sabato 4 giugno 2022

Giacomo incontra Casa Savoia a Superga


All’ indomani del 2 giugno, Festa della Repubblica Italiana istituita per ricordare l’ esito del referendum istituzionale del 1946 che chiamò gli italiani a votare per la Monarchia o la Repubblica, Giacomo Ramella Pralungo, autore di narrativa fantascientifica a sfondo sociale e di articoli storici e culturali, Nobile di Firenze e Biella e convinto monarchico legato al ramo dei Duchi d’ Aosta di Casa Savoia, questa mattina ha raggiunto la Basilica di Superga ove ha partecipato alla Messa solenne in occasione del primo anniversario della scomparsa di Sua Altezza Reale il Principe Amedeo di Savoia Aosta, V Duca d’ Aosta e riconosciuto dalla Consulta dei senatori del Regno quale erede al Trono d’ Italia, in occasione della quale ha avuto modo di incontrare personalmente la Famiglia Reale e rendere omaggio al Reale estinto.


Questo è il suo primo «evento reale». Che effetto le fa essere qui oggi?


«Sono felice di esserci, è davvero un grande onore. Dove mi vuole il mio Re, lì devo essere. E’ meraviglioso per me poter partecipare ad un evento così importante, a cui ha presenziato addirittura la Famiglia Reale, che ho avuto il privilegio di incontrare e salutare. Come storico, poi, devo aggiungere che in questo celebre luogo mi pare davvero di vivere concretamente la nostra Storia, in ogni senso. E’ un’ opportunità rara e preziosa, un vero dono che sento di aver ricevuto dalla vita.».


Lei avrebbe desiderato incontrare il Principe Amedeo quando era in vita, vero? Che cosa gli avrebbe detto?

Il Duca Amedeo di Savoia Aosta;


«Sì, sì! Avrei tanto voluto incontrarLo di persona ma il destino ha purtroppo deciso diversamente. Morì lo scorso anno per arresto cardiaco a settantasette anni. In qualità di italiano, ancor prima che come monarchico, Gli avrei espresso il mio apprezzamento e stima. Lo avrei ringraziato nonostante i pregiudizi attualmente diffusi tra le attuali generazioni sul ruolo di un’ antica Monarchia in un moderno Stato democratico e quello di una Casa che, indipendentemente dalla retorica, nelle persone di Re Carlo Alberto prima e di Vittorio Emanuele II poi fu la sola a scendere in campo mettendo a disposizione i propri ministri, diplomatici e soldati trovandosi spesso sulla sua strada ostacoli rappresentati dalle altre dinastie italiane che, per quanto rispettabili e di antico lignaggio, erano ancora saldamente legate ad altri interessi ormai superati dal tempo. Avendo studiato un po’ la storia di Casa Savoia e dell’ Italia prerisorgimentale, ho capito quanto sia stato serio il Suo impegno, e come lo abbia svolto per così tanti anni in modo sempre impeccabile, rispondendo a un altissimo senso del dovere di cui è difficile, oggi, trovare altri esempi in eguale misura.».


Lei è monarchico da molti anni. Che cosa rappresenta per lei la Monarchia?


«Una Monarchia è un sistema istituzionale dal forte potere simbolico. Un Re è una figura priva di orientamento politico, ragion per cui quando parla si rivolge a tutto il suo popolo. Anche la Famiglia Reale suscita molta attenzione e rispetto: quando un Reale, sia esso il Re o un Principe, si reca in visita per il Paese trova sempre una moltitudine di persone che desiderano vederlo. Nei Paesi monarchici c’ è molto interesse da parte del popolo per la vita pubblica, c’ è più senso di coesione come in famiglia. Reali e aristocratici incarnano i valori fondamentali della società, sono chiamati a dare il buon esempio secondo un forte spirito di servizio. In un’ epoca di decadenza, in cui le guide politiche vanno e vengono e sono sempre meno capaci, tocca quasi esclusivamente al Re il compito di preservare alto il prestigio della nazione. Al contrario dei politici, che spesso cambiano missione a seconda degli umori dell’ elettorato, il Sovrano è costante nella sua missione e nella visione delle cose, che deve saper adattare ai cambiamenti. Sa esattamente che cosa deve fare e che cosa invece deve evitare di occuparsi. Nel discorso di Natale del 1957, ad esempio, Elisabetta II del Regno Unito disse ai Suoi sudditi: ‘Non posso guidarvi in battaglia. Non posso darvi leggi o amministrare la giustizia, ma posso fare qualcosa di diverso. Posso dare il mio cuore e la mia devozione a queste vecchie isole, e alla nostra fratellanza di nazioni.’.».


Quindi, per lei la Monarchia supera la Repubblica perché più adatta a garantire l’ interesse generale.

La bandiera reale di Giacomo;


«Certamente. Grazie alla sua continuità, alla sua autonomia rispetto alle parti, alla sua identificazione con lo Stato e le sue istituzioni fondanti, la Monarchia ereditaria sottrae il vertice dello Stato al conflitto delle elezioni ricorrenti e settarie. Il Re è preparato fin dalla giovinezza al suo ruolo di custode dello Stato e della Costituzione, rivolto a tutti i Suoi sudditi, mentre un Presidente della Repubblica viene scelto dal Parlamento per elezione, e fin qui non ci vedo nulla di male, però arriva al vertice della Repubblica dopo una lunga carriera in almeno un partito e una volta insediato deve rendere qualcosa a chi lo ha sostenuto, quindi diventa una figura alquanto faziosa. Si potrebbe mai chiamare un calciatore a metà partita e affidargli il ruolo di arbitro? Pura follia… Alla Monarchia compete un ruolo di riflessione perché la dinamica sociale, civile e istituzionale sia condotta entro limiti più pacati e graduali. Indipendentemente dagli schieramenti e dalle ideologie. A questo io aggiungo sempre il fatto che la Monarchia ha saputo garantire la democrazia più a lungo dell’ attuale Repubblica: dalla concessione da parte di Re Carlo Alberto dello Statuto Albertino nel 1848, che fu la prima costituzione scritta apparsa tra i Regni italiani preunitari e la sola che non venne mai ritirata, rimanendo in vigore per ben novantotto anni fino al 1946, vi fu un’ interruzione legata al solo ventennio fascista. Lo stesso Statuto Albertino riconobbe agli ebrei pari diritti in confronto al resto della popolazione, e Re Carlo Alberto ne nobilitò molti: una straordinaria novità storica!».


In molti però accusano ancora oggi Re Vittorio Emanuele III e quindi la Monarchia in generale di complicità con il Fascismo, tra la dittatura, le leggi razziali, la guerra a fianco del Terzo Reich e la fuga da Roma.

Re Vittorio Emanuele III, penultimo sovrano italiano;


«In realtà, la Monarchia subì il Fascismo pur cercando di moderarlo e rappresentando un deterrente assai significativo alla trasformazione di questa dittatura in un totalitarismo. Sua Maestà Vittorio Emanuele III era di formazione liberale ed estremamente rispettoso delle procedure formali. In quanto monarca costituzionale era soggetto ai dettami dello Statuto Albertino, che aveva reso possibile la trasformazione della Monarchia costituzionale italiana in un sistema parlamentare similmente alla Corona britannica. Come Sovrano deteneva i tre poteri ma li delegava a Governo, Parlamento e Magistratura, che li esercitavano in Sua vece. L’ Italia uscì vittoriosa dalla Grande Guerra, ma abbattuta economicamente e moralmente, pertanto visse un periodo di forti tensioni sociali e politiche. Tra il 1918 e il 1922 si susseguirono ben cinque governi di brevissima durata. Le responsabilità dell’ ascesa al potere del Fascismo furono dovute all’ incapacità delle forze partitiche liberali, democratiche, cattoliche e socialiste di assicurare una corretta governabilità alla nostra nazione, di perseguire forme pacifiche di convivenza sociale. Il Fascismo non fu la causa ma il sintomo della crisi dell’ assetto politico rappresentativo nell’ emergenza delle prime formazioni di massa. Nel 1922, Mussolini ebbe alla Camera dei deputati trecentosei voti a favore e centosedici contrari, mentre in Senato contò centonovantasei voti favorevoli e diciannove voti contrari. I deputati fascisti erano solo trentacinque. Il nuovo Governo era formato da nazionalisti, liberali e popolari, ossia gli esponenti dei partiti democratici del tempo. Troppo comodo dare tutta la colpa al Re, non trovate? I partiti democratici dell’ epoca, tra popolari e liberali, votarono la fiducia al futuro Duce. Si accusò il Sovrano di debolezza e immobilismo dinnanzi al delitto Matteotti e all’ instaurazione della dittatura, ma per potersi muovere contro il Suo Capo di Governo aveva bisogno di un atto di sfiducia e di incriminazione da parte del Parlamento, che non vennero mai. Nel 1938 firmò le leggi razziali promulgate dal Governo come previsto dalla procedura costituzionale, e poi queste furono largamente votate dal Parlamento. Certamente, avrebbe potuto rifiutarsi e salvarsi la coscienza con l’ abdicazione, ma il dittatore aveva sufficientemente spazio politico e forza materiale per fondare, sia con una certa forzatura, una Repubblica fascista con la quale avrebbe ufficializzato comunque le leggi razziali, e magari con conseguenze anche peggiori di quanto noi oggi ricordiamo. Solo il voto del Gran Consiglio del Fascismo del 1943 permisero di mandare il Duce in disarmo in favore del maresciallo Pietro Badoglio. E l’ abbandono di Roma da parte del Re e del Presidente del Consiglio dei Ministri all’ alba del 9 settembre 1943 alla volta di Brindisi non fu una fuga ma un trasferimento entro il territorio nazionale in una città libera dal controllo tedesco e non occupata dagli angloamericani, dove avvenne il pieno riconoscimento internazionale e continuarono a rappresentare lo Stato legittimo. Si narra peraltro che il Re non volesse neppure lasciare la capitale, sentendosi ormai vecchio, stanco e superato dalla storia, ma accettò dietro l’ insistenza del Suo nuovo capo di governo. Quella di Mussolini fu invece una fuga in piena regola, peraltro alla volta dell’ estero, che si concluse con la sua cattura ed esecuzione da parte dei partigiani. Senza il contrappeso monarchico, la via verso la degenerazione totalitaria del Fascismo sarebbe stata più semplice.».


Lei ha più volte ricordato che sua madre, Gabriella Rosada, era di simpatie monarchiche.

Un giornale dell’ epoca dubita dei risultati del voto;


«Esattamente, lei parlava sempre favorevolmente e con passione della Monarchia, che riteneva una parte molto importante della nostra tradizione. Ricordo ancora di quando avevo tredici anni, correva l’ anno 1997, quando in televisione trasmisero un servizio sul referendum del 1946 e la conseguente partenza per l’ esilio in Portogallo di Sua Maestà Umberto II. Disse fumando una sigaretta: ‘In quei giorni vinse il Re, ma Gli rubarono ben due milioni di voti!’. All’ epoca del referendum aveva tre anni, e ricordava le discussioni che si erano tenute in casa sua, anche nei periodi successivi. Poco tempo dopo alcuni giornalisti intervistarono Sua Altezza Reale il Principe Vittorio Emanuele, figlio di Re Umberto, chiedendoGli se sarebbe stato disposto a giurare fedeltà alla Repubblica per poter rientrare in Italia. Lei mi disse che stavano cercando di tenderGli un tranello, volevano metterlo in difficoltà tramite un tema spinoso e quindi gettare discredito su Casa Savoia e la Monarchia: ‘La dittatura e la guerra non furono colpa del Re o della Sua Famiglia, ma con la morte del Duce finirono con il diventare il capro espiatorio di tutti i mali. E il Principe ha pagato per colpe non Sue.’. Oggi, trovarmi qui mi fa un certo effetto perché ho avuto il privilegio e l’ onore di incontrare personalmente i Reali in quella che possiamo definire la Culla della Loro Casa, un’ opportunità che purtroppo lei non ha mai avuto. Se fosse qui me lo direbbe senza mezzi termini: ‘Figlio, guarda che ci sono monarchici che aspettano per tutta la vita questa possibilità. Ora non ti resta che sperare in un veloce ritorno del Re al Quirinale.’.».


La sua presenza qui, oggi, conferma che sostiene il ramo dei Savoia Aosta.

I principi Amedeo e Aimone;


«Oh sì! Sono da sempre molto legato a questo particolare ramo di Casa Savoia, che ebbe origine nel 1845 con il Principe Amedeo, terzogenito di Re Vittorio Emanuele II. Credo che Sua Altezza il Duca Amedeo, con la Sua intelligenza e cultura, la Sua cordialità e compostezza dei tempi perduti fosse il più consono a portare la Corona. Peraltro, è stato sorprendente per me apprendere, come ricordato il 9 giugno 1935 da Suo padre, Sua Altezza Reale il Duca Aimone, durante la Sua visita a Biella, capoluogo della mia provincia, in occasione del I Circuito Automobilistico, che il ramo degli Aosta è legato al Biellese ‘da antichi vincoli di sangue’, come li definì, e che risalgono alla consorte del I Duca di Aosta, Sua Altezza Reale la Principessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, appartenente ad un casato principesco che fiorì nel Quattrocento proprio a Biella. Un mio amico mi ha peraltro informato che il compianto Principe Amedeo era molto conosciuto a Santhià, nella vicina provincia di Vercelli, in quanto detentore del castello di Vettignè, edificio medievale che gli Aosta avevano acquisito in dote dal casato dei Dal Pozzo, e che Sua Altezza Imperiale e Reale il Principe Martino d’ Austria-Este, cugino degli Aosta, oggi vive tra Tronzano e Sartirana dove coltiva le risaie ereditate dalla comune antenata: trovo assai piacevole sapere che la Casa Reale e i suoi parenti siano in qualche modo legati alla mia terra. A tutto ciò si aggiunge anche la grande attenzione che i Savoia hanno sempre avuto per il Santuario di Oropa, ai piedi delle Alpi Biellesi e legato al culto della Madonna e che quindi hanno mirato ad inserire nella più ampia religiosità piemontese, visitandolo spesso ed destinandovi generose donazioni. Pur non essendo affatto un credente a me piace molto recarmi visita ad Oropa ogni volta che posso: è un luogo semplice e maestoso immerso tra enormi montagne, e mi fa piacere che costituisca un punto di contatto con la Monarchia.».


Lei ha avuto la possibilità di salutare il Principe Aimone. Come le è sembrato?

Giacomo e il Principe Aimone;


«Credo che sia una persona molto distinta e senza alcun desiderio di ostentazione. ParlandoGli, ho percepito garbo e semplicità, e ho visto che ha volentieri dedicato un po’ di tempo a tutti. Non cerca di intrattenere il pubblico, ma di essere costante e dedito al dovere. Tenta di dare un esempio pacato, che rifletta la vita della gente anziché delle alte caste. L’ ho visto comportarsi come chi non ha bisogno di pubblicità e quindi sta al proprio posto svolgendo la propria funzione senza badare al cambiamento delle mode e attirare l’ attenzione su di sé, il proprio abbigliamento o stile di vita. Altro che i nostri attuali ministri e parlamentari, costantemente alle prese con interviste televisive o radiofoniche, ben vestiti, truccati e pettinati, lasciando il dubbio che si presentino ben poco in ufficio! In chiesa, peraltro, ha ricordato Suo Padre in forma puramente personale e non politica, raccontando qualche episodio di vita famigliare apparendo visibilmente commosso, finché ad un tratto si è dovuto fermare guardando in alto: alta commozione! La Duchessa Silvia, vedova di Sua Altezza Reale, a Sua volta si è interrotta due volte per il pianto ricordandone l’ umanità, la gentilezza, l’ estroversione accompagnata al tempo stesso da un tocco di riservatezza.».


Lei crede davvero che un giorno la Monarchia tornerà in Italia?

Lo svolgimento della Messa di suffragio per Amedeo;


«Sì, lo credo fermamente. Tutto può succedere. A questo proposito occorre abrogare l’ Articolo 139 della Costituzione della Repubblica, secondo cui la forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione, contraddicendo quanto affermato dall’ Articolo 1, secondo cui la sovranità appartiene al popolo. Di fatto, a settantasei anni dai dubbi risultati di quel referendum all’ indomani della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra civile italiana, ci viene impedito in modo antidemocratico di esprimere il nostro parere. Oggi, a ben pensare, la nostra Costituzione, formulata nel 1947 ed entrata in vigore l’ anno dopo, conserva disposizioni e articoli che oggi, in un mondo profondamente cambiato da allora, andrebbero rivisti o addirittura revocati. Dopo tutto, è già stata abrogata la XIII disposizione transitoria e finale che vietava agli ex Re sabaudi, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi l’ ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale, nonché di ricoprire uffici pubblici e cariche elettive, ragion per cui un giorno ritengo effettivamente possibile che il Quirinale ritrovi la sua dignità di Reggia.».


E il Principe Aimone sarebbe all’ altezza del ruolo di Re, secondo lei?

Il Principe Aimone ricorda Suo Padre;


«Credo proprio di sì. Ho avuto l’ idea di una persona ferma, abituata alla semplicità e all’ assennatezza. La Sua sola presenza è rassicurante e suscita grande rispetto. Pensa sempre bene, prima di parlare. Grandi qualità alla portata di tutti noi ma che i nostri politici curiosamente non si prendono la briga di coltivare, purtroppo. Pare tipico dei più grandi signori. Io vedo in Lui una certa continuità con Suo Padre. Un Capo dello Stato come Sua Altezza Reale darebbe facilmente un tocco di classe e dignità alla nostra carissima Italia. Chi Lo conosce Lo descrive come un signore riservato, quindi poco conosciuto al grande pubblico. In rete non è facile trovare informazioni dettagliate su di lui. Ha ricevuto un’ educazione rigosa e leggera al tempo stesso, basata sul dovere e la libertà. E’ molto ben educato e poliglotta, non troppo rigido in quanto un principe deve essere a suo agio in una corte come Buckingham Palace quanto in una trattoria di campagna. E’ un uomo discreto che non ha mai fatto parlare di Sé con scandali o gesti di troppo. Dovere e riservatezza sono le Sue parole d’ ordine.».


Per un curioso gioco del destino, il Principe Amedeo morì un anno fa il 1° giugno, esattamente un giorno prima della Festa della Repubblica Italiana. Lei come vive il 2 giugno?

L’ ingresso della Basilica di Superga dopo la Messa;


«In quanto italiano guardo sempre con piacere in TV la sfilata militare. Ne subisco il fascino e penso che oggigiorno sia tra le poche cose che attualmente sappiano avvicinare e unire il nostro popolo, a causa della sua valenza simbolica. Ovviamente, però, dato il mio orientamento monarchico non vivo serenamente la ricorrenza appena trascorsa ma neppure con spirito di polemica. Mi si permetta soltanto di ricordare che le unità militari coinvolte nei festeggiamenti del 2 giugno furono costituite dagli stessi Savoia, quindi le attuali generazioni di italiani tengano presente che tutto in Italia iniziò ben prima del referendum del 1946. Il 2 giugno si dovrebbe ricordare un po’ di più Sua Maestà.».


Ora che ha finalmente visto la Basilica di Superga, come le pare questo posto?

La Basilica di Superga;


«E’ un luogo meraviglioso che, monarchici o no, va visitato almeno una volta nella propria vita. Qui si tocca con mano la storia sia subalpina che italiana, la si vede ovunque e la si respira nell’ aria. Sono molto fortunato a vivere ad appena cinquantotto chilometri da qui, e me ne rendo conto appieno solo ora che sono reduce da quasi quindici anni nella lontana Africa occidentale. Sono davvero un privilegiato!».


Lei soffre il mal d’ Africa, a proposito?


«Direi proprio di no, sono un italiano abbastanza atipico (risata)! Anche se devo confessare che avrei visitato ben più volentieri quella settentrionale, come l’ Egitto o la Tunisia, e soprattutto le nostre ex colonie, ossia Libia, Eritrea, Somalia e in particolare l’ Etiopia, terra unica e ricchissima di tradizioni e una cultura millenaria.».


Grazie per il suo tempo, e buona giornata.


«Grazie infinite.».

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