All’
indomani del 2 giugno, Festa della Repubblica Italiana istituita per ricordare
l’ esito del referendum istituzionale del 1946 che chiamò gli italiani a votare
per la Monarchia o la Repubblica, Giacomo Ramella Pralungo, autore di narrativa
fantascientifica a sfondo sociale e di articoli storici e culturali, Nobile di
Firenze e Biella e convinto monarchico legato al ramo dei Duchi d’ Aosta di
Casa Savoia, questa mattina ha raggiunto la Basilica di Superga ove ha
partecipato alla Messa solenne in occasione del primo anniversario della
scomparsa di Sua Altezza Reale il Principe Amedeo di Savoia Aosta, V Duca d’ Aosta
e riconosciuto dalla Consulta dei senatori del Regno quale erede al Trono d’ Italia,
in occasione della quale ha avuto modo di incontrare personalmente la Famiglia
Reale e rendere omaggio al Reale estinto.
Questo
è il suo primo «evento reale». Che effetto le fa essere qui oggi?
«Sono
felice di esserci, è davvero un grande onore. Dove mi vuole il mio Re, lì devo
essere. E’ meraviglioso per me poter partecipare ad un evento così importante,
a cui ha presenziato addirittura la Famiglia Reale, che ho avuto il privilegio
di incontrare e salutare. Come storico, poi, devo aggiungere che in questo
celebre luogo mi pare davvero di vivere concretamente la nostra Storia, in ogni
senso. E’ un’ opportunità rara e preziosa, un vero dono che sento di aver
ricevuto dalla vita.».
Lei
avrebbe desiderato incontrare il Principe Amedeo quando era in vita, vero? Che
cosa gli avrebbe detto?
Il Duca Amedeo di Savoia Aosta; |
«Sì,
sì! Avrei tanto voluto incontrarLo di persona ma il destino ha purtroppo deciso
diversamente. Morì lo scorso anno per arresto cardiaco a settantasette anni. In
qualità di italiano, ancor prima che come monarchico, Gli avrei espresso il mio
apprezzamento e stima. Lo avrei ringraziato nonostante i pregiudizi attualmente
diffusi tra le attuali generazioni sul ruolo di un’ antica Monarchia in un
moderno Stato democratico e quello di una Casa che, indipendentemente dalla
retorica, nelle persone di Re Carlo Alberto prima e di Vittorio Emanuele II poi
fu la sola a scendere in campo mettendo a disposizione i propri ministri,
diplomatici e soldati trovandosi spesso sulla sua strada ostacoli rappresentati
dalle altre dinastie italiane che, per quanto rispettabili e di antico
lignaggio, erano ancora saldamente legate ad altri interessi ormai superati dal
tempo. Avendo studiato un po’ la storia di Casa Savoia e dell’ Italia
prerisorgimentale, ho capito quanto sia stato serio il Suo impegno, e come lo abbia
svolto per così tanti anni in modo sempre impeccabile, rispondendo a un
altissimo senso del dovere di cui è difficile, oggi, trovare altri esempi in
eguale misura.».
Lei
è monarchico da molti anni. Che cosa rappresenta per lei la Monarchia?
«Una
Monarchia è un sistema istituzionale dal forte potere simbolico. Un Re è una
figura priva di orientamento politico, ragion per cui quando parla si rivolge a
tutto il suo popolo. Anche la Famiglia Reale suscita molta attenzione e
rispetto: quando un Reale, sia esso il Re o un Principe, si reca in visita per
il Paese trova sempre una moltitudine di persone che desiderano vederlo. Nei
Paesi monarchici c’ è molto interesse da parte del popolo per la vita pubblica,
c’ è più senso di coesione come in famiglia. Reali e aristocratici incarnano i
valori fondamentali della società, sono chiamati a dare il buon esempio secondo
un forte spirito di servizio. In un’ epoca di decadenza, in cui le guide
politiche vanno e vengono e sono sempre meno capaci, tocca quasi esclusivamente
al Re il compito di preservare alto il prestigio della nazione. Al contrario
dei politici, che spesso cambiano missione a seconda degli umori dell’
elettorato, il Sovrano è costante nella sua missione e nella visione delle
cose, che deve saper adattare ai cambiamenti. Sa esattamente che cosa deve fare
e che cosa invece deve evitare di occuparsi. Nel discorso di Natale del 1957,
ad esempio, Elisabetta II del Regno Unito disse ai Suoi sudditi: ‘Non posso
guidarvi in battaglia. Non posso darvi leggi o amministrare la giustizia, ma
posso fare qualcosa di diverso. Posso dare il mio cuore e la mia devozione a
queste vecchie isole, e alla nostra fratellanza di nazioni.’.».
Quindi,
per lei la Monarchia supera la Repubblica perché più adatta a garantire l’
interesse generale.
La bandiera reale di Giacomo; |
«Certamente.
Grazie alla sua continuità, alla sua autonomia rispetto alle parti, alla sua
identificazione con lo Stato e le sue istituzioni fondanti, la Monarchia
ereditaria sottrae il vertice dello Stato al conflitto delle elezioni
ricorrenti e settarie. Il Re è preparato fin dalla giovinezza al suo ruolo di
custode dello Stato e della Costituzione, rivolto a tutti i Suoi sudditi,
mentre un Presidente della Repubblica viene scelto dal Parlamento per elezione,
e fin qui non ci vedo nulla di male, però arriva al vertice della Repubblica
dopo una lunga carriera in almeno un partito e una volta insediato deve rendere
qualcosa a chi lo ha sostenuto, quindi diventa una figura alquanto faziosa. Si
potrebbe mai chiamare un calciatore a metà partita e affidargli il ruolo di
arbitro? Pura follia… Alla Monarchia compete un ruolo di riflessione perché la
dinamica sociale, civile e istituzionale sia condotta entro limiti più pacati e
graduali. Indipendentemente dagli schieramenti e dalle ideologie. A questo io
aggiungo sempre il fatto che la Monarchia ha saputo garantire la democrazia più
a lungo dell’ attuale Repubblica: dalla concessione da parte di Re Carlo
Alberto dello Statuto Albertino nel 1848, che fu la prima costituzione scritta
apparsa tra i Regni italiani preunitari e la sola che non venne mai ritirata,
rimanendo in vigore per ben novantotto anni fino al 1946, vi fu un’
interruzione legata al solo ventennio fascista. Lo stesso Statuto Albertino
riconobbe agli ebrei pari diritti in confronto al resto della popolazione, e Re
Carlo Alberto ne nobilitò molti: una straordinaria novità storica!».
In
molti però accusano ancora oggi Re Vittorio Emanuele III e quindi la Monarchia
in generale di complicità con il Fascismo, tra la dittatura, le leggi razziali,
la guerra a fianco del Terzo Reich e la fuga da Roma.
Re Vittorio Emanuele III, penultimo sovrano italiano; |
«In
realtà, la Monarchia subì il Fascismo pur cercando di moderarlo e rappresentando
un deterrente assai significativo alla trasformazione di questa dittatura in un
totalitarismo. Sua Maestà Vittorio Emanuele III era di formazione liberale ed
estremamente rispettoso delle procedure formali. In quanto monarca
costituzionale era soggetto ai dettami dello Statuto Albertino, che aveva reso possibile
la trasformazione della Monarchia costituzionale italiana in un sistema
parlamentare similmente alla Corona britannica. Come Sovrano deteneva i tre
poteri ma li delegava a Governo, Parlamento e Magistratura, che li esercitavano
in Sua vece. L’ Italia uscì vittoriosa dalla Grande Guerra, ma abbattuta
economicamente e moralmente, pertanto visse un periodo di forti tensioni
sociali e politiche. Tra il 1918 e il 1922 si susseguirono ben cinque governi
di brevissima durata. Le responsabilità dell’ ascesa al potere del Fascismo furono
dovute all’ incapacità delle forze partitiche liberali, democratiche,
cattoliche e socialiste di assicurare una corretta governabilità alla nostra
nazione, di perseguire forme pacifiche di convivenza sociale. Il Fascismo non
fu la causa ma il sintomo della crisi dell’ assetto politico rappresentativo
nell’ emergenza delle prime formazioni di massa. Nel 1922, Mussolini ebbe alla
Camera dei deputati trecentosei voti a favore e centosedici contrari, mentre in
Senato contò centonovantasei voti favorevoli e diciannove voti contrari. I
deputati fascisti erano solo trentacinque. Il nuovo Governo era formato da
nazionalisti, liberali e popolari, ossia gli esponenti dei partiti democratici
del tempo. Troppo comodo dare tutta la colpa al Re, non trovate? I partiti
democratici dell’ epoca, tra popolari e liberali, votarono la fiducia al futuro
Duce. Si accusò il Sovrano di debolezza e immobilismo dinnanzi al delitto
Matteotti e all’ instaurazione della dittatura, ma per potersi muovere contro
il Suo Capo di Governo aveva bisogno di un atto di sfiducia e di incriminazione
da parte del Parlamento, che non vennero mai. Nel 1938 firmò le leggi razziali
promulgate dal Governo come previsto dalla procedura costituzionale, e poi
queste furono largamente votate dal Parlamento. Certamente, avrebbe potuto
rifiutarsi e salvarsi la coscienza con l’ abdicazione, ma il dittatore aveva
sufficientemente spazio politico e forza materiale per fondare, sia con una
certa forzatura, una Repubblica fascista con la quale avrebbe ufficializzato
comunque le leggi razziali, e magari con conseguenze anche peggiori di quanto
noi oggi ricordiamo. Solo il voto del Gran Consiglio del Fascismo del 1943
permisero di mandare il Duce in disarmo in favore del maresciallo Pietro
Badoglio. E l’ abbandono di Roma da parte del Re e del Presidente del Consiglio
dei Ministri all’ alba del 9 settembre 1943 alla volta di Brindisi non fu una fuga
ma un trasferimento entro il territorio nazionale in una città libera dal
controllo tedesco e non occupata dagli angloamericani, dove avvenne il pieno
riconoscimento internazionale e continuarono a rappresentare lo Stato legittimo.
Si narra peraltro che il Re non volesse neppure lasciare la capitale,
sentendosi ormai vecchio, stanco e superato dalla storia, ma accettò dietro l’
insistenza del Suo nuovo capo di governo. Quella di Mussolini fu invece una
fuga in piena regola, peraltro alla volta dell’ estero, che si concluse con la
sua cattura ed esecuzione da parte dei partigiani. Senza il contrappeso
monarchico, la via verso la degenerazione totalitaria del Fascismo sarebbe stata
più semplice.».
Lei
ha più volte ricordato che sua madre, Gabriella Rosada, era di simpatie
monarchiche.
Un giornale dell’ epoca dubita dei risultati del voto; |
«Esattamente,
lei parlava sempre favorevolmente e con passione della Monarchia, che riteneva
una parte molto importante della nostra tradizione. Ricordo ancora di quando
avevo tredici anni, correva l’ anno 1997, quando in televisione trasmisero un
servizio sul referendum del 1946 e la conseguente partenza per l’ esilio in
Portogallo di Sua Maestà Umberto II. Disse fumando una sigaretta: ‘In quei
giorni vinse il Re, ma Gli rubarono ben due milioni di voti!’. All’ epoca del
referendum aveva tre anni, e ricordava le discussioni che si erano tenute in
casa sua, anche nei periodi successivi. Poco tempo dopo alcuni giornalisti intervistarono
Sua Altezza Reale il Principe Vittorio Emanuele, figlio di Re Umberto,
chiedendoGli se sarebbe stato disposto a giurare fedeltà alla Repubblica per
poter rientrare in Italia. Lei mi disse che stavano cercando di tenderGli un
tranello, volevano metterlo in difficoltà tramite un tema spinoso e quindi
gettare discredito su Casa Savoia e la Monarchia: ‘La dittatura e la guerra non
furono colpa del Re o della Sua Famiglia, ma con la morte del Duce finirono con
il diventare il capro espiatorio di tutti i mali. E il Principe ha pagato per
colpe non Sue.’. Oggi, trovarmi qui mi fa un certo effetto perché ho avuto il
privilegio e l’ onore di incontrare personalmente i Reali in quella che
possiamo definire la Culla della Loro Casa, un’ opportunità che purtroppo lei
non ha mai avuto. Se fosse qui me lo direbbe senza mezzi termini: ‘Figlio,
guarda che ci sono monarchici che aspettano per tutta la vita questa
possibilità. Ora non ti resta che sperare in un veloce ritorno del Re al
Quirinale.’.».
La
sua presenza qui, oggi, conferma che sostiene il ramo dei Savoia Aosta.
I principi Amedeo e Aimone; |
«Oh
sì! Sono da sempre molto legato a questo particolare ramo di Casa Savoia, che
ebbe origine nel 1845 con il Principe Amedeo, terzogenito di Re Vittorio
Emanuele II. Credo che Sua Altezza il Duca Amedeo, con la Sua intelligenza e
cultura, la Sua cordialità e compostezza dei tempi perduti fosse il più consono
a portare la Corona. Peraltro, è stato sorprendente per me apprendere, come
ricordato il 9 giugno 1935 da Suo padre, Sua Altezza Reale il Duca Aimone,
durante la Sua visita a Biella, capoluogo della mia provincia, in occasione del
I Circuito Automobilistico, che il ramo degli Aosta è legato al Biellese ‘da
antichi vincoli di sangue’, come li definì, e che risalgono alla consorte del I
Duca di Aosta, Sua Altezza Reale la Principessa Maria Vittoria dal Pozzo della
Cisterna, appartenente ad un casato principesco che fiorì nel Quattrocento
proprio a Biella. Un mio amico mi ha peraltro informato che il compianto
Principe Amedeo era molto conosciuto a Santhià, nella vicina provincia di
Vercelli, in quanto detentore del castello di Vettignè, edificio medievale che
gli Aosta avevano acquisito in dote dal casato dei Dal Pozzo, e che Sua Altezza
Imperiale e Reale il Principe Martino d’ Austria-Este, cugino degli Aosta, oggi
vive tra Tronzano e Sartirana dove coltiva le risaie ereditate dalla comune
antenata: trovo assai piacevole sapere che la Casa Reale e i suoi parenti siano
in qualche modo legati alla mia terra. A tutto ciò si aggiunge anche la grande
attenzione che i Savoia hanno sempre avuto per il Santuario di Oropa, ai piedi
delle Alpi Biellesi e legato al culto della Madonna e che quindi hanno mirato
ad inserire nella più ampia religiosità piemontese, visitandolo spesso ed
destinandovi generose donazioni. Pur non essendo affatto un credente a me piace
molto recarmi visita ad Oropa ogni volta che posso: è un luogo semplice e
maestoso immerso tra enormi montagne, e mi fa piacere che costituisca un punto
di contatto con la Monarchia.».
Lei
ha avuto la possibilità di salutare il Principe Aimone. Come le è sembrato?
Giacomo e il Principe Aimone; |
«Credo
che sia una persona molto distinta e senza alcun desiderio di ostentazione.
ParlandoGli, ho percepito garbo e semplicità, e ho visto che ha volentieri
dedicato un po’ di tempo a tutti. Non cerca di intrattenere il pubblico, ma di
essere costante e dedito al dovere. Tenta di dare un esempio pacato, che
rifletta la vita della gente anziché delle alte caste. L’ ho visto comportarsi
come chi non ha bisogno di pubblicità e quindi sta al proprio posto svolgendo
la propria funzione senza badare al cambiamento delle mode e attirare l’
attenzione su di sé, il proprio abbigliamento o stile di vita. Altro che i
nostri attuali ministri e parlamentari, costantemente alle prese con interviste
televisive o radiofoniche, ben vestiti, truccati e pettinati, lasciando il
dubbio che si presentino ben poco in ufficio! In chiesa, peraltro, ha ricordato
Suo Padre in forma puramente personale e non politica, raccontando qualche
episodio di vita famigliare apparendo visibilmente commosso, finché ad un
tratto si è dovuto fermare guardando in alto: alta commozione! La Duchessa
Silvia, vedova di Sua Altezza Reale, a Sua volta si è interrotta due volte per
il pianto ricordandone l’ umanità, la gentilezza, l’ estroversione accompagnata
al tempo stesso da un tocco di riservatezza.».
Lei
crede davvero che un giorno la Monarchia tornerà in Italia?
Lo svolgimento della Messa di suffragio per Amedeo; |
«Sì,
lo credo fermamente. Tutto può succedere. A questo proposito occorre abrogare
l’ Articolo 139 della Costituzione della Repubblica, secondo cui la forma
repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione, contraddicendo
quanto affermato dall’ Articolo 1, secondo cui la sovranità appartiene al
popolo. Di fatto, a settantasei anni dai dubbi risultati di quel referendum
all’ indomani della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra civile italiana, ci
viene impedito in modo antidemocratico di esprimere il nostro parere. Oggi, a
ben pensare, la nostra Costituzione, formulata nel 1947 ed entrata in vigore l’
anno dopo, conserva disposizioni e articoli che oggi, in un mondo profondamente
cambiato da allora, andrebbero rivisti o addirittura revocati. Dopo tutto, è
già stata abrogata la XIII disposizione transitoria e finale che vietava agli
ex Re sabaudi, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi l’ ingresso e il
soggiorno nel territorio nazionale, nonché di ricoprire uffici pubblici e
cariche elettive, ragion per cui un giorno ritengo effettivamente possibile che
il Quirinale ritrovi la sua dignità di Reggia.».
E
il Principe Aimone sarebbe all’ altezza del ruolo di Re, secondo lei?
Il Principe Aimone ricorda Suo Padre; |
«Credo
proprio di sì. Ho avuto l’ idea di una persona ferma, abituata alla semplicità
e all’ assennatezza. La Sua sola presenza è rassicurante e suscita grande
rispetto. Pensa sempre bene, prima di parlare. Grandi qualità alla portata di
tutti noi ma che i nostri politici curiosamente non si prendono la briga di
coltivare, purtroppo. Pare tipico dei più grandi signori. Io vedo in Lui una
certa continuità con Suo Padre. Un Capo dello Stato come Sua Altezza Reale
darebbe facilmente un tocco di classe e dignità alla nostra carissima Italia. Chi
Lo conosce Lo descrive come un signore riservato, quindi poco conosciuto al
grande pubblico. In rete non è facile trovare informazioni dettagliate su di
lui. Ha ricevuto un’ educazione rigosa e leggera al tempo stesso, basata sul
dovere e la libertà. E’ molto ben educato e poliglotta, non troppo rigido in
quanto un principe deve essere a suo agio in una corte come Buckingham Palace
quanto in una trattoria di campagna. E’ un uomo discreto che non ha mai fatto
parlare di Sé con scandali o gesti di troppo. Dovere e riservatezza sono le Sue
parole d’ ordine.».
Per
un curioso gioco del destino, il Principe Amedeo morì un anno fa il 1° giugno,
esattamente un giorno prima della Festa della Repubblica Italiana. Lei come
vive il 2 giugno?
L’ ingresso della Basilica di Superga dopo la Messa; |
«In
quanto italiano guardo sempre con piacere in TV la sfilata militare. Ne subisco
il fascino e penso che oggigiorno sia tra le poche cose che attualmente
sappiano avvicinare e unire il nostro popolo, a causa della sua valenza
simbolica. Ovviamente, però, dato il mio orientamento monarchico non vivo
serenamente la ricorrenza appena trascorsa ma neppure con spirito di polemica.
Mi si permetta soltanto di ricordare che le unità militari coinvolte nei
festeggiamenti del 2 giugno furono costituite dagli stessi Savoia, quindi le
attuali generazioni di italiani tengano presente che tutto in Italia iniziò ben
prima del referendum del 1946. Il 2 giugno si dovrebbe ricordare un po’ di più
Sua Maestà.».
Ora
che ha finalmente visto la Basilica di Superga, come le pare questo posto?
La Basilica di Superga; |
«E’
un luogo meraviglioso che, monarchici o no, va visitato almeno una volta nella
propria vita. Qui si tocca con mano la storia sia subalpina che italiana, la si
vede ovunque e la si respira nell’ aria. Sono molto fortunato a vivere ad
appena cinquantotto chilometri da qui, e me ne rendo conto appieno solo ora che
sono reduce da quasi quindici anni nella lontana Africa occidentale. Sono
davvero un privilegiato!».
Lei
soffre il mal d’ Africa, a proposito?
«Direi
proprio di no, sono un italiano abbastanza atipico (risata)! Anche se devo confessare che avrei visitato ben più volentieri
quella settentrionale, come l’ Egitto o la Tunisia, e soprattutto le nostre ex
colonie, ossia Libia, Eritrea, Somalia e in particolare l’ Etiopia, terra unica
e ricchissima di tradizioni e una cultura millenaria.».
Grazie per il suo tempo, e buona giornata.
«Grazie
infinite.».
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