venerdì 5 luglio 2019

I dubbi di Giacomo sulla religione espressi in «Sotto il cielo della Porta divina»



Giacomo Ramella Pralungo tiene tra le mani una copia della Bibbia cristiana e una del Corano islamico, che sfoglia in determinati passaggi sostenendo apertamente che entrambi i libri sono zeppi di atrocità e incitano alla violenza: «Pronunciandosi in materia di tolleranza religiosa, il 20 dicembre 2015 papa Francesco sostenne che non vi è alcuna differenza fra Bibbia e Corano, e che per secoli il sangue è stato versato inutilmente a causa del desiderio di separare le rispettive fedi. Bibbia e Corano sarebbero pertanto due facce di una stessa medaglia, di una sola divinità: se il Santo Padre dice che nessuno può uccidere in nome di Dio e gli imam affermano che l’ Islam è la religione della pace e non della violenza, chi come me ha letto questi testi può tranquillamente replicare che Yahweh, Dio e Allah hanno raccomandato proprio l’ opposto, che il cosiddetto Verbo si è fatto sangue…».
L’ «inventore di storie», che nei giorni scorsi ha pubblicato in formato sia cartaceo che elettronico su www.lulu.com un nuovo libro di fantascienza, «Sotto il cielo della Porta divina», improntato sul tema della religione e del suo lato oscuro ed oppressivo, motivo per cui ne abbiamo approfittato per intervistarlo, afferma che per lui la religione non è mai stata compresa come si deve dalla maggioranza, soprattutto dai credenti, praticanti o no che siano: «Io stesso, da credente, avevo l’ abitudine di leggere i testi sacri della mia tradizione, il Cattolicesimo, senza però il necessario intendimento, ma da quando sono divenuto irreligioso mi sento rabbrividire ogni volta che penso alla notevole durezza espressa nei testi sacri, i quali altro non sono che documenti lasciati da determinati uomini in precise epoche e culture secondo la propria mentalità. ‘Sotto il cielo della Porta divina’ nasce proprio dalla mia personale esigenza di evidenziare il lato oscuro di questo importante fondamento della nostra civiltà.».

Dunque, in questo nuovo libro lei affronta il tema della religione e della teocrazia. Lei è notoriamente lontano dalla religione.

«Oh sì! Sono davvero molto lontano dalla religione e dai suoi valori fondamentali. Io dico sempre che la religione aveva un senso nei tempi più antichi, quando l’ umanità si interrogava sulle origini della vita ma ancora non disponeva della scienza per arrivare ad una risposta, quindi le varie civiltà elaborarono attraverso i secoli complessi pantheon di dei, spiriti, angeli e demoni. Era qualcosa di nobile e ammirevole, certamente adatto a quei tempi. Oggi, invece, viviamo nell’ era scientifica, e per quanto le varie discipline del sapere abbiano ancora i loro limiti siamo giunti a scoprire moltissime cose di grande importanza che una persona colta è tenuta assolutamente a sapere, dal Big Bang all’ evoluzionismo illustrato da Charles Darwin, dalle dinamiche delle nostre capacità fisiologiche di guarigione a quelle del regno della natura, e così via discorrendo. Non vi è nulla di divino o celestiale in tutto ciò. La religione ha quindi fatto il suo tempo, come una zattera nel momento in cui si è giunti sull’ altra sponda di un fiume, e com’ era ovvio che fosse ha perduto molto seguito di fronte alle conferme empiriche della scienza. Peraltro, laddove ancora sussiste viene vissuta in modo molto diverso da quanto avveniva al tempo dei nostri nonni e bisnonni: direi che buona parte dei credenti di oggi ha una visione assai meno rigida di un tempo, ed è più aperta a mettersi in discussione. Questo è senz’ altro un bene.».

A che cosa si è ispirato per lo sviluppo della trama di questo nuovo libro?
Il formato cartaceo del libro;

«Sono partito dal lato più oscuro della religione, ossia la fede, il settarismo e la teodipendenza. Per sua natura, la religione è un elemento antidemocratico, che non permette all’ individuo la coltivazione di un pensiero autonomo in quanto gli impone di attenersi ai dogmi previsti in modo tale da assicurare un’ ortodossia sempre uguale a sé stessa nei secoli. Dall’ adozione di determinate verità indiscutibili, che non possono e non devono mai essere messe in dubbio, neppure quando urtano con la nostra coscienza, nasce la fede, e da questa sboccia il settarismo, ossia l’ orgoglio di possedere l’ unica realtà ammissibile, quindi la teodipendenza, vale a dire la propensione ad affidarsi completamente ad un’ entità spirituale di varia natura e potenza da propiziare in cambio di favori, cessando in tal modo di essere padroni di sé stessi: le guide spirituali assumono quindi un potere assoluto di noi. Ho poi voluto trattare il tema della teocrazia, lo Stato religioso, nel quale i precetti spirituali fungono anche da leggi civili, quindi ogni trasgressione equivale ad un peccato da castigare con punizioni corporali o spirituali, se non addirittura entrambe, mentre l’ autorità viene ritenuta sacra e inviolabile, sancita dal diritto divino. Nella descrizione della teocrazia che presento in questa narrazione mi sono basato sull’ antico Regno di Israele, sullo Stato del Vaticano, sull’ Arabia Saudita e, in piccola parte, sul vecchio Tibet. Ho anche voluto introdurre alcuni elementi presi in prestito dalla cultura persiana, come i termini ārya e magioi nomi di persona, la figura degli ulema e il fenomeno degli eunuchi. Dal sumero ho invece adottato il nome Kadingirra, usato per indicare la città di Babilonia.».

Ha anche affermato di aver tenuto conto di vari punti espressi nella serie di «Il pianeta delle scimmie», soprattutto nel film del 1968 e in quello del 2001, rispettivamente con Charlton Heston e Mark Wahlberg, nei panni degli astronauti George Taylor e Leo Davidson.

«La serie cinematografica di ‘Il pianeta delle scimmie’ è una delle mie preferite in assoluto, e infatti il mio libro deve moltissimo ad essa. Quando nel 1999 vidi per la prima volta il film originario, con l’ ineguagliabile Charlton Heston, rimasi molto colpito dal fatto che una popolazione di scimmie intelligenti e parlanti venerassero un Dio che, a loro dire, le aveva create a sua immagine e somiglianza, fornendole di un’ anima, separandole dagli altri animali e rendendole signore del mondo. E’ proprio quello che dicono di noi Bibbia e Corano (risata)! Avevo quindici anni, e fu proprio allora che cominciai a chiedermi seriamente se il buon Dio avesse creato l’ umanità a propria immagine o se non fosse stata invece l’ umanità a crearsi un Dio in accordo con le proprie sembianze, in quanto è un dato di fatto che nella nostra arroganza non riusciamo mai ad immaginare nulla di più bello di noi stessi (risata)… E’ altrettanto vero che abbiamo sempre avuto la tendenza a modellare fenomeni culturali importanti come la religione per giustificare le nostre pretese di superiorità nei riguardi sia del mondo che delle altre forme di vita, oltre che per fomentare divisioni tra di noi: da quando esiste un unico vero Dio abbiamo sempre perseguitato e ucciso nel suo nome il nostro prossimo.».

Come è nata la sua esigenza di scrivere questa storia?

«Desideravo presentare una storia che cercasse di evidenziare il lato più rigido e severo della religione, oltre che quello più esule dalla logica e dall’ empirismo, affinché il lettore comprendesse quanto siamo paradossalmente influenzati da un fenomeno che in realtà abbiamo creato noi stessi spacciandolo per una realtà rivelata proveniente dal cielo. Il dibattito sulla religione è infatti molto antico, e dal Settecento in poi, grazie agli illuministi sia francesi che tedeschi, è entrato in una fase sempre più vasta e complessa, di pari passo con l’ evoluzione della nostra mentalità e società. Nemmeno la narrativa, riflesso della storia, è rimasta immune da questa discussione tutt’ altro che banale. Persino la fantascienza, che si occupa dell’ individuo e dell’ impatto delle scoperte sulla società e lo stesso singolo, se ne è molto occupata, come dimostrato dalla leggendaria serie di ‘Dune’ di Frank Herbert, che a sua volta molto mi appassiona fin da quando ero adolescente. Io mi sono dissociato dalla religione nel 2004, quando avevo vent’ anni, e dal giorno in cui ho iniziato a svolgere ricerche storiche in proposito sono rimasto molto colpito dalla sua evoluzione sul piano storico, dottrinario e culturale. Come ho detto prima, penso che la religione non sia compiutamente compresa da chi la segue, fatto logico perché ci viene praticamente imposta fin da neonati, quando cioè siamo ancora privi della possibilità di valutare e decidere per conto nostro, e quasi tutti coloro che sostengono di credere in realtà rispondono ad un riflesso condizionato dalle semplici convenzioni sociali, e non da una personale convinzione.».

Leggendo le centoquarantotto pagine di «Sotto il cielo della Porta divina» si deduce il suo profondo scetticismo in ambito religioso. Eppure, lei un tempo era credente.
Il formato digitale del libro;

«Sì, nel corso delle mie prime venti primavere sono stato credente come tutti, in tono con l’ educazione ricevuta nel mio contesto sociale e temporale. Ma nell’ estate 2004 vissi determinati avvenimenti tristi che, unitamente a quanto avevo già precedentemente affrontato, mi portarono ad intuire che Dio non esiste affatto, quindi viene impiegato soprattutto come strumento atto a giustificare ciò che tuttora non siamo capaci di spiegare, oltre che i molti e notevoli privilegi dell’ ordine sacerdotale, che spesso io definisco una vera e propria casta. Tuttavia, non credo di dire nulla di nuovo quando affermo che i testi religiosi furono scritti da uomini, e pertanto vennero influenzati dalla mentalità di un certo popolo in una data epoca. Per esempio, la Bibbia sarebbe certamente assai diversa da quella che noi tutti conosciamo se fosse stata scritta nel Trecento, piuttosto che nel Seicento o addirittura nel Novecento. A conferma di questo principio basta soltanto leggere l’ Antico e il Nuovo Testamento per cogliere le reciproche differenze, che non sono poche. Quindi l’ idea di un Dio onnipotente e benevolo che tace davanti alla sofferenza del mondo che lui ha creato, oltre al fatto di aver scelto di non lasciare alcun indizio utile a comprovare la propria esistenza, oggi è sempre più dibattuta e contestata. Una religione, se vera, dovrebbe rimanere invariata e dal pensiero unitario, e tutti avrebbero la spontanea propensione a seguirla. Invece, in questo mondo sono fiorite moltissime religioni che nel tempo sono mutate fino a suddividersi in infinite scuole di pensiero. Più in generale, io affermo che quanto sappiamo a proposito di Dio ci viene unicamente dai mistici e dai sacerdoti, le cui affermazioni non confermabili empiricamente sono ovviamente destinate a far presa su tutte quelle menti disposte a credere già in partenza.».

Nondimeno, lei riconosce che molta gente trae tuttora un certo beneficio e conforto dalla religione.

«Certamente, perché le persone sono molto diverse tra loro, quindi hanno differenti reazioni di fronte ad uno stesso fenomeno. Io stesso ho amici che mi hanno detto di sentire Dio e Gesù oppure una particolare persona santa molto vicini a loro, e di sentirsi rincuorati ogni volta che pregano e vanno in chiesa. Ho sentito sincerità nelle loro parole, quindi ho espresso la mia contentezza in proposito raccomandandomi affinché ascoltassero sempre la propria coscienza, senza mai pendere dalle labbra del sacerdote di turno o di una guida spirituale di qualsivoglia preparazione e provenienza. Negli stessi Vangeli, che io ho personalmente letto, si riferisce che lo stesso Gesù mise in guardia i propri discepoli dai falsi profeti, che avrebbero fatto di tutto per confonderli e allontanarli dalla retta via: insomma, che si segua una religione oppure no ognuno deve rimanere il maestro di sé stesso!».

In questo libro lei riprende il tema della distopia, molto comune nella fantascienza e singolarmente adatto nel fare riflessioni di carattere sociale.

«E’ vero. La distopia è una società indesiderabile sotto tutti gli aspetti possibili, contrariamente all’ utopia, la società perfetta. Nella fantascienza sia la distopia che l’ utopia sono molto sfruttate, e si possono ambientare nel futuro, su un altro mondo oppure in una realtà alternativa alla nostra. Nel caso di questo libro ho scelto di ambientare la mia distopia nel futuro di questo pianeta, e di fondarla su concetti quali bigottismo, teocrazia, dittatura, ristagno culturale e antiprogressismo. In buona sostanza, una distopia è un espediente narrativo estremamente utile perché si fonda su determinati concetti reali e presenti del nostro mondo, che non dovremmo affatto sottovalutare. Credo che la distopia abbia avuto e abbia tuttora molta importanza nella fantascienza perché continua ad aiutarci a cogliere il lato meno nobile del mondo che noi stessi abbiamo costruito, sia pur pensando che venga chissà come dal cielo (risata)!».

Inoltre, lei ha introdotto tra i personaggi del libro la leggendaria figura del professor Stephen Hawking, per cui ha talvolta affermato di provare molta stima.

«Oh sì! Il professor Hawking è stato un titano, una figura ineguagliabile per cui ho sempre provato grande apprezzamento e ammirazione. Fin dall’ inizio coltivo l’ abitudine di citare nei miei libri un fatto storico realmente accaduto oppure un personaggio realmente vissuto. Quando iniziai a lavorare alla trama di questo libro, pensavo ad un collegamento con l’ incidente di Berwyn Mountain, un fatto misterioso realmente avvenuto in Gran Bretagna, per la precisione in Galles, nel 1974, e da subito indicato come presunto incidente ufologico, simile ai precedenti fatti di Roswell, avvenuti nel 1947. Inoltre, desideravo citare la base segreta AL/499 e il Progetto Mannequin, su cui molto si dibatte da lungo tempo. Peraltro il professor Hawking era morto da poche settimane, e per un curioso caso del destino il fatto che fosse stato un astrofisico di fama mondiale ben lo faceva adattare alle esigenze della mia narrazione: lo adottai quindi come pioniere della teoria dell’ iperspazio e progettatore della prima forma di iperpropulsore della storia umana. Era un grande pioniere della scienza e della nostra conoscenza del cosmo, nonché una persona eccezionale che seppe sopravvivere per tanti decenni ad una penosa malattia che, secondo le previsioni, avrebbe dovuto farlo morire in pochissimo tempo. Per certi versi mi ricordava mia madre, anche lei molto malata e, secondo i medici, destinata a morire entro breve tempo: seppe superare ampiamente la speranza di vita, destando un certo stupore nei medici che la seguivano. Forse fu proprio il grave problema fisico che lo aveva colpito a spingerlo a stimolare al massimo il potere della sua mente. Purtroppo, individui geniali come lui si manifestano solo uno per volta!».

Possiamo domandarle di raccontarci qualcosa sulla trama?

«Con piacere. Nel 1974 ha luogo il misterioso incidente di Berwyn Mountain, a seguito del quale l’ MI6, la celebre agenzia di spionaggio britannica, rinviene un’ astronave e un cadavere alieni, che invia prontamente alla base segreta AL/499, nel Berkshire, con lo scopo di ricavare armi e tecnologie potenti atte a rafforzare la posizione strategica della Gran Bretagna nel mondo. Negli anni vengono sviluppati alcuni ibridi umano-alieni da mandare come coloni su altri mondi, una linea di organismi cibernetici da usare come supersoldati e speciali unità operaie e uno space shuttle in grado di viaggiare nell’ iperspazio, particolare tecnologia realizzata con la consulenza di Stephen Hawking, pioniere della teoria dell’ iperspazio. In seguito, nel 1989, il sergente James Charles Billington, appartenente alla RAF e distaccato al Progetto Mannequin, viene scelto come pilota per il viaggio inaugurale dello space shuttle, chiamato Ulysses, ma durante la procedura per il salto nell’ iperspazio ha luogo un’ avaria che lo manda nel futuro, nel 3529, ove scopre che il disastro in cui è rimasto coinvolto ha involontariamente provocato una serie di eventi che hanno portato all’ estinzione dell’ umanità e alla rivolta degli ibridi umano-alieni, che nei secoli si sono organizzati nel Regno di Kadingirra, una severa teocrazia retta da un sovrano assoluto assistito dal potente ordine sacerdotale dei magi. Ritenuto un demone dal terribile potere, l’ astronauta britannico viene esorcizzato e imprigionato dai magi, dai quali è presto destinato al rogo rituale, ma addentrandosi nella società del popolo ārya entra in contatto con i dissidenti, che ormai da anni chiedono più libertà venendo tuttavia perseguitati dalle autorità sia temporali che spirituali con l’ accusa di apostasia ed eresia. Una volta liberato, si vede coinvolto in una ribellione destinata a mutare per sempre il volto di Kadingirra e a scardinare le credenze tradizionali, sempre più viste come semplici miti e leggende con cui mascherare le vere origini di questo incredibile mondo di stampo medievale. Billington desidera tornare nel 1989 e mutare il corso degli eventi futuri, per cui approfitta dell’ aiuto dei dissidenti per tornare all’ Ulysses, incappando peraltro nei discendenti degli organismi cibernetici creati secoli prima all’ AL/499…».

La vicenda si ambienta in un lontano futuro, nel 3529, eppure colpisce la totale mancanza di tecnologia, e più in generale l’ avversione che il popolo ārya nutre istintivamente verso la scienza a causa di un particolare amore per la tradizione.

«E’ vero (risata), ma occorre tenere presente che questa è la caratteristica tipica delle società fondamentaliste e teocratiche, nelle quali l’ ideale religioso viene vissuto ed ingigantito ogni oltre ragionevole limite. Per certi versi mi sono ispirato all’ universo descritto dal grande Herbert in ‘Dune’, nella cui esalogia siamo di fronte ad una società feudale retta da una profonda religiosità sorta a seguito della ribellione umana contro le intelligenze artificiali che per secoli avevano avuto il predominio. Si tratta in effetti di un universo molto diverso dalla famosa Galassia lontana lontana descritta da George Lucas in ‘Guerre stellari’. Eppure, è qualcosa di suggestivo, che fa pensare. Ho ripreso questo tema perché si lega molto a quello della religione e noi tutti siamo al corrente dell’ antico e proverbiale contrasto tra fede e scienza, sacro e profano, tradizione e innovazione. E’ un tema universale, perché viene dalla nostra realtà, e penso che sia salutare rifletterci sopra adeguatamente perché non dovremmo mai dare nulla per scontato, vista l’ influenza profonda che ha nella nostra vita quotidiana. Noi italiani in particolare siamo toccati molto da vicino da una simile questione, in parte per ragioni storiche e in parte per motivi politici: in un angolo di Roma, la capitale del nostro Stato, abbiamo il Vaticano, città santa della cristianità e a sua volta Stato autonomo e indipendente con leggi proprie. I problemi nascono dal fatto che buona parte dei nostri politici è di fede cattolica, pertanto riconoscono nel papa e nella Chiesa la propria guida spirituale e morale. Il conflitto di interesse che ne nasce ci pone di fronte a molte divergenze a livello politico, sociale e religioso, oltre che in tema di tradizione e modernità. Tali controversie ci tengono evidentemente separati dagli Stati moderni, anche in contesto europeo. Io ovviamente penso che la vita sia sacra, pertanto l’ individuo dovrebbe avere un ruolo assolutamente centrale nell’ esistenza e nel mondo, inoltre mi sento legato tanto alla tradizione quanto alla modernità e allo sviluppo tecnico, scientifico e sociale, perché è bene che certi valori utili e benefici restino classici, per quanto sia bene adattare la loro applicazione alle necessità dei tempi in cui viviamo, perché il tempo ha l’ abitudine di scorrere senza sosta e di portarci costantemente i semi del cambiamento e dell’ evoluzione. In parole povere, credo nella via di mezzo tra tradizione e modernità, ad un loro connubio. Tutto ciò che la impedisce si presenta come un peso, una fonte di problemi inutili.».

La ringraziamo per questa bella intervista.

«Grazie a voi, è sempre un grande piacere.».

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