Giacomo
Ramella Pralungo tiene tra le mani una copia della Bibbia cristiana e una del Corano
islamico, che sfoglia in determinati passaggi sostenendo apertamente che entrambi
i libri sono zeppi di atrocità e incitano alla violenza: «Pronunciandosi
in materia di tolleranza religiosa, il 20 dicembre 2015 papa Francesco sostenne
che non vi è alcuna differenza fra Bibbia e Corano, e che per secoli il sangue
è stato versato inutilmente a causa del desiderio di separare le rispettive fedi.
Bibbia e Corano sarebbero pertanto due facce di una stessa medaglia, di una sola
divinità: se il Santo Padre dice che nessuno può uccidere in nome di Dio e gli
imam affermano che l’ Islam è la religione della pace e non della violenza, chi
come me ha letto questi testi può tranquillamente replicare che Yahweh, Dio e
Allah hanno raccomandato proprio l’ opposto, che il cosiddetto Verbo si è fatto
sangue…».
L’
«inventore di storie», che nei giorni scorsi ha pubblicato in formato sia
cartaceo che elettronico su www.lulu.com un nuovo libro di fantascienza, «Sotto il cielo della Porta divina», improntato sul tema
della religione e del suo lato oscuro ed oppressivo, motivo per cui ne abbiamo approfittato
per intervistarlo, afferma che per lui la religione non è mai stata compresa come
si deve dalla maggioranza, soprattutto dai credenti, praticanti o no che siano:
«Io stesso, da credente, avevo l’ abitudine di leggere i testi sacri della mia
tradizione, il Cattolicesimo, senza però il necessario intendimento, ma da
quando sono divenuto irreligioso mi sento rabbrividire ogni volta che penso
alla notevole durezza espressa nei testi sacri, i quali altro non sono che documenti
lasciati da determinati uomini in precise epoche e culture secondo la propria mentalità. ‘Sotto il cielo della Porta divina’ nasce proprio dalla mia
personale esigenza di evidenziare il lato oscuro di questo importante
fondamento della nostra civiltà.».
Dunque, in questo
nuovo libro lei affronta il tema della religione e della teocrazia. Lei è
notoriamente lontano dalla religione.
«Oh
sì! Sono davvero molto lontano dalla religione e dai suoi valori fondamentali.
Io dico sempre che la religione aveva un senso nei tempi più antichi, quando l’
umanità si interrogava sulle origini della vita ma ancora non disponeva della
scienza per arrivare ad una risposta, quindi le varie civiltà elaborarono attraverso
i secoli complessi pantheon di dei, spiriti, angeli e demoni. Era qualcosa di
nobile e ammirevole, certamente adatto a quei tempi. Oggi, invece, viviamo nell’
era scientifica, e per quanto le varie discipline del sapere abbiano ancora i loro
limiti siamo giunti a scoprire moltissime cose di grande importanza che una
persona colta è tenuta assolutamente a sapere, dal Big Bang all’ evoluzionismo illustrato
da Charles Darwin, dalle dinamiche delle nostre capacità fisiologiche di guarigione
a quelle del regno della natura, e così via discorrendo. Non vi è nulla di divino
o celestiale in tutto ciò. La religione ha quindi fatto il suo tempo, come una
zattera nel momento in cui si è giunti sull’ altra sponda di un fiume, e com’
era ovvio che fosse ha perduto molto seguito di fronte alle conferme empiriche
della scienza. Peraltro, laddove ancora sussiste viene vissuta in modo molto
diverso da quanto avveniva al tempo dei nostri nonni e bisnonni: direi che buona
parte dei credenti di oggi ha una visione assai meno rigida di un tempo, ed è più
aperta a mettersi in discussione. Questo è senz’ altro un bene.».
A che cosa si è ispirato
per lo sviluppo della trama di questo nuovo libro?
Il formato cartaceo del libro; |
«Sono
partito dal lato più oscuro della religione, ossia la fede, il settarismo e la
teodipendenza. Per sua natura, la religione è un elemento antidemocratico, che
non permette all’ individuo la coltivazione di un pensiero autonomo in quanto
gli impone di attenersi ai dogmi previsti in modo tale da assicurare un’
ortodossia sempre uguale a sé stessa nei secoli. Dall’ adozione di determinate verità
indiscutibili, che non possono e non devono mai essere messe in dubbio, neppure
quando urtano con la nostra coscienza, nasce la fede, e da questa sboccia il
settarismo, ossia l’ orgoglio di possedere l’ unica realtà ammissibile, quindi
la teodipendenza, vale a dire la propensione ad affidarsi completamente ad un’ entità
spirituale di varia natura e potenza da propiziare in cambio di favori,
cessando in tal modo di essere padroni di sé stessi: le guide spirituali
assumono quindi un potere assoluto di noi. Ho poi voluto trattare il tema della
teocrazia, lo Stato religioso, nel quale i precetti spirituali fungono anche da
leggi civili, quindi ogni trasgressione equivale ad un peccato da castigare con
punizioni corporali o spirituali, se non addirittura entrambe, mentre l’ autorità
viene ritenuta sacra e inviolabile, sancita dal diritto divino. Nella descrizione
della teocrazia che presento in questa narrazione mi sono basato sull’ antico Regno
di Israele, sullo Stato del Vaticano, sull’ Arabia Saudita e, in piccola parte, sul
vecchio Tibet. Ho anche voluto introdurre alcuni elementi presi in prestito dalla cultura
persiana, come i termini ārya e magio, i nomi di persona, la figura degli ulema e il fenomeno degli eunuchi. Dal sumero ho invece adottato il nome Kadingirra, usato per indicare la città di Babilonia.».
Ha anche affermato
di aver tenuto conto di vari punti espressi nella serie di «Il pianeta delle
scimmie», soprattutto nel film del 1968 e in quello del 2001, rispettivamente
con Charlton Heston e Mark Wahlberg, nei panni degli astronauti George Taylor e
Leo Davidson.
«La
serie cinematografica di ‘Il pianeta delle scimmie’ è una delle mie preferite
in assoluto, e infatti il mio libro deve moltissimo ad essa. Quando nel 1999
vidi per la prima volta il film originario, con l’ ineguagliabile Charlton
Heston, rimasi molto colpito dal fatto che una popolazione di scimmie
intelligenti e parlanti venerassero un Dio che, a loro dire, le aveva create a
sua immagine e somiglianza, fornendole di un’ anima, separandole dagli altri animali
e rendendole signore del mondo. E’ proprio quello che dicono di noi Bibbia e
Corano (risata)! Avevo quindici anni,
e fu proprio allora che cominciai a chiedermi seriamente se il buon Dio avesse
creato l’ umanità a propria immagine o se non fosse stata invece l’ umanità a
crearsi un Dio in accordo con le proprie sembianze, in quanto è un dato di
fatto che nella nostra arroganza non riusciamo mai ad immaginare nulla di più
bello di noi stessi (risata)… E’
altrettanto vero che abbiamo sempre avuto la tendenza a modellare fenomeni
culturali importanti come la religione per giustificare le nostre pretese di superiorità
nei riguardi sia del mondo che delle altre forme di vita, oltre che per
fomentare divisioni tra di noi: da quando esiste un unico vero Dio abbiamo
sempre perseguitato e ucciso nel suo nome il nostro prossimo.».
Come è nata la sua
esigenza di scrivere questa storia?
«Desideravo
presentare una storia che cercasse di evidenziare il lato più rigido e severo
della religione, oltre che quello più esule dalla logica e dall’ empirismo, affinché
il lettore comprendesse quanto siamo paradossalmente influenzati da un fenomeno
che in realtà abbiamo creato noi stessi spacciandolo per una realtà rivelata
proveniente dal cielo. Il dibattito sulla religione è infatti molto antico, e
dal Settecento in poi, grazie agli illuministi sia francesi che tedeschi, è
entrato in una fase sempre più vasta e complessa, di pari passo con l’
evoluzione della nostra mentalità e società. Nemmeno la narrativa, riflesso
della storia, è rimasta immune da questa discussione tutt’ altro che banale. Persino
la fantascienza, che si occupa dell’ individuo e dell’ impatto delle scoperte sulla
società e lo stesso singolo, se ne è molto occupata, come dimostrato dalla
leggendaria serie di ‘Dune’ di Frank Herbert, che a sua volta molto mi appassiona
fin da quando ero adolescente. Io mi sono dissociato dalla religione nel 2004,
quando avevo vent’ anni, e dal giorno in cui ho iniziato a svolgere ricerche
storiche in proposito sono rimasto molto colpito dalla sua evoluzione sul piano
storico, dottrinario e culturale. Come ho detto prima, penso che la religione
non sia compiutamente compresa da chi la segue, fatto logico perché ci viene
praticamente imposta fin da neonati, quando cioè siamo ancora privi della possibilità
di valutare e decidere per conto nostro, e quasi tutti coloro che sostengono di
credere in realtà rispondono ad un riflesso condizionato dalle semplici
convenzioni sociali, e non da una personale convinzione.».
Leggendo le
centoquarantotto pagine di «Sotto il cielo della Porta divina» si deduce il suo
profondo scetticismo in ambito religioso. Eppure, lei un tempo era credente.
Il formato digitale del libro; |
«Sì,
nel corso delle mie prime venti primavere sono stato credente come tutti, in
tono con l’ educazione ricevuta nel mio contesto sociale e temporale. Ma nell’
estate 2004 vissi determinati avvenimenti tristi che, unitamente a quanto avevo
già precedentemente affrontato, mi portarono ad intuire che Dio non esiste
affatto, quindi viene impiegato soprattutto come strumento atto a giustificare ciò
che tuttora non siamo capaci di spiegare, oltre che i molti e notevoli privilegi
dell’ ordine sacerdotale, che spesso io definisco una vera e propria casta.
Tuttavia, non credo di dire nulla di nuovo quando affermo che i testi religiosi
furono scritti da uomini, e pertanto vennero influenzati dalla mentalità di un
certo popolo in una data epoca. Per esempio, la Bibbia sarebbe certamente assai
diversa da quella che noi tutti conosciamo se fosse stata scritta nel Trecento,
piuttosto che nel Seicento o addirittura nel Novecento. A conferma di questo
principio basta soltanto leggere l’ Antico e il Nuovo Testamento per cogliere
le reciproche differenze, che non sono poche. Quindi l’ idea di un Dio
onnipotente e benevolo che tace davanti alla sofferenza del mondo che lui ha creato,
oltre al fatto di aver scelto di non lasciare alcun indizio utile a comprovare
la propria esistenza, oggi è sempre più dibattuta e contestata. Una religione,
se vera, dovrebbe rimanere invariata e dal pensiero unitario, e tutti avrebbero
la spontanea propensione a seguirla. Invece, in questo mondo sono fiorite moltissime
religioni che nel tempo sono mutate fino a suddividersi in infinite scuole di
pensiero. Più in generale, io affermo che quanto sappiamo a proposito di Dio ci
viene unicamente dai mistici e dai sacerdoti, le cui affermazioni non confermabili
empiricamente sono ovviamente destinate a far presa su tutte quelle menti disposte
a credere già in partenza.».
Nondimeno, lei riconosce
che molta gente trae tuttora un certo beneficio e conforto dalla religione.
«Certamente,
perché le persone sono molto diverse tra loro, quindi hanno differenti reazioni
di fronte ad uno stesso fenomeno. Io stesso ho amici che mi hanno detto di sentire
Dio e Gesù oppure una particolare persona santa molto vicini a loro, e di
sentirsi rincuorati ogni volta che pregano e vanno in chiesa. Ho sentito sincerità
nelle loro parole, quindi ho espresso la mia contentezza in proposito
raccomandandomi affinché ascoltassero sempre la propria coscienza, senza mai
pendere dalle labbra del sacerdote di turno o di una guida spirituale di qualsivoglia
preparazione e provenienza. Negli stessi Vangeli, che io ho personalmente
letto, si riferisce che lo stesso Gesù mise in guardia i propri discepoli dai falsi
profeti, che avrebbero fatto di tutto per confonderli e allontanarli dalla
retta via: insomma, che si segua una religione oppure no ognuno deve rimanere
il maestro di sé stesso!».
In questo libro lei
riprende il tema della distopia, molto comune nella fantascienza e singolarmente
adatto nel fare riflessioni di carattere sociale.
«E’
vero. La distopia è una società indesiderabile sotto tutti gli aspetti
possibili, contrariamente all’ utopia, la società perfetta. Nella fantascienza sia
la distopia che l’ utopia sono molto sfruttate, e si possono ambientare nel
futuro, su un altro mondo oppure in una realtà alternativa alla nostra. Nel caso
di questo libro ho scelto di ambientare la mia distopia nel futuro di questo
pianeta, e di fondarla su concetti quali bigottismo, teocrazia, dittatura,
ristagno culturale e antiprogressismo. In buona sostanza, una distopia è un espediente
narrativo estremamente utile perché si fonda su determinati concetti reali e
presenti del nostro mondo, che non dovremmo affatto sottovalutare. Credo che la
distopia abbia avuto e abbia tuttora molta importanza nella fantascienza perché
continua ad aiutarci a cogliere il lato meno nobile del mondo che noi stessi
abbiamo costruito, sia pur pensando che venga chissà come dal cielo (risata)!».
Inoltre, lei ha introdotto
tra i personaggi del libro la leggendaria figura del professor Stephen Hawking,
per cui ha talvolta affermato di provare molta stima.
«Oh
sì! Il professor Hawking è stato un titano, una figura ineguagliabile per cui
ho sempre provato grande apprezzamento e ammirazione. Fin dall’ inizio coltivo
l’ abitudine di citare nei miei libri un fatto storico realmente accaduto oppure
un personaggio realmente vissuto. Quando iniziai a lavorare alla trama di questo
libro, pensavo ad un collegamento con l’ incidente di Berwyn Mountain, un fatto
misterioso realmente avvenuto in Gran Bretagna, per la precisione in Galles, nel
1974, e da subito indicato come presunto incidente ufologico, simile ai precedenti
fatti di Roswell, avvenuti nel 1947. Inoltre, desideravo citare la base segreta
AL/499 e il Progetto Mannequin, su cui molto si dibatte da lungo tempo.
Peraltro il professor Hawking era morto da poche settimane, e per un curioso caso
del destino il fatto che fosse stato un astrofisico di fama mondiale ben lo
faceva adattare alle esigenze della mia narrazione: lo adottai quindi come pioniere
della teoria dell’ iperspazio e progettatore della prima forma di iperpropulsore
della storia umana. Era un grande pioniere della scienza e della nostra conoscenza
del cosmo, nonché una persona eccezionale che seppe sopravvivere per tanti
decenni ad una penosa malattia che, secondo le previsioni, avrebbe dovuto farlo
morire in pochissimo tempo. Per certi versi mi ricordava mia madre, anche lei
molto malata e, secondo i medici, destinata a morire entro breve tempo: seppe
superare ampiamente la speranza di vita, destando un certo stupore nei medici
che la seguivano. Forse fu proprio il grave problema fisico che lo aveva colpito
a spingerlo a stimolare al massimo il potere della sua mente. Purtroppo,
individui geniali come lui si manifestano solo uno per volta!».
Possiamo
domandarle di raccontarci qualcosa sulla trama?
«Con
piacere. Nel 1974 ha luogo il misterioso incidente di Berwyn Mountain, a
seguito del quale l’ MI6, la celebre agenzia di spionaggio britannica, rinviene
un’ astronave e un cadavere alieni, che invia prontamente alla base segreta AL/499, nel Berkshire, con lo scopo
di ricavare armi e tecnologie potenti atte a rafforzare la posizione strategica
della Gran Bretagna nel mondo. Negli anni vengono sviluppati alcuni ibridi
umano-alieni da mandare come coloni su altri mondi, una linea di organismi cibernetici
da usare come supersoldati e speciali unità operaie e uno space shuttle in
grado di viaggiare nell’ iperspazio, particolare tecnologia realizzata con la
consulenza di Stephen Hawking, pioniere della teoria dell’ iperspazio. In
seguito, nel 1989, il sergente James Charles Billington, appartenente alla RAF e
distaccato al Progetto Mannequin, viene scelto come pilota per il viaggio inaugurale
dello space shuttle, chiamato Ulysses, ma durante la procedura per il salto
nell’ iperspazio ha luogo un’ avaria che lo manda nel futuro, nel 3529, ove
scopre che il disastro in cui è rimasto coinvolto ha involontariamente
provocato una serie di eventi che hanno portato all’ estinzione dell’ umanità e
alla rivolta degli ibridi umano-alieni, che nei secoli si sono organizzati nel
Regno di Kadingirra, una severa teocrazia retta da un sovrano assoluto assistito
dal potente ordine sacerdotale dei magi. Ritenuto un demone dal terribile potere,
l’ astronauta britannico viene esorcizzato e imprigionato dai magi, dai quali è
presto destinato al rogo rituale, ma addentrandosi nella società del popolo ārya
entra in contatto con i dissidenti, che ormai da anni chiedono più libertà
venendo tuttavia perseguitati dalle autorità sia temporali che spirituali con l’
accusa di apostasia ed eresia. Una volta liberato, si vede coinvolto in una
ribellione destinata a mutare per sempre il volto di Kadingirra e a scardinare
le credenze tradizionali, sempre più viste come semplici miti e leggende con cui
mascherare le vere origini di questo incredibile mondo di stampo medievale.
Billington desidera tornare nel 1989 e mutare il corso degli eventi futuri, per
cui approfitta dell’ aiuto dei dissidenti per tornare all’ Ulysses, incappando
peraltro nei discendenti degli organismi cibernetici creati secoli prima all’ AL/499…».
La vicenda si
ambienta in un lontano futuro, nel 3529, eppure colpisce la totale mancanza di
tecnologia, e più in generale l’ avversione che il popolo ārya nutre
istintivamente verso la scienza a causa di un particolare amore per la
tradizione.
«E’
vero (risata), ma occorre tenere
presente che questa è la caratteristica tipica delle società fondamentaliste e teocratiche,
nelle quali l’ ideale religioso viene vissuto ed ingigantito ogni oltre
ragionevole limite. Per certi versi mi sono ispirato all’ universo descritto
dal grande Herbert in ‘Dune’, nella cui esalogia siamo di fronte ad una società
feudale retta da una profonda religiosità sorta a seguito della ribellione
umana contro le intelligenze artificiali che per secoli avevano avuto il
predominio. Si tratta in effetti di un universo molto diverso dalla famosa Galassia
lontana lontana descritta da George Lucas in ‘Guerre stellari’. Eppure, è
qualcosa di suggestivo, che fa pensare. Ho ripreso questo tema perché si lega
molto a quello della religione e noi tutti siamo al corrente dell’ antico e
proverbiale contrasto tra fede e scienza, sacro e profano, tradizione e
innovazione. E’ un tema universale, perché viene dalla nostra realtà, e penso
che sia salutare rifletterci sopra adeguatamente perché non dovremmo mai dare
nulla per scontato, vista l’ influenza profonda che ha nella nostra vita
quotidiana. Noi italiani in particolare siamo toccati molto da vicino da una simile
questione, in parte per ragioni storiche e in parte per motivi politici: in un
angolo di Roma, la capitale del nostro Stato, abbiamo il Vaticano, città santa
della cristianità e a sua volta Stato autonomo e indipendente con leggi proprie.
I problemi nascono dal fatto che buona parte dei nostri politici è di fede
cattolica, pertanto riconoscono nel papa e nella Chiesa la propria guida spirituale
e morale. Il conflitto di interesse che ne nasce ci pone di fronte a molte divergenze
a livello politico, sociale e religioso, oltre che in tema di tradizione e modernità.
Tali controversie ci tengono evidentemente separati dagli Stati moderni, anche in
contesto europeo. Io ovviamente penso che la vita sia sacra, pertanto l’
individuo dovrebbe avere un ruolo assolutamente centrale nell’ esistenza e nel
mondo, inoltre mi sento legato tanto alla tradizione quanto alla modernità e allo
sviluppo tecnico, scientifico e sociale, perché è bene che certi valori utili e
benefici restino classici, per quanto sia bene adattare la loro applicazione alle
necessità dei tempi in cui viviamo, perché il tempo ha l’ abitudine di scorrere
senza sosta e di portarci costantemente i semi del cambiamento e dell’
evoluzione. In parole povere, credo nella via di mezzo tra tradizione e modernità,
ad un loro connubio. Tutto ciò che la impedisce si presenta come un peso, una fonte
di problemi inutili.».
La ringraziamo per
questa bella intervista.
«Grazie
a voi, è sempre un grande piacere.».
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