Giacomo Ramella
Pralungo, autore di romanzi di narrativa fantascientifica e articoli a sfondo
culturale, storico e scientifico, spiega il rapporto che lo unisce al grande
genere della fantascienza, una vera e propria affinità che risale all’
infanzia, se non addirittura oltre…
Seduto
dando le spalle al camino e sfogliando un volume, Giacomo inizia spiegando che
quando iniziò a sentire l’ esigenza di dedicarsi alla scrittura gli era chiaro
che si sarebbe occupato innanzitutto di romanzi di fantascienza: «E’ un genere
a cui mi sono avvicinato ad otto anni. Ero in aula, in terza elementare, quando
per caso lessi durante una pausa un breve racconto sull’ antologia usata per la
materia di italiano. Era una vicenda che aveva per protagonista un bambino che
viveva in una città del futuro. Nella mia mente immaginai questo bambino in un
ambiente del genere, proprio in un’ epoca in cui ancora si credeva che l’ ormai
vicino XXI secolo avrebbe visto avverarsi una simile scenografia: in quel
preciso momento mi sentì conquistato dalla fantascienza.».
Da
allora, questo genere divenne una costante nella sua vita. Iniziò a guardare i
primi film in televisione, da «Ritorno al futuro» a «Star Trek», per poi
passare attraverso grandi generi come «Dune» e «Guerre stellari». A quindici
anni lesse le opere di Herbert George Wells, a diciassette l’ esalogia di «Dune»
di Frank Herbert, e a ventiquattro la serie di «Jurassic Park» di Michael
Crichton: «Tra i romanzi e racconti di fantascienza si trovano alcuni tra i
migliori esempi di narrativa immaginaria eppure saldamente ancorata alla
realtà. Benché infatti le storie parlino di viaggi attraverso lo spazio e il
tempo, tra pianeti e Galassie estremamente lontani e passati e futuri
alternativi, utopici o addirittura distopici, la fantascienza non manca mai di
ispirare riflessioni sul genere umano, sulla società e sulla storia, inseparabili
da ciò che ci circonda nel mondo vero in cui noi tutti viviamo.». Si tratta di
un genere narrativo molto ampio che si è diffuso non solo tramite libri, ma
anche grazie a fumetti, cinema, serie televisive, radiodrammi, podcast, e molte
altre forme d’ arte. Non è facile definirne i confini, o un preciso punto di
inizio: «Il suo grande successo si rende evidente alla fine dell’ Ottocento, e
da allora continua ad appassionare i suoi estimatori e guadagnarne di nuovi. Ormai,
concetti complessi come vita extraterrestre, linee di tempo, intelligenze
artificiali, multiversi, linee temporali, gallerie gravitazionali e
teletrasporto sono scientificamente ammessi e così comuni ai lettori da non
richiedere più premesse e spiegazioni affinché la trama sia chiara, e gli autori
si muovono sempre più abilmente tra più generi, rendendo difficile tracciare
una linea netta tra romanzi di fantascienza e ucronie, distopie, utopie,
narrazioni postapocalittiche. Non mancano poi i casi in cui la fantascienza si
fonde al fantastico e all’ orrorifico, benché quest’ ultimo intreccio in
particolare non mi abbia mai entusiasmato...».
Il secondo romanzo di Giacomo; |
Il
giovane autore iniziò a scrivere intorno ai dodici anni, ma fu a partire dai
quindici che si interessò più a fondo a sviluppare idee e metodo: «Era proprio
il periodo in cui iniziai a leggere per passione, e il mio primo autore è stato
il professor Herbert George Wells, che insieme a Jules Verne fu il pioniere
della fantascienza. Il cuore fondamentale di questo genere narrativo mi parve
chiaro fin da subito: la critica sociale e politica, talvolta mossa da sottile
ironia, l’ anticipazione di possibili agitazioni sociali o conseguenze a
catastrofi tecnologiche o naturali, le riflessioni sulla natura della realtà,
del presente e della vita umana. Certo, la componente tecnica e scientifica,
legata alla valutazione dell’ impatto che una scoperta o tecnologia potrebbe
avere sulla società o un singolo, è molto forte, ma nella mia esperienza posso
dire che è molto sbagliato identificare la fantascienza come un genere legato prettamente
alla sfera scientifica e tecnologica del sapere, perché altrettanto importante
è la sua componente umanistica.». Dai ventun anni ha passato molto tempo a
buttare giù le idee che, anno dopo anno, avrebbero definito la sua direzione: «Dal
2015 a oggi ho pubblicato nove libri, sette dei quali di fantascienza. In essi
ho voluto approfondire tematiche a me molto care come i viaggi nel tempo, le
realtà alternative, le intelligenze artificiali, la vita aliena e l’
osservazione antropologica, le religioni ufolofiche e la religione nel mondo
moderno. Nei testi che ho in previsione intendo invece trattare temi
altrettanto notevoli come il ruolo dell’ interdipendenza in natura, con una
certa attenzione al ruolo delle specie parassitarie, la predestinazione, il
matriarcato, il significato dell’ essere umani e la perdita di umanità a
seguito di uno sviluppo materiale incontrollato, e la possibilità di una
civiltà intelligente apparsa sulla Terra prima di quella umana. Davvero molte
idee, una più intrigante dell’ altra!».
L’ ultimo romanzo; |
I
sette libri di fantascienza di Giacomo sono stati tutti «entusiasmanti e
impegnativi dalla progettazione al completamento». In essi non ha voluto
lasciare nulla al caso, «ponendo attenzione ai dettagli e alla scelta delle
singole parole»: «‘Cuore di droide’ e ‘Per i sentieri del tempo’ sono i primi
due testi in assoluto a cui ho lavorato, pur pubblicandoli in ordine inverso. In
essi ho affrontato temi tradizionali della fantascienza come le intelligenze
artificiali, i viaggi nel tempo, l’ ecologia e il disastro nucleare, e li ho
utilizzati come riflessione del significato dell’ umanità: essere umani è un
modo di essere e sentire, si basa sulla libertà di essere sé stessi, senza
imbrigliamenti, e tutto ciò che facciamo ha una precisa influenza sull’
ambiente che ci circonda e sul futuro. Lo sviluppo materiale deve essere
costantemente al nostro servizio, e risultare sempre utile anziché superfluo:
le macchine vanno bene purché mantengano una netta dipendenza nei nostri
riguardi, quindi nessuna intelligenza artificiale! A ‘Per i sentieri del tempo’
in particolare ho dato due seguiti, ‘Al confine della realtà’ e ‘Percorsi di
ascesa’, in cui rispettivamente tratto i temi del multiverso, un vero e proprio
insieme di universi alternativi in cui coesistono infinite versioni diverse
della storia, e del feudalesimo, un sistema oppressivo e macchinoso tenuto in
piedi da intrighi e inganni intricati e pericolosi nei quali il raggiungimento
di un sempre maggior potere è l’ apice dell’ ambizione, a danno del bene
comune. Nel terzo e ultimo testo in particolare tocco i temi del transumanesimo
postumanista, movimento culturale atto a liberare il genere umano da esperienze
sgradevoli quali la malattia, la vecchiaia e la morte per mezzo della scienza e
della tecnologia, non escludendo la trasformazione sia fisica che mentale delle
persone in esseri non umani, per esempio organismi cibernetici, e della
spiritualità, la continua ricerca atta a conoscere e approfondire l’ essenza
del proprio spirito per mezzo di una costante attenzione e pratica meditativa.
In ‘L’ angelo custode’ ho invece trattato il tema della morte e del ricordo
delle persone care, a noi umani molto caro e valutato da alcuni esploratori
alieni appartenenti ad una civiltà così antica ed avanzata per la quale si
tratta di un tema assodato da lungo tempo, e vissuto senza più turbamenti. La
conclusione che porto avanti in questa breve ma intensa narrazione è che quando
qualcuno di importante ci lascia abbiamo il compito di ricordarlo fino alla
fine dei nostri giorni. Tutti coloro che incontriamo, in quanto persone, sono
realtà uniche e irripetibili, con pregi e difetti, che ci lasciano qualcosa da
cui traiamo qualcosa di buono: genitori, nonni, amici e così via sono persone
preziose la cui presenza ci cambia e neppure la morte può annullarne l’
influenza su di noi. Ricordarli con la mente e con il cuore è davvero una bella
responsabilità!».
In
tutta quest’ intensa produzione, due libri in particolare lo hanno coinvolto
per impegno sia concettuale che emotivo: «Stiamo parlando di ‘Fantasma del
passato’ e ‘Sotto il cielo della Porta divina’. La prima storia si basa sul
celeberrimo e misterioso incidente di Roswell, avvenuto nel luglio 1947 e
presto finito al centro di un animato dibattito ufologico e complottistico per
il veloce e perentorio intervento da parte dei militari, che vi imposero un
rigoroso segreto. Ne venni a conoscenza nel 1994, a dieci anni. Quel fatto mi
colpì così tanto che per lungo tempo considerai l’ idea di trattarlo in ambito
narrativo. Sostanzialmente in queste pagine parlo del tema dell’ antropologia,
ossia lo studio di una cultura e dei limiti dell’ osservazione, che spesso
altera ciò che si studia e quindi costringe ad agire di nascosto, del primo
contatto con un genere alieno e anche delle religioni ufologiche, che dagli
Anni Cinquanta ad oggi hanno raggiunto un peso sociale e culturale notevole in
alternativa ai culti tradizionali con l’ aumento degli avvistamenti di UFO e di
dichiarazioni di incontri ravvicinati nei quali si parla degli alieni come di
figure spirituali elevate e venute a condividere con noi una nuova era
spirituale. In ‘Sotto il cielo della Porta divina’, attualmente il mio ultimo
romanzo, ho invece affrontato il tema della teocrazia e del lato dogmatico
della religione. Da anni ripeto che con la rivoluzione scientifica iniziata nel
Seicento la fede è entrata sempre più in crisi, in quanto i suoi dogmi dal Creazionismo
alle vicende dell’ antico popolo ebraico così come sono riferiti nella Bibbia
sono sempre più autorevolmente contestati dall’ analisi paleontologica e
archeologica, ragion per cui oggi ciò che noi definiamo religione è sopravvissuto
più che altro come tradizione, con un ordine sacerdotale che per secoli ha
acquisito la custodia di un sistema di potere che per ovvie ragioni non vuole
perdere.».
Insomma,
per Giacomo la fantascienza è un genere molto potente con cui toccare l’ essenza
dell’ umanità per mezzo di ciò che vive in un’ ambientazione quale lo spazio e
il tempo, e che inventa, come la tecnologia e le scoperte scientifiche: «E’ uno
dei generi più affascinanti e addirittura classici di sempre, perché i suoi
concetti fondamentali poggiano su argomenti concreti come la nostra centralità
e civiltà, e perché fin dall’ Ottocento ha costantemente saputo rimanere
attuale, con una certa facilità.».
Gabriella Rosada, madre di Giacomo; |
Ad
un certo punto, però, ammette che il legame con la fantascienza ha anche un che
di molto personale, di origine famigliare: «Quando ero ragazzino, mia madre,
classe 1943, mi raccontò di quando durante gli Anni Cinquanta lei e mio zio,
suo fratello maggiore di tre anni, andavano al cinema per vedere i primi film
di fantascienza, ovviamente di produzione statunitense. In quel tempo vennero
proiettate pellicole divenute classiche, e che io stesso a diciotto anni ho
avuto la preziosa opportunità di vedere e apprezzare. Entrambi erano rimasti
affascinati dall’ idea di viaggi nello spazio e nel tempo, alieni, futuri
lontanissimi, androidi, vestigia di antiche civiltà perdute e così via
discorrendo.». Sulle prime, come il resto del pubblico, i due giovani fratelli
uscivano dalla sala cinematografica convinti che quanto visto sullo schermo
fosse pura fantasia, destinato a rimanere tale: «In un film in particolare si
parlava di un viaggio sulla luna, tema peraltro già toccato da Verne in uno dei
suoi romanzi più noti. Tutti erano certissimi che fosse qualcosa di così
irrealizzabile da non prendere sul serio l’ idea. Più tardi, però, vi fu la
missione Apollo 11, che portò realmente i primi uomini sulla luna. In seguito
si parlò di Marte ed esplorazione oltre i confini del nostro sistema solare, e
mia madre non sottovalutò più il potere della narrativa fantascientifica.». Lei
stessa era un personaggio fuori del comune, quando una cosa la colpiva riusciva
a trasmettere la propria partecipazione. Era una persona molto singolare, che
non amava essere imbrigliata negli schemi e combinava in sé il fascino che
provava per la storia e le cose di una volta con la curiosità verso la
modernità: si direbbe che la fantascienza fece presa su di lei perché vi
riconosceva tutte queste cose. Mentre il suo interesse per la fantascienza
aumentava, Giacomo stesso ha sempre posto una certa attenzione alle idee che
negli anni si sono avverate dopo essere state anticipate dai romanzi e dai film:
«Verne, Wells e Crichton, con le loro storie, e Gene Roddenberry con Star Trek,
hanno anticipato indubbiamente molto di ciò che noi oggi diamo per scontato.
Direi peraltro che hanno varato una forma diversa di dibattito, forse addirittura
più coinvolgente ed entusiasmante di quello in forma abituale. La fantascienza
si rivolge direttamente all’ essere umano, al tempo stesso suo protagonista e
destinatario. Offre trame di interesse sia propriamente scientifico che
sociale, scriverle e leggerle rappresenta un eccellente e interessante
esercizio di riflessione. Ecco perché è fondamentale sapere di storia, scienza,
costume e società ed attualità. Si può anche trattare di religione, come nel
caso delle opere di ‘Dune’ di Frank Herbert, e io stesso l’ ho fatto con due testi.».
Ma per lo scrittore vi è dell’ altro:
«La
fantascienza è un genere che mi appassiona personalmente e che ho compreso alle
basi e nelle sue ramificazioni fondamentali, o non avrei potuto dedicarmici attivamente
in prima persona come autore. Al tempo stesso, è un modo per me di sentire
ancora la presenza di mia madre, e l’ influsso che ha avuto sulla mia
personalità e la mia preparazione culturale. Se quella lettura che feci a otto
anni sulla mia antologia alle elementari mi colpì intellettivamente, l’
esperienza che mia madre in seguito divise con me fu il compimento più
propriamente emotivo. Ecco perché dico sempre che la fantascienza è il mio
genere del cuore: da un lato perché il legame che mi ci lega ha un’ origine
vissuta nella mia casa, e dall’ altro perché è un genere che mi consente piena
libertà e profondità di trattare tematiche umane vaste e concrete con cui noi
tutti facciamo abitualmente i conti.».
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