatosi in precise
circostanze favorevoli. Pertanto, io sono nettamente convinto che un giorno
cesserà di esistere, ma temo che non sia scontato che governi e istituzioni legali
abbiano seriamente l’ intenzione di combatterla e tanto meno di sconfiggerla:
Cosa Nostra dispone di numerose e ricche risorse, ed essa stessa rappresenta
una risorsa estremamente utile a molti in varie circostanze. Peraltro, un
giorno mi colpirono molto le parole di Pietro Grasso, ex magistrato e
attuale Presidente del Senato, grande esperto di Cosa Nostra, che in un’
inchiesta della RAI affermò che essa rappresenta un notevole danno alla
legittima economia nazionale, e il modo più adatto per danneggiarla è colpire i
suoi mercati, i suoi profitti milionari, e farle perdere i ‘clienti’: dal
momento che Cosa Nostra è un’ impresa, arrestare i mafiosi e condannarli al
carcere a vita in isolamento totale è solo una modesta parte della soluzione al
suo problema. In passato abbiamo assistito ad arresti eccellenti e confische
milionarie, ma ho il sospetto che si trattassero soltanto di obiettivi mirati,
di meri colpi strategici. Ma non voglio essere pessimista a priori, mi auguro
che un giorno si manifesti un governo illuminato che assicuri la giustizia e
migliori la nostra società, evitando la comparsa di gente come i mafiosi.».
Grazie.
«Grazie
infinite a voi per la vostra attenzione, mi fa sempre molto piacere.».
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